sabato, ottobre 25, 2025

Delitto Mattarella, arrestato ex prefetto Piritore per depistaggio: fece sparire guanto del killer

Piritore accanto l'auto dei killer, il 6 gennaio 1980 

Piersanti Mattarella
di Salvo Palazzolo

Per la procura di Palermo avrebbe “affermato il falso e taciuto ciò che sapeva”. Ha detto di avere consegnato il reperto alla Scientifica perché lo desse all’allora pm Grasso. Che ha detto di non saperne nulla. Si continua a indagare sul killer, fra mafia ed eversione di destra

Quarantacinque anni dopo, è a una svolta l’indagine sull’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio 1980, era il fratello dell’attuale capo dello Stato. La procura di Palermo ha svelato il mistero della sparizione del guanto utilizzato da uno dei killer, dimenticato nell’auto della fuga. E, ora, accusa di depistaggio un ex funzionario della squadra mobile di Palermo poi diventato prefetto: questa mattina, Filippo Piritore, 75 anni, è finito agli arresti domiciliari, il provvedimento gli è stato notificato dagli investigatori della Dia. Secondo la ricostruzione del procuratore Maurizio de Lucia e dei sostituti Antonio Carchietti e Francesca Dessì, avrebbe «impedito, ostacolato e sviato» le ultime indagini, «affermando il falso o tacendo ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali veniva sentito».

All’epoca, scrisse in una relazione, e l’ha ribadito nei mesi scorsi, di avere affidato quel reperto così importante a un poliziotto della Scientifica, tale Di Natale, perché lo consegnasse all’allora sostituto procuratore Piero Grasso. Ma sia Di Natale che il magistrato hanno detto di non avere mai avuto fra le mani quel guanto. All’epoca, Di Natale era peraltro pure in malattia. Interrogato nuovamente, Piritore ha insistito, dicendo di avere dato successivamente il guanto a tale Lauricella della Scientifica, su disposizione di Grasso. Ma per la procura continua a mentire. Perché un Lauricella non ha mai lavorato al Gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo.




Il dottore Piritore il giorno del delitto Mattarella 


E i pm scrivono: «Filippo Piritore, immemore del giuramento di fedeltà prestato nei confronti della Repubblica italiana, dopo aver fattivamente contribuito alla dispersione di un reperto di importanza primaria per le indagini dell’assassinio di Piersanti Mattarella ha – ancora oggi – continuato a perseguire concretamente un progetto illecito di depistaggio, attraverso dichiarazioni nocive per gli accertamenti investigativi». Piritore è nato ad Agrigento, è entrato nell’amministrazione dell’Interno nel 1978, ha lavorato nelle questure di Ragusa, Palermo, ma anche Roma. E’ stato questore di Macerata nel 2003, poi di Caltanissetta. Nel 2010 è stato questore di Nenova. Nel 2011 è stato prefetto di Isernia.


Le intercettazioni

La procura ha disposto delle intercettazioni nell’auto dell’ex prefetto. Ed è emersa la sua grande preoccupazione per le audizioni: «E’ da quando ci hanno convocato a Palermo che sto male», diceva alla moglie in auto, nel settembre 2024. Agli atti è rimasta anche un’altra frase inquietante sulle prove del delitto Mattarella: «Se sono state occultate – diceva ancora Piritore - sono state occultate negli anni Novanta, quando si è scoperto il Dna». Lui insisteva: «Tutto quello che mangio mi fa acidità… è lo stress». La moglie lo rimproverava: «Dai, falla finita. Sei ridicolo… Non fanno un cazzo… dopo quarant’anni che cazzo devono fare». E ancora lo rassicurava: «Sei proprio un uccello del malaugurio su ogni cosa… sei insopportabile… Non possono fare nulla». E lui: «Speriamo». La moglie insisteva: «Che voglio dire, è una cosa senza motivo… sei testimone… manco fossi stato indagato. Basta. Ma poi all’età tua che cazzo ti fanno… quindi sei proprio esagerato».


Lo scenario

Sono parole davvero inquietanti quelle che emergono dalle intercettazioni, perché sullo scenario di questa storia la procura colloca l’allora capo della squadra mobile di Palermo Bruno Contrada, il superpoliziotto poi diventato numero tre dei servizi segreti: i magistrati ricordano che è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, anche se la sua sentenza è stata dichiarata inefficace dalla corte europea dei diritti dell’uomo: «Ma è una sentenza – precisa la procura – che ha inciso solo sotto il profilo strettamente giuridico e non anche sulla ricostruzione dei fatti che restano accertati in modo incontrovertibile». Piritore e Contrada «già da allora avevano un legame che ben travalicava il rapporto professionale», scrivono anche questo i magistrati. Nell’agenda di Contrada del 1980 è stata trovata un’annotazione, il 2 marzo: «Ore 18 dr. Piritore Battesimo». Dice la procura: «Contrada aveva partecipato al battesimo della figlia del funzionario». Il 29 dicembre 1980, Piritore venne poi promosso «per merito straordinario». Ma qualche indagine aveva condotto in maniera così importante?


L’accusa

Per la procura di Palermo, Piritore «non solo si prestò, all’epoca dell’omicidio, ad assumere comportamenti che portarono alla definitiva dispersione di un bene essenziale per l’individuazione degli autori del delitto, ma, perfino in epoca recente e a distanza di circa 40 anni dai fatti, ha proseguito imperterrito a sviare le indagini attraverso false dichiarazioni; e ciò travalicando, la mera esigenza di salvaguardare la propria posizione». Prosegue la procura: «In sostanza, Piritore ha dimostrato di essere portatore, dal 1980 e fino ad ora, di interessi chiaramente contrari all’accertamento della verità sull’omicidio del presidente Mattarella, interessi che prescindono dalla sua personale situazione ma riguardano un più ampio e imperscrutabile contesto che già nella immediatezza del delitto indusse perfino taluni appartenenti alle istituzioni a intervenire per deviare il naturale corso degli accertamenti». E questa non è solo una storia del passato. Secondo il procuratore de Lucia e i suoi sostituti, quegli interessi illeciti «possono tuttora ben perseguirsi nei medesimi ambienti delle forze di polizia nel cui ambito l’indagato gode ancora di rilevanti relazioni sì da continuare a interferire negativamente, come ampiamente già fatto, sullo svolgimento delle delicatissime investigazioni ancora in corso».


Il killer

La procura di Palermo continua nelle indagini sul sicario che sparò al presidente Piersanti Mattarella, l’esponente politico della Dc impegnato a riformare la Sicilia e la politica. Resta ancora senza nome il giovane di vent’anni, «dagli occhi di ghiaccio e l’andatura ballonzolante» - come lo descrisse la vedova Mattarella - che quel giorno dell’Epifania fece fuoco. Poi, salì su una Fiat 127 guidata da un complice, anche lui rimasto senza nome. Su quella vettura venne trovata all’epoca un’impronta. E, adesso, si sta tentando di estrarre il Dna da quel reperto, per metterlo a confronto con quello di due indagati, i boss Nino Madonia e Giuseppe Lucchese. Ma si continua a indagare anche sugli intrecci fra mafia ed eversione di destra, come fece l’allora giudice istruttore Giovanni Falcone, indagando sui killer neri Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, che poi vennero assolti in tutti e tre i gradi di giudizio.

La Repubblica, 24 OTTOBRE 2025

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