domenica, ottobre 31, 2010

La vergogna della strada Rubina-Bivio Catena

POL.CORLEONE 3 - POL.ALTOFONTE 1

POL. CORLEONE: Zabbia, Sparacino, Napoli, El Baad (43’ s.t. Cangialosi), Danilo Musicò, Alessandro Musicò, Governali (23’ s.t. Carmelo Sciarrino Junior), Carmelo Sciarrino sen., Trentacosti, Lipari, Bitetto (31’s.t.Mondello).
POL. ALTOFONTE: Campanella, Ivan Vaglica, Reina, Davide Vaglica, Fabio Gaglio, Lo Grande, Pietro Di Maio (1’s.t. La Barbera- 31’ s.t.D’Antoni), Barone (9’ s.t.Parisi), Galifi, Renzo Di Maio, Sanfilippo.
ARBITRO: signor Pizzuto di Palermo
RETI: 2’- 38’ (1.t). e 19’ s.t. Bitetto – 18’s.t. Galifi.
NOTE : 40’ s.t. espulsi Ivan Vaglica (Altofonte) e Mondello (Corleone).
CORLEONE -Va a nove punti in classifica il Corleone dopo la bella vittoria casalinga contro l’Altofonte. I giallo-rossi hanno dominato la gara dal primo all’ultimo minuto di giuoco. Tre le reti tutte messe a segno da Bitetto che si conferma bomber di razza. Sotto di un gol dopo soli due minuti, l’Altofonte ha disputato una partita tutta in salita difendendosi con ordine e giocando un secondo tempo sicuramente migliore della prima frazione di gioco, ma niente ha potuto contro i padroni casa che hanno disputato una gara eccellente. La rete del vantaggio al secondo minuto arrivava dopo un lungo rinvio di Zabbia che spioveva al limite sinistro dell’area avversaria; gran controllo di palla di Lipari che la girava per il colpo di testa vincente di Bitetto. La seconda marcatura corleonese al 38’ dopo una veloce triangolazione Lipari – Governali la palla arrivava a Bitetto che dal limite batteva Campanella. Nella ripresa l’Altofonte scendeva in campo più determinato; la rete del 2 a 1 la segnava Galifi al 18’ raccogliendo un lungo rinvio di Campanella. Ma le speranze degli ospiti tramontavano un minuto dopo. Al 19 era sempre Bitetto ad insaccare su cross di Sparacino la rete del 3 a 1. Nel finale al 40’ espulsi Mondello ed Ivan Vaglica per reciproche scorrettezze. Vistoso errore del direttore di gara che esplelle Ivan Vaglica numero 2 anziché Davide Vaglica il numero 4 che aveva colpito Mondello alle spalle durante una pausa di gioco era il 40’. Peccato perché la gara era stata giocata sino a quel punto con agonismo e senza cattiveria. Sono cose che capitano. La vittoria casalinga dà morale e punti alla squadra. Bella la gara di Bitetto ma anche di Sparacino che ha giocato con precisione in difesa rendendosi anche protagonista nelle puntate offensive.
Cosmo Di Carlo

sabato, ottobre 30, 2010

Padre Pio: "Giuliano scappò negli Usa"

Padre Pio
ROMA - Anche Padre Pio, prima di arrivare alla gloria degli altari, negli anni Sessanta, disse pubblicamente che Salvatore Giuliano era fuggito negli Usa e che al suo posto era stato ucciso "un poveretto". A scriverlo su "Italia Oggi" è Piero Laporta, esperto di strategia e intelligence, che riferisce una testimonianza diretta e le conferme dei biografi del Santo di Pietralcina. "La sera del 26 settembre 1968, conclusisi i funerali (Padre Pio era deceduto nella notte del 22 settembre), si formarono vari capannelli. Ciascuno rievocava gli episodi memorabili di cui era stato testimone. Mio padre ricordò il suo stupore quando, a metà degli Anni '60, durante un colloquio con più persone, giunto il discorso casualmente sul 'bandito Giuliano, Padre Pio aveva irriso la madre di Giuliano: 'una commediante', disse. Non bastandogli, il frate aggiunse che Giuliano era vivo e vegeto negli Usa e al suo posto 'avevano ucciso un poveretto'". Scrive ancora nella sua rubrica Laporta: Giovanni Siena, autore di numerosi libri su Padre Pio, l'ultimo dei quali edito da Rizzoli pochi mesi fa, 'Il mio amico padre Pio', fu in ancor più stretta dimestichezza col frate di quanto lo fosse mio padre. Siena mi confermò che più volte Padre Pio, in sua presenza, ripeté le medesime cose su Giuliano: non era suo il cadavere ed egli era negli Usa". Il giallo di Salvatore Giuliano potrebbe comunque avere i giorni contati, visto che la riesumazione della salma avvenuta nel cimitero di Montelepre ed il conseguente esame del Dna svelerà finalmente il dubbio, lasciando poco spazio ad altre interpretazioni.

In cella chiede perdono ai Borsellino


Paolo Borsellino

L'ex pentito Vincenzo Scarantino scrive una lettera dal carcere di Velletri: "Fui costretto a mentire sulla strage di via D'Amelio". La risposta della vedova del magistrato antimafia: "Ti fa onore, ma quali sono le persone che ti hanno zittito?" 

PALERMO - "Non ne sapevo nulla della strage in cui venne ucciso il giudice Borsellino, non avevo motivo di depistare le indagini. Ma hanno vinto "loro", le indagini sono state depistate, oggi sono un uomo solo, abbandonato da tutti e dalla famiglia". È uno dei passi della lettera inviata da Vincenzo Scarantino, l'ex collaboratore che si era autoaccusato di aver partecipato alla strage del '92 in via D'Amelio, dalla cella del carcere di Velletri, ai familiari di Paolo Borsellino, tra cui la moglie del giudice, Agnese. La lettera di Scarantino è contenuta nel libro "Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino", di Lorenzo Baldo e Giorgio Bongiovanni, ed è stata pubblicata da Repubblica. Vincenzo Scarantino, che sta scontando una pena definitiva a 18 anni, scrive ai familiari di Paolo Borsellino, di "essere stato oggetto e vittima di piani e strategie che non mi appartenevano. Questo già perché quando sono stato portato all'aeroporto militare di Boccadifalco ho subito evidenziato che io nulla sapevo della Fiat 126 imbottita di tritolo sia della strage". Scarantino scrive di essere stato sottoposto a sevizie psicologiche e a minacce, che gli inquirenti gli fecero credere di aver contratto l'Aids, e che lui non aveva motivo per depistare le indagini "fatto sta che hanno vinto loro, le indagini le hanno depistate". "Caro Vincenzo - gli ha risposto con una lettera Agnese Borsellino - ti fa onore che tu abbia avvertito il bisogno di chiedermi perdono, è un sentimento che accetto. Mi chiedo quali siano i motivi per i quali mi chiedi perdono, quale ribellione ha la tua coscienza, come sei stato coinvolto in questa immane tragedia? Dopo la strage di via D'Amelio quali sono le persone che ti hanno 'zittito' e 'minacciato'? Quali istituzioni avevano interesse a depistare le indagini? E secondo te perché?".
29/10/2010

venerdì, ottobre 29, 2010

La CGIL: "La nuova pianta organica dell'Asp di Palermo peggiorerà la qualità dell'assisteza ospedaliera e territoriale"

L'ospedale di Corleone
Nella conferenza stampa svolta stamattina a Palermo, nella sala delle feste dell'ex P.O. "Pisani", la CGIL ha manifestato il suo punto di vista sulla rideterminazione della dotazione organica dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, adottata con delibera n. 788 dello scorso 22 ottobre. "La CGIL - è stato ribadito dagli interventi di tutti i dirigenti - ritiene che il provvedimento produrrà il progressivo peggioramento dell'assistenza sanitaria, sia ospedaliera che territoriale, per i cittadini e delle condizioni di lavoro per tutti gli operatori". LEGGI TUTTO

giovedì, ottobre 28, 2010

Giuliano: di sicuro non c'è neanche che è morto!

Montelepre. Riesumata la salma del bandito Giuliano. "La struttura ossea è ben conservata", dicono i magistrati della Procura di Palermo

Il corpo di Giuliano (?) nel cortile Di Maria
MONTELEPRE (PALERMO) - Nel cimitero di Montelepre, stamattina preso d'assalto dai giornalisti e presidiato dalle forze dell'ordine, potrebbe essere riscritta l'ultima pagina della misteriosa storia del bandito Salvatore Giuliano. Un pool di medici legali, su incarico della Procura di Palermo che, dopo quasi 60 anni, ha riaperto l'inchiesta a carico di ignoti, per omicidio e sostituzione di cadavere, ha riesumato la salma. "La struttura ossea pare ben conservata" dicono alcuni investigatori. "È ancora presto - spiegano - per dire, però, se siano gli stessi fori evidenziati nelle foto del cadavere di Salvatore Giuliano". I resti sono stati deposti in una nuova bara per essere poi portati nell'istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo per l'esame del Dna. Dalle 8.30 alle 17.00 il camposanto sarà off limits al pubblico. L'esame svelerà l'identità, da molti messa in dubbio, dell'uomo sepolto e, forse, fatto passare per Giuliano. Potrebbe esserci una svolta, quindi, sul primo grande mistero della storia della Repubblica, l'uccisione dell'uomo che negli anni convulsi del dopoguerra fu protagonista della stagione controversa e sanguinosa del banditismo in Sicilia. Sollecitati dagli esposti degli storici Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino e dai dubbi del dottor Alberto Bellocco, il medico-legale che ha comparato le foto del cadavere del bandito, i pm di Palermo hanno deciso di vederci chiaro. Il sindaco di Montelepre, Giacomo Tinervia, si augura "che nella bara ci sia veramente Giuliano per evitare illazioni che screditano quello che ha fatto lo Stato". "Ringrazio comunque i magistrati che hanno avuto coraggio - aggiunge - e che vogliono riscrivere la storia. Qualunque sia, però, ricordiamoci sempre che qui è stato sconfitto il banditismo". Il sindaco ha polemicamente fatto notare che Montelepre "sconta" il fatto di essere il paese originario di Giuliano. "I turisti - conclude - vengono qui per lui e non per i nostri tesori artistici". Il corpo sepolto a Montelepre potrebbe essere quello di un uomo assai somigliante a Giuliano, un sosia, ucciso per permettere al bandito di fuggire dalla Sicilia. L'esame del Dna, dunque, darà le risposte attese per 60 anni. Risposte che non potrà più dare l'unico testimone che avrebbe potuto rivelare i retroscena dell'omicidio del bandito di Montelepre, l'avvocato Gregorio De Maria, proprietario della casa di Castelvetrano nel cui cortile venne trovato il cadavere. "L'avvocaticchio", come era soprannominato, è morto nel maggio scorso, a 98 anni, portando con sé nella tomba i segreti legati a un grande mistero della Repubblica.

mercoledì, ottobre 27, 2010

Corleone, dibattito sulla strada-trazzera Corleone-S. Cipirello- Partinico. Il presidente della Provincia e l'assessore alla viabilità disertano l'appuntamento

Ieri sera il consiglio comunale di Corleone ha discusso della strada-trazzera Corleone-S. Cipirello-Partinico, approvando all’unanimità un ordine del giorno, dove si esprime la preoccupazione che i 3 milioni dell’appalto per la messa in sicurezza molto probabilmente non saranno sufficienti. Assenti (ingiustificati) il presidente della Provincia Giovanni Avanti, l’assessore alla viabilità Gigi Tomasino e i consiglieri del Collegio di Corleone Mauro Di Vita (Pdl), Tommaso Calamia (Pd) e Luigi Vallone (Udc), tutti gli interventi hanno criticato la “passerella” che lunedì scorso hanno fatto a Corleone i vertici della Provincia. «Non si sono confrontati col consiglio comunale e con la giunta – hanno denunciato – hanno curato solamente le interviste con le televisioni». Con le prime piogge la SP 4 e la SP 2 sono tornate intransitabili, specie nel tratto Corleone-Ponte Aranci. «Aspettano che ci scappi il morto per intervenire velocemente?», hanno denunciato i consiglieri comunali. Nell’ordine del giorno conclusivo hanno chiesto che adesso i lavori comincino subito (per legge, entro 15 giorni dal 25 ottobre), che comincino da Corleone, che si concentrino prioritariamente sulle frane tra Corleone e Ponte Aranci. Hanno chiesto anche che si acceleri la progettazione della strada “veloce” Corleone-Mare, quella che – secondo Avanti – dovrebbe costare 300 milioni di euro. «Una cifra-bluff – hanno denunciato diversi interventi – che glia amministratori della Provincia non troveranno mai, che hanno buttato in pasto all’opinione pubblica per allentare le contestazioni nei loro confronti».

Spatuzza riconosce un uomo dei servizi: "Era vicino all'autobomba per Borsellino"

La strage di via D'Amelio
Il mafioso oggi collaboratore di giustizia indica il funzionario dell'Aisi Lorenzo Narracci: "Somiglia all'estraneo presente nel garage dove fu preparato l'attentato". Ma non c'è la certezza che si tratti della stessa persona. Salvatore Borsellino: "Siamo a un passo dalla verità"
PALERMO - C'era un uomo estraneo a Cosa Nostra nel garage in cui si preparava l'autobomba che avrebbe ucciso il giudice Paolo Borsellino in via D'Amelio. Un uomo che, secondo il pentito di mafia Gaspare Spatuzza, somiglia a Lorenzo Narracci, funzionario dei servizi segreti attualmente in servizio all'Aisi. Spatuzza lo ha indicato per due volte: prima in foto, poi, oggi, in un confronto all'americana presso la Dia di Caltanissetta. La procura raccomanda prudenza, sottolineando che il pentito non ha potuto dirsi certo "al cento per cento" che Narracci e l'estraneo che vide nel garage nel '92 siano la stessa persona. Ma Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, dichiara che "forse oggi siamo a un passo dalla verità".
Salvatore Borsellino: "Nessuno intralci i magistrati". "Da anni sostengo che mio fratello è stato ucciso perché si è messo di traverso alla trattativa tra la mafia e lo Stato. Forse siamo a un passo dalla verità". Così Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso nella strage di via D'Amelio. "Speriamo che nessuno intralci quei magistrati eccezionali che stanno stanno togliendo il velo per arrivare alla verità: Antonino Ingroia, Nino Di Matteo e Sergio Lari". Borsellino, in qualità di responsabile del movimento delle Agende Rosse, annuncia di aver organizzato per il 20 novembre una manifestazione in quattro città (Palermo, Roma, Firenze e Milano) "per sostenere proprio questi magistrati". "Ho grande paura che possa succedere qualcosa - avverte il fratello di Paolo Borsellino -. Il pericolo può arrivare da quelle stesse persone che hanno messo le bombe in via D'Amelio, e non mi riferisco ai mafiosi. Tutto è legato a quell'infame trattativa tra Stato e mafia".

Faraone (Pd): “Ecco la cricca che gestisce l’aeroporto di Palermo”

PALERMO, 27 OTT - “Se la Provincia di Palermo sui manager Gesap, come sottolinea il presidente Giovanni Avanti, risponde agli interessi generali di miglioramento dell’aeroporto Falcone-Borsellino, allora io sono un astronauta della Nasa”. Lo dice Davide Faraone, consigliere comunale del Pd. “Se Avanti ha qualche dubbio sulla ‘cricca’ - aggiunge - gli spiego meglio a cosa mi riferisco: Stefano Mangano, nominato dal Comune di Palermo nel Cda di Gesap, non era forse il segretario particolare di Diego Cammarata? E Mimmo Di Carlo non era per caso il segretario particolare di Saverio Romano? E poi, Dario Colombo non è l’ex presidente della società ‘Sicilia e Servizi’ noto per aver assunto senza concorso numerosi dirigenti-amici del Pid? E per finire, Sebastiano Bavetta, che ricopre la carica di presidente della Gesap, non è forse lo stesso assessore al Bilancio, uomo fidato di Cammarata, che ha portato al dissesto finanziario il Comune di Palermo? Lo stesso che non ha svolto una funzione di controllo sui fallimenti delle società ex municipalizzate tra cui l’Amia?”. “Tutti questi soggetti - conclude Faraone - non sono stati scelti per la comprovata ed elevata esperienza e la specifica professionalità, ma per la comprovata fedeltà a un sistema politico-amicale che nulla ha a che fare con il rilancio dell’aeroporto di Palermo. Questa è la cricca a cui mi riferisco, presidente Avanti. La stessa cricca che ha gestito in questi anni la cosa pubblica guardando ai propri interessi e non a quelli dell'intera collettività”.

Montelepre. Per la riesumazione della salma di Giuliano di domani, il sindaco ha vietato l'ingresso di giornalisti e fotografi al cimitero

La bara di Giuliano all'ingresso del cimitero
PALERMO, 27 OTT - È stata vietata la presenza del pubblico alla riesumazione del cadavere di Salvatore Giuliano, fissata per domani nel cimitero di Montelepre, dai Pm di Palermo che hanno riaperto l'indagine sulla morte del bandito. Con una ordinanza motivata per ragioni di ordine pubblico, il sindaco ha interdetto l'accesso al cimitero ai cittadini dalle 8.30 alle 17.00, consentendolo solo ai magistrati e ai medici che parteciperanno alla riesumazione. Sarà cosi vietato, domani, l'ingresso di telecamere e giornalisti nel piccolo cimitero di Montelepre per assistere alla riesumazione del cadavere da parte del medico legale, Livio Milone, incaricato dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, dopo la riapertura dell'indagine sulla morte di Giuliano. L'ipotesi investigativa è che la salma nel cimitero di Montelepre non sia quella di Salvatore Giuliano, ucciso a Castelvetrano nel luglio di 60 anni fa. Alla riesumazione parteciperà anche lo stesso procuratore aggiunto Ingroia.

Palermo, in manette quattro boss

PALERMO - I carabinieri del Comando Provinciale di Palermo e la Direzione Investigativa Antimafia hanno fermato quattro presunti capimafia dei clan palermitani di Resuttana, Tommaso Natale e Partanna Mondello accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione. Il provvedimento, disposto dalla Dda di Palermo, nasce da un'indagine che ha consentito di individuare i nuovi vertici e l'assetto dei mandamenti mafiosi della città. A riscontro dei dati emersi dall'inchiesta anche le dichiarazioni di diversi pentiti. Il fermo, che è un provvedimento d'urgenza, si è reso necessario perchè c'era il concreto pericolo, secondo l'accusa, che i quattro mafiosi fuggissero. Gran parte dei commercianti vittime del pizzo hanno ammesso le richieste degli estortori e hanno collaborato con gli investigatori fornendo ulteriori spunti di indagine. Uno dei 4 nuovi capi delle cosche palermitane fermati, nella notte, dai carabinieri è Domenico Giordano, 54 anni. A svelarne il nome agli investigatori è stato il fratello Salvatore, arrestato nei mesi scorsi, sempre con l'accusa di associazione mafiosa, dai militari dell'Arma, e da febbraio collaboratore di giustizia. Secondo gli inquirenti il neocapo mafia guiderebbe la cosca di Partanna-Mondello. Titolare di una pescheria nel quartiere Zen, avrebbe gestito il racket delle estorsioni nella zona. Gli altri tre capi mafia fermati dai carabinieri, su disposizione dei magistrati della Dda di Palermo, sono Sandro Di Fiore, 33 anni, Gioacchino Intravaia, di 57 anni e Giovanni Sammarco, 51 anni, a capo del mandamento di Resuttana e Tommaso Natale.

Trattative Stato-Mafia, indagato Mori


Mario Mori

di SALVO PALAZZOLO
L'ex comandante del Ros accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. E' già sotto processo a Palermo con l'accusa di aver favorito la latitanza del boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano La Procura di Palermo ha iscritto un nuovo indagato nell'inchiesta sulla trattativa fra Stato e mafia, durante le stragi del 1992. E' l'ex comandante del Ros Mario Mori, già sotto processo a Palermo con l'accusa di aver favorito la latitanza del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano. Adesso, Mori è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il suo nome compare nell'avviso di garanzia consegnato lunedì a Massimo Ciancimino, anche lui indagato per concorso esterno. Nell'inchiesta sulla trattativa figurano pure i nomi dei boss Bernardo Provenzano e Antonino Cinà, che rispondono del reato di attentato a un corpo politico, lo stesso contestato all'ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno.
La Repubblica, 27.10.2010

Massimo Ciancimino indagato per concorso esterno

Massimo Ciancimino
Si tratta di un adempimento tecnico, in vista dei confronti a cui Ciancimino verrà chiamato nei prossimi giorni. Il primo potrebbe essere con l'agente segreto che lo avrebbe minacciatoDa almeno un anno i pubblici ministeri di Palermo hanno riaperto l'inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa su Massimo Ciancimino. E' una conseguenza delle stesse dichiarazioni che il testimone sta facendo alla Procura. Lunedì, i pm Nino Di Matteo e Paolo Guido hanno notificato al figlio dell'ex sindaco di Palermo un avviso di garanzia. Si tratta di un adempimento tecnico, in vista dei confronti a cui Ciancimino verrà chiamato nei prossimi giorni. Il primo potrebbe essere con l'agente dei servizi segreti Rosario Piraino che Ciancimino sostiene essere il braccio destro del signor Franco, il misterioso 007 che avrebbe avuto un ruolo determinante nella trattativa fra mafia e Stato. Piraino verrà interrogato oggi pomeriggio in Procura: è indagato per violenza privata, con l'aggravante di aver favorito l'organizzazione Cosa nostra. Ciancimino ha raccontato di essere stato minacciato almeno due volte dall'agente segreto, a Palermo e a Bologna. L'iscrizione di Ciancimino scaturisce dalle sue stesse dichiarazioni, ma anche dai pizzini consegnati nei mesi scorsi. Il testimone ha raccontato che in diverse occasioni lui stesso fece da tramite per la consegna di alcune lettere.

Campofelice, lettera di minacce al sindaco Vasta

Il sindaco Franco Vasta
La missiva con un preciso riferimento all'omicidio del sindaco di Pollica, avvenuto il 5 settembre Un ritaglio di giornale sull'omicidio di Angelo Vassallo - sindaco di Pollica (Salerno) ucciso lo scorso 5 settembre - e un preciso avvertimento: "Stai attento o finisci come lui". La minaccia, contenuta all'interno di una lettera, è stata spedita ieri a Franco Vasta, sindaco di Campofelice di Roccella, nel palermitano. "L'azione amministrativa portata avanti da Vasta - ha sottolineato il senatore del Pd Giuseppe Lumia - si è contraddistinta per la legalità e la salvaguardia del territorio". A esprimere la propria solidarietà nei confronti di Vasta è anche il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che ha parlato di "accanimento della criminalità organizzata nei confronti di chi è impegnato quotidianamente nella battaglia per la difesa della legalità e il riscatto del territorio".

Saviano sfugge al confronto con il presidente del Centro Umberto Santino su Peppino Impastato

Roberto Saviano
Era già accaduto in occasione della pubblicazione sul quotidiano la Repubblica di una lettera del presidente del Centro Umberto Santino in cui si smentiva, date alla mano, l'affermazione contenuta nel volume "La parola contro la camorra" secondo cui il film I cento passi aveva "riaperto il processo" ai responsabili dell'assassinio di Peppino Impastato. La lettera, inviata il 25 marzo, è stata pubblicata, con un vistoso taglio, il 3 aprile 2010 e il redattore del quotidiano, per giustificare il ritardo, a un nostro sollecito ci ha informato che avevano chiesto a Saviano di replicare, cosa che non ha fatto. Ora, dopo la lettera di diffida all'editore Einaudi inviata il 4 ottobre, in cui si chiede la rettifica all'affermazione non veritiera contenuta nel libro, dobbiamo registrare il silenzio stampa di gran parte dei giornali, ad eccezione del Corriere della sera, di Liberazione, della Sicilia e di alcuni blog, il reiterato rifiuto di Saviano a confrontarsi, chiestogli, tra gli altri, da Radio Città aperta che ha mandato in onda un'intervista a Umberto Santino. LEGGI TUTTO

martedì, ottobre 26, 2010

Corleone. Lungo dibattito in consiglio comunale: saremo capaci di salvare l'Ospedale?


La nuova ala dell'ospedale di Corleone

Se davvero l’ASP di Palermo e l’Assessorato regionale alla sanità hanno l’obiettivo di chiudere l’ospedale di Corleone (e, purtroppo, tutti gli indicatori sembrano confermarcelo), si tratterebbe di una scelta di politica sanitaria davvero folle. Infatti, “desertificare” dal punto di vista sanitario le aree interne della provincia di Palermo (anche l’ospedale di Petralia Sottana sembra che possa seguire le stesse sorti di Corleone), non solo priverebbero del diritto costituzionale alla salute le popolazioni del Corleonese e delle Madonie, ma andrebbe a congestionare in maniera drammatica gli ospedali della città di Palermo. Se proprio i numeri, i parametri e gli obiettivi di rientro dalla spesa sanitaria sono dei “moloch” intoccabili (come io non credo), allora meglio ridimensionare l’Ospedale “Ingrassia”. I servizi che non potrebbe più erogare il nosocomio di corso Calatafimi, potrebbero tranquillamente essere erogati dai (tanti) altri ospedali cittadini, distanti gli uni dagli altri qualche chilometro e tutti raggiungibili in pochi minuti. Invece, se chiude Corleone, 40-50 mila cittadini della zona non potrebbero più trovare un ospedale a meno di 60-80 chilometri di distanza. E lo stesso ragionamento varrebbe per Petralia Sottana e le Madonie.
Questo ho detto ieri sera nella seduta del consiglio comunale di Corleone, dedicata al drammatico problema dell’ospedale, la cui pianta organica è stata falcidiata dalla direzione aziendale dell’ASP di Palermo. Ed ho proposto di ripercorrere la strada della massima unità tra le forze politiche, le organizzazioni sindacali , le associazioni sociali e culturali, per mobilitare i cittadini e far sentire la nostra forte opposizione a questa scelta, rivendicando una pianta organica adeguata a garantire livelli adeguati di assistenza. E, dopo un lunghissimo (a volte noioso e ridondante) dibattito, il consiglio comunale ha approvato due ordini del giorno di protesta contro i tagli e di proposta per una pianta organica adeguata ai bisogni di assistenza del nostro ospedale. L’obiettivo indicato dal dibattito consiliare è stato quello di creare le condizioni affinché si possa arrivare ad uno sciopero generale di tutti i comuni della zona. Obiettivo non semplice, ma indispensabile per invertire la rotta, per sperare di ottenere le indispensabili modifiche alla pianta organica da parte della direzione generale dell’ASP di Palermo e dell’assessorato regionale alla sanità.
Corleone e i comuni del circondario saranno capaci di dare una prova di maturità politica e civile? Oppure prevarranno, ancora una volta, gli infantilismi di coloro i quali negli anni passati hanno “banchettato” allegramente sulla sanità, sprecando risorse, “clientelando” e “passerellando” a più non posso, mentre oggi si sforzano di recitare la parte dei “censori”, dei “bravi” in polemica, nelle allusioni e nelle critiche, senza mai provare ad indicare obiettivi unificanti alla città di Corleone e all’intera zona? Sarebbe davvero triste e colpevole se l’attuale classe dirigente di Corleone e della zona dovesse passare alla storia come quella che non ha saputo salvare l’ospedale. E sarebbe altrettanto triste e colpevole se l’assessore alla sanità Massimo Russo “regalasse” nei prossimi mesi alla nostra città e ai comuni della zona la “morte” del nostro ospedale. (d.p.)

Corleone. Tra lo scetticismo generale, consegnati i lavori della messa in sicurezza della SP4 ed SP2 Corleone-S.Cipirello-Partinico

La foto di gruppo per la consegna dei lavori
CORLEONE - Consegnati i lavori per la messa in sicurezza delle Strade Provinciali 4 e 2, che collegano Corleone con San Cipirello e Partinico. Alla cerimonia, che si è svolta ieri mattina nel gabinetto del sindaco, erano presenti il presidente della Provincia Giovanni Avanti, il vice-presidente Piero Alongi, l’assessore ai trasporti ed alla viabilità Gigi Tomasino, il sindaco di San Cipirello Antonino Giammalva, i consiglieri provinciali del collegio Luigi Vallone, Tommaso Calamia e Mauro Di Vita. L’impresa aggiudicataria dell’appalto, che ammonta a 3 milioni di euro, è una ATI (Associazione Temporanea di Imprese) denominata “Falco Costruzioni srl”. Intanto, non si placano le polemiche seguite alle frane che nei giorni scorsi hanno portato alla chiusura per qualche ora della SP4 all’altezza del km21. Questa sera si riunirà il consiglio comunale di Corleone, convocato proprio per analizzare lo stato di degrado in cui versa l’arteria che collega l’Ospedale di Corleone con quello di Partinico e l’aeroporto Falcone e Borsellino. I lavori di messa in sicurezza della SP4 ed SP2, hanno assicurato il presidente Avanti e l’assessore Tomasino, inizieranno da Corleone, che soffre dal centro abitato a contrada “Ponte Aranci”, per il tratto più devastato da frane e smottamenti. Scettici i cittadini del comitato “La Stradapromessa”. Per il sindaco di Corleone Nino Iannazzo, “è importante che si dia subito inizio ai lavori anche se bisognerà vigilare sulla corretta esecuzione degli stessi ed evitare i tentativi di infiltrazioni mafiose. Il pensiero oggi va a tutti i cittadini del comprensorio che hanno sofferto disagi”.

Cosmo Di Carlo

domenica, ottobre 24, 2010

Domani, 25 ottobre, la Provincia consegnerà i lavori di messa in sicurezza della strada Corleone-S. Cipirello-Partinico

di Cosmo Di Carlo
Uno dei tanti tratti dissestati della SP4
CORLEONE - Saranno consegnati domani alle ore 09,00 a Corleone, presso il municipio, i lavori di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza del tronco stradale sulla SP 2 (Partinico-San Cipirello) e sulla SP4 (Corleone – San Cipirello). L’importo complessivo è di 3 milioni di euro ed è stato aggiudicato alla ditta “Falco Costruzioni s.r.l di Vallelunga Pratameno (Cl), che dovrà completare le opere entro 540 “giornate lavorative”. Per l’occasione saranno presenti domani in città il presidente della Provincia Regionale di Palermo Giovanni Avanti e l’assessore alla viabilità e trasporti Gigi Tomasino. “Abbiamo mantenuto l’impegno – sottolinea in un comunicato il presidente Avanti – che avevamo preso con la popolazione del corleonese nel corso di un apposito consiglio straordinario (20 gennaio 2010 ndr). Ciò conferma l’attenzione della provincia per questa arteria stradale…su cui sono stati realizzati tre progetti da 100 mila euro ciascuno per le emergenze…Il nostro interesse – continua Avanti - è rivolto al progetto per un nuovo tracciato “veloce”, che collegherà Corleone con Partinico in trenta minuti; progetto già inserito nel piano triennale 2009-2011”. “Un gruppo interdisciplinare dei tecnici della Provincia – aggiunge l’assessore alla Viabilità Tomasino - è al lavoro per arrivare presto al progetto esecutivo dell’opera. Siamo consapevoli delle difficoltà di un’area interna del territorio che cerca nella viabilità e nei trasporti le possibilità di uno sviluppo economico. Ci siamo pertanto attivati per trovare le risorse necessarie partecipando a diverse riunioni alla Regione, al Ministero delle Infrastrutture e all’Anas per cercare di avere un quadro più completo sulle fonti di finanziamento. L’obiettivo è quello di consegnare il primo lotto di lavori entro la fine della consiliatura”. Il sindaco Nino Iannazzo limita il suo commento ad un laconico:” Finalmente!” Così, mentre resta difficile il transito sulla SP4 e alle proteste dei cittadini del comitato “La strada promessa” si aggiunge una clamorosa iniziativa istituzionale. Il consiglio comunale, infatti, è stato convocato dal presidente Mario Lanza per martedì alle ore 20,00 con all’oggetto :”Stato di abbandono delle SP Corleone- San Cipirello- Partinico. I manifesti hanno con l’annincio, hanno tapezzato i muri del paese. “ La problematica con l’inverno alle porte non si risolverà in tempi brevi – spiega Mario Lanza – E’ necessario un intervento immediato per consentire ai nostri cittadini di poter raggiungere in sicurezza l’Ospedale di Partinico . “Invece dei proclami – dice Dino Paternostro, segretario della CGIL di Corleone – Avanti e Tomasino chiedano scusa ai nostri lavoratori pendolari, agli ammalati ed agli agricoltori per la strada oramai ridotta ad una pessima “trazzera”. Comincino almeno subito i lavori e si concludano senza interruzioni”.

sabato, ottobre 23, 2010

Dobbiamo ringraziare la Provincia? Sono gli amministratori provinciali che devono chiederci scusa per questa strada-trazzera!

L'assessore prov.le alla viabilità Gigi Tomasino
Non c'è che dire: "quelli" della Provincia stavolta hanno fatto una corsa contro il tempo. Saputo che martedì sera il consiglio comunale di Corleone li avrebbe messi sotto accusa per gli assurdi ritardi nell'inizio dei lavori di manutenzione straordinaria della strada Corleone-S. Cipirello-Partinico, hanno fatto di tutto per anticipare a lunedì mattina la consegna dei lavori. E poi le telefonate a tutti (io ne ho ricevute due + 3 sms), per l'invito ad essere presenti alla cerimonia, accompagnate da un "bonario" rimprovero: dovreste ringraziarci, che finalmente cominciano i lavori e invece organizzate sedute straordinarie del consiglio?! I cittadini del Corleonese, quindi, dovrebbero ringraziare gli amministratori provinciali? Hanno ridotto la Corleone-S. Cipirello una trazzera e per giunta pretendono ringraziamenti? Sono il presidente Avanti, l’assessore Tomasino e i consiglieri del Collegio, invece, che dovrebbero chiedere scusa ai nostri lavoratori pendolari, che ogni giorno rischiano la loro vita percorrendo questa trazzera, ai nostri malati che sono costretti ad andare all’ospedale di Partinico, alle nostre aziende agricole che non possono commercializzare adeguatamente i loro prodotti. Comunque, adesso i lavori di manutenzione devono iniziare subito e concludersi senza interruzioni. Avanti, Tomasino e i loro amici assumano, almeno, questo impegno!

Dino Paternostro

Caso Giuliano. Si avvicina l'ora della verità

Giuseppe Casarrubea
PARTINICO - «Non abbiamo mai affermato che nella tomba della famiglia Giuliano a Montelepre il cadavere non sarebbe quello del bandito Giuliano, ma di un sosia. Abbiamo detto, invece, che vi sono seri motivi per pensare che il cadavere fotografato nel cortile Di Maria e quello fotografato all’obitorio di Castelvetrano appartengano a persone diverse», precisano gli studiosi Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino. Sulla base di un loro circostanziato esposto, la Procura della Repubblica di Palermo si è convinta ad indagare nuovamente su una vicenda di 60 anni fa, disponendo per il prossimo 28 ottobre la riesumazione della salma del “Re di Montelepre”. Lo scopo è quello di verificare se quelli sepolti siano effettivamente i resti del bandito. L'anatomopatologo Livio Milone, incaricato dalla Procura, eseguirà sulle spoglie l'esame del dna, confrontandolo con quello di alcuni familiari in vita di Giuliano. L'indagine per adesso è per omicidio e sostituzione di cadavere, a carico di ignoti, per verificare la fondatezza dei dubbi avanzati dallo storico Giuseppe Casarubea, secondo il quale il bandito in realtà sarebbe stato fatto fuggire all'estero, mentre il cadavere esposto sarebbe quello di un sosia. «Evidentente – dice lo studioso – si tratta di un’ipotesi, ma di un’ipotesi scientifica, suffragata da riscontri». E Casarrubea comincia ad elencarli uno dietro l’altro. «Cominciamo – dice lo studioso - dalla perizia eseguita dal professor Alberto Bellocco, specialista in medicina legale, sulle foto del cortile Di Maria e sulle foto dell’obitorio, secondo cui ritraggono due persone diverse». «Ho seri dubbi - ha scritto, infatti, il docente dell’Università Cattolica di Roma - che le foto possano essere attribuite allo stesso cadavere». «Poi – aggiunge Casarrubea – la circostanza che, tranne gli addetti ai lavori, nessuno si è potuto avvicinare al cadavere di cortile Di Maria, mentre all’obitorio c’è stato un vero e proprio bagno di folla. E, infine, la circostanza incredibile che all’obitorio di Castelvetrano il cadavere di Giuliano di fatto non è stato identificato». Davvero non è stato identificato? Ma non fu l’anziana madre, Maria Lombardo, ad identificarlo? «La madre del bandito – dice Casarrubea – svenne prima ancora di vederne il viso, quando da lontano le sembrò di riconoscerne la corporatura. Svenne anche la sorella di Giuliano, Giuseppina. E i carabinieri le portarono via. L’essere svenute rappresentava la prova che il riconoscimento era stato effettuato. Ma questo non lo dico io, lo scrive Mariannina Giuliano, sorella di Turiddu nel libro “Mio fratello Salvatore Giuliano”, del 1987». L’ipotesi finale, secondo Casarrubea e Cereghino, sarebbe che il “vero” Giuliano era quello di cortile Di Maria, “truccato” da morto (aveva, invece, ingerito una “polverina bianca” che dava una sorta di morte apparente), mentre all’obitorio c’era un suo sosia (un giovano di Altofonte). Turiddu, quindi, sarebbe fuggito in America, mentre il sosia fu seppellito a Montelepre. Sono andate davvero così le cose? Lo sapremo nelle prossime settimane.

Dino Paternostro

Preso il numero uno della mafia agrigentina

Gerlandino Messina
FAVARA (AGRIGENTO) - I carabinieri hanno arrestato a Favara (Ag) Gerlandino Messina, trentottenne capo della mafia di Agrigento, nella lista dei 30 latitanti più pericolosi. Era ricercato dal 1999. I militari lo hanno bloccato in una zona di campagna a Favara. Messina era in jeans e camicia, molto ingrassato rispetto agli ultimi identikit e con pochi capelli. Il boss è stato sorpreso dal blitz del Gis, reparto speciale dei carabinieri, mentre si trovava al primo piano di una palazzina, al numero 79 di via Stati Uniti. Gli uomini del Gis hanno fatto irruzione nell'appartamento lanciando bombe accecanti, riuscendo a immobilizzare subito il boss che non ha opposto resistenza. Subito dopo la cattura è stato consegnato ai carabinieri del reparto operativo di Agrigento che avevano cinturato l'intero edificio, tenuto da alcuni giorni sotto controllo. I militari hanno chiesto a Messina di confermare la sua identità, ma il boss è rimasto in silenzio. Messina è accusato di essere il killer del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato a colpi di arma da fuoco il 4 aprile del 1992 mentre viaggiava su una Ritmo, lungo la statale di Agrigento, all'altezza di Menfi. Decine di cittadini si sono radunati davanti alla palazzina. La gente è rimasta in silenzio quando il boss è stato fatto uscire dall'edificio, col volto coperto, e fatto salire su un'auto diretta negli uffici del reparto operativo dei carabinieri, a Villaseta, quartiere periferico di Agrigento. Qualche applauso verso le forze dell'ordine è arrivato dai giornalisti. Con il suo arresto si riducono a 16 i latitanti di massima pericolosità inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L'elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via spuntato con i 14 arresti avvenuti dal 2008 a oggi. Tra questi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio ('ndrangheta), Salvatore Russo (camorra). Tra i 16 rimasti da catturare, il più noto è il boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro.

Palermo. Focus sulla «società dell'eccesso»

Il Foro italico nel 1920
di Michele Guccione
Lo storico Prestigiacomo racconta con documenti inediti gli sfarzi della nobiltà di inizio '900. Domina la cronaca il mito di Donna Franca Florio, sempre in prima fila ad accogliere regnanti e magnati della finanza. La storia di Oscar Wilde che fu respinto da tutte le famiglie aristocratiche
L'ultimo libro di Vincenzo Prestigiacomo, «Vita mondana e Mano Nera nella Palermo della Belle Epoque» (Nuova Ipsa Editore), è storicamente collocato a cavallo tra '800 e '900 ed ha sullo sfondo la follia dilapidatrice di una aristocrazia che consuma l'ultimo lembo di patrimonio ereditato dagli antenati. In luce tanti aspetti di una città che segna uno dei momenti economicamente più floridi e politicamente più travagliati della storia siciliana. Nella cronaca mondana il mito dei Florio è lei, Donna Franca. Alta, snella, flessuosa, ondeggiante, con quel passo che gli antichi veneziani chiamavano alla «levriera». Dinanzi al suo fascino si inchinano re e imperatori, poeti e pittori. «L'Unica» la definisce Gabriele D'Annunzio. LEGGI TUTTO

Javier Pastore si racconta: "Voglio restare a Palermo"

Javier Pastore
di MASSIMO NORRITO
Javier Pastore a tutto campo. Il campione argentino si racconta e parla dell´espulsione nella partita con il Cska, del suo futuro in rosanero, della sua famiglia, della sua vita a Palermo, del matrimonio, del suo rapporto con Maradona e Zamparini. Una intervista nella quale il Flaco giura fedeltà alla maglia rosanero e auspica di poter firmare presto il nuovo contratto con il Palermo
Javier Pastore partiamo dall´espulsione contro il Cska Mosca...
«Lo so, ho sbagliato».
L´ha capito subito?
«Sì. Tanto è vero che uscendo ho chiesto immediatamente scusa ai miei compagni e ai tifosi. È stato un gesto che non avrei dovuto fare, ma ».
Rossi dice che si cresce anche grazie a queste cose.
«È la prima volta che mi capita, ma ero piuttosto nervoso. Ero molto dispiaciuto, credevo fossimo vittime di una ingiustizia e ho chiesto spiegazione all´arbitro. Volevo farmi sentire in prima persona. Volevo dire qualcosa io».
LEGGI TUTTO

"De Mauro ucciso su input istituzionali"

Mauro De Mauro
PALERMO - L'omicidio del cronista de "L'Ora" Mauro De Mauro sarebbe il primo di una lunga serie di delitti in cui Cosa nostra avrebbe "operato" anche su input esterni. È la rivelazione fatta dall'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino al figlio Massimo e riferita dal supertestimone che racconta i retroscena della trattativa tra Stato e mafia ai Pm di Palermo che per il caso De Mauro processano il boss Totò Riina. Nel giorno in cui sarebbe dovuta cominciare la requisitoria del Pubblico ministero, il magistrato ha chiesto alla Corte di Assise di depositare il verbale di interrogatorio reso da Massimo Ciancimino alla Procura l'8 ottobre, di sentire in aula il testimone e di acquisire agli atti il manoscritto di don Vito in cui il politico corleonese definisce l'omicidio De Mauro come una sorta di spartiacque, il primo di una serie di delitti fatti dalla mafia per assecondare "interessi esterni" ed ambienti istituzionali. Massimo Ciancimino ha riferito che il padre avrebbe parlato dell'argomento con il procuratore di Palermo Pietro Scaglione, poi assassinato nel 1971. Il Pm ha presentato alla Corte anche un altra serie di richieste e acquisizioni probatorie documentali e testimoniali. I giudici, su istanza dei legali dell'imputato e dell'avvocato di parte civile Francesco Crescimanno, hanno concesso alle parti un termine a difesa per potere analizzare tutta la documentazione di cui la Procura ha chiesto il deposito. L'udienza è stata rinviata al 5 novembre. 23 ottobre 2010

venerdì, ottobre 22, 2010

Il "pizzo"? E' vecchio quanto l'Unità d'Italia. A Palermo lo esigevano già nel 1897

Una veduta del Foro italico di Palermo nei primi del '900
Trovata a Palermo una lettera con richiesta di denaro in cambio di protezione di fine '800
Palermo, 21 ott. - (Adnkronos) - Il ''pizzo'' è vecchio almeno quanto l'Unità d'Italia e se ne hanno notizie, finora non documentate, sin da quando la mafia operava nelle sue forme primordiali. Una recente scoperta dello storico Vincenzo Prestigiacomo, che ha trovato a Palermo la prima ''lettera di scrocco'' datata 1897, prova che a cavallo fra Ottocento e Novecento le famiglie mafiose, anche sulla spinta del boss Vito Cascio Ferro rientrato dagli Usa, per rimpinguare le proprie casse, decisero di taglieggiare a tappeto tutte le famiglie aristocratiche e facoltose della città, i cui beni fino al allora erano stati ''protetti'' dai campieri e dagli stessi mafiosi. Famiglie che a quell'epoca dilapidavano enormi ricchezze per sfoggiare un lusso sfrenato. Prestigiacomo, nel volume ''Vita mondana e Mano Nera nella Palermo della Belle Epoque'', pubblica numerosi documenti inediti e ricostruisce tredici anni di gesta della ''Mano Nera'', dai nobili imbarazzati che cedevano ai ricatti, ai tentativi di ''aggiustamento'' presso i capi della ''famiglia'' di San Lorenzo, anche allora la più potente; dagli atti intimidatori contro chi non pagava al primo sequestro di persona a danno di una bambina; dalle omertà su questa ''pestilenza'' che si cercava di celare mantenendo etichetta e vita mondana ai primi omicidi ''eccellenti'', frutto di una già allora consolidata collusione tra boss e istituzioni.


giovedì, ottobre 21, 2010

La SP 4 Corleone-S. Cipirello: frane, strettoie e torrenti di fango. I cittadini dicono "Basta!"

di Cosmo Di Carlo
Un tratto della SP 4 franato. Sullo sfondo Corleone
 CORLEONE - L’hanno ribattezzata “la strada che non c’è” e, di fatto, poco è rimasto di quella che era la Strada Provinciale 4, che collega Corleone con San Cipirello e l’Ospedale di Partinico, ma anche con la SS 626 Palermo Sciacca. “Dopo le piogge dello scorso inverno, che avevano provocato decine di frane, mal riparate – spiega l’avvocato Mario Midulla, presidente del comitato “La strada Promessa”, il colpo di grazia lo hanno dato le piogge dei giorni scorsi”. Oggi, all’altezza del km.21 la carreggiata, in prossimità di una delle 20 devastanti frane, è ridotta a meno di 3 metri, vi si transita a senso alternato, grazie ad un cantoniere che dirige il traffico. Nella strettoia è parcheggiata una pala meccanica. Le cunette sono invase dalla terra franata e così le acque piovane invadono quel che resta del tratto asfaltato. Devastante è stata, secondo numerosi automobilisti, la costruzione a monte della “pista ciclabile” realizzata dalla Provincia Regionale di Palermo, che ha convogliato a valle sulla SP4, che scorre parallela, le acque piovane. Nei giorni scorsi, la circolazione è stata interrotta dopo un violento temporale ed il traffico veicolare è stato deviato da Corleone sulla SS.118. La Protezione Civile comunale ed il Gruppo Arci-Grifone hanno operato per liberare decine di automobilisti rimasti bloccati. Un calvario per le centinaia di automobilisti che ogni giorno la percorrono per recarsi al lavoro e per gli operai delle aziende agricole e vitivinicole della zona. “Stiamo subendo gravi danni – spiega Vincenzo Pollara co-titolare della cantine Pollara che producono il vino Principe di Corleone-. Abbiamo dovuto, nei giorni scorsi, sospendere la produzione e le consegne”. “ Dalle parole bisogna passare subito ai fatti – dice il sindaco di Corleone Nino Iannazzo – sappiamo dell’aggiudicazione definitiva dei lavori fatta dall’Ufficio Tecnico della Provincia e ci attendiamo che entro il mese corrente diano corso ai lavori, perché è ormai ovvio che l’attuale condizione della strada, oltre a mortificare la dignità dei corleonesi, non supererà la stagione invernale”.

Corleone. Ritrovato in un'antica cappella un affresco che Giuseppe Vasi dipinse nel 1734

di Cosmo Di Carlo

L'affresco del Vasi nella cappella
CORLEONE - Ritrovata l’antica cappella affrescata da Giuseppe Vasi (Corleone 1710-Roma 1782). I dipinti sono stati rinvenuti all’interno di una piccola navata laterale nella chiesa di un ex convento del 1600 che sorge in pieno centro storico. Dell’esistenza dell’opera del grande artista corleonese, che operò nella Roma papalina, se ne tramandava la memoria ma nulla di più sino a ieri. La chiesa, infatti, era stata gravemente danneggiata dal sisma del 1968 e successivamente in parte demolita. Del prezioso edificio si è salvato il prospetto e le due piccole navate laterali che, sono state murate 40 anni fa. All’interno di una di queste i preziosi affreschi che si sono salvati grazie all’accortezza dei mastri muratori che, nel 1970 collocarono un telaio in legno, coprirono i dipinti con della stoffa di lino e sistemarono il tetto. La scoperta è avvenuta casualmente mentre alcune maestranze comunali stavano riparando uno dei tetti. E’ bastato accendere un faro all’interno di una intercapedine per vedere le splendide prospettive disegnate dal giovane Giuseppe Vasi ed i dipinti raffiguranti soggetti sacri, tra cui una maternità ed una rara immagine di San Vincenzo Ferreri. Gli affreschi sono in ottime condizioni. A confermare l’attribuzione senza ombra di dubbi è stata la firma in calce agli affreschi : “ studens Joseph Vasi corleonis pinxit 1734” . All’epoca il giovane artista aveva solo 24 anni. Proprio quest’anno infatti la città sta varando una serie di iniziative per festeggiare i 300 anni dalla nascita dell’incisore che avvenne a Corleone il 28 agosto del 1710.
La firma di Vasi sull'affresco
“Giuseppe Vasi studiò disegno a Palermo quindi raggiunse Roma - così scrive Salvatore Mangano in un suo saggio storico - Nella capitale, sotto la guida di Filippo Juvara e dell’incisore Ghezzi si perfezionò. La sua maestria nelle incisioni fu apprezzata da papa Benedetto XIV° dal quale ebbe incarichi ed onori. Fu maestro di Giovanni Battista Piranesi, che pur nella sua maggiore fama mai dimenticò il maestro”. Tra le maggiori opere di Giuseppe Vasi :” Il panorama di Roma vista dal Gianicolo” e “ Le magnificenze di Roma antica e moderna”, 200 incisioni a cui l’artista lavorò dal 1741 al 1747. Morì a Roma il 16 aprile del 1782. Nell’aula consiliare di Corleone sono esposte cinque preziose stampe ricavate dai calchi originali delle incisioni, che venivano realizzate su lastre di rame. Corleone gli ha dedicato una piazza nella parte alta della città proprio dove si affacciava l’antica casa dei Vasi.

mercoledì, ottobre 20, 2010

Casarrubea e Cereghino: "Mai detto che il cadavere non è quello di Giuliano ma di un sosia"

Giuliano morto (ma era lui?)
di GIUSEPPE CASARRUBEA
e MARIO CEREGHINO
Vi segnaliamo un grave errore che si trascina da vari giorni per colpa di varie agenzie di stampa, a cominciare dall'Ansa. Noi non abbiamo mai affermato che nella tomba della famiglia Giuliano a Montelepre "il cadavere non sarebbe quello di Giuliano ma di un sosia". L'Ansa, addirittura, ha scritto negli ultimi giorni che "secondo Casarrubea, il bandito in realtà sarebbe stato fatto fuggire all'estero e il cadavere esposto sarebbe di un sosia". Ieri sera, abbiamo avuto una lunga conversazione con il dott. Pecoraro, giornalista dell'Ansa di Palermo, il quale ha subito rettificato la notizia errata, diramata nel tardo pomeriggio del 19 ottobre. LEGGI TUTTO

Fallito attentato dell'Addaura, Gianmarco Piazza: "Mio fratello mi disse che era coinvolta la polizia"

Giovanni Falcone
"Mio fratello mi disse che nel fallito attentato all'Addaura al giudice Falcone non c'entrava la mafia ma era coinvolta la Polizia". Lo rivela, in un intervista a Repubblica, 20 anni dopo la scomparsa del fratello Emanuele, l'avvocato Gianmarco Piazza, 46 anni. Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, sparì nel marzo '90. La sua scomparsa e' stata più volte collegata con l' omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino assassinato con la moglie incinta nell'89 a Villagrazia di Carini (Pa). Gianmarco Piazza ha consegnato alcune settimane fa una memoria ai pm palermitani e nei prossimi giorni sarà sentito sia dalla procura di Palermo, che indaga sull'omicidio del fratello, sia da quella di Caltanissetta che indaga sul fallitto attentato a Giovanni Falcone: candelotti di dinamite nascosti sugli scogli del litorale palermitano dell'Addaura dove il magistrato aveva affittato una villa nel giugno '89. Nell'intervista Gianmarco Piazza dice di non aver raccontato prima la confidenza del fratello perché "non aveva fiducia negli inquirenti" soprattutto nei poliziotti "Salvatore D'Aleo e Vincenzo di Blasi". Piazza mette in relazione con la scomparsa del fratello anche la sparizione di un vigile del fuoco suo amico Gaetano Genova. Per l'uccisione di Genova, col metodo della lupara bianca, sono stati condannati i pentito Enzo e Giovanni Brusca e il mafioso Salvatore Madonia. I presunti resti di Genova sono stati fatti trovare da Enzo Brusca che ha raccontato che il pompiere era stato ucciso perché aiutava Emanuele Piazza a cercare latitanti. Da: SiciliaInformazioni
20 ottobre 2010

Palermo, lettera con minacce a Pino Maniaci, direttore dell'emittente televisiva "Telejato"

Pino Maniaci
Per le sue inchieste antimafia, già in passato il giornalista partinicese ha subito altre pesanti intimidazioni, che non hanno fiaccato il suo impegno
Palermo - (Adnkronos) - Nuova intimidazione per Pino Maniaci, direttore di Telejato, emittende del palermitano. Una lettera con minacce di morte, spedita da Palermo, e' stata recapitata al giornalista, gia' in passato nel mirino per le sue inchieste antimafia. Maniaci ha denunciato l'episodio alla Polizia. Solidarieta' arriva dal gruppo siciliano dell'Unci-Unione nazionale cronisti italiani. "Chiediamo alle forze di polizia - ha detto il presidente dell'Unci Sicilia, Leone Zingales - di fare luce in tempi brevi sull'episodio e di adottare tutte le iniziative per garantire a Pino Maniaci e alla redazione di Telejato la serenita' necessaria per potere svolgere il lavoro giornalistico con serenita'". Per il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia ''il lavoro giornalistico svolto da Pino Maniaci e' una risorsa importante al servizio della verita' e della coscienza antimafia. In un territorio fortemente condizionato dalla presenza di boss e cosche di Cosa nostra, Telejato rappresenta un baluardo informativo prezioso per l'opinione pubblica".
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A Pino Maniaci e alla redazione di "Telejato" la solidarietà di "Città Nuove". Pino, non mollare! (d.p.)
LE MINACCE A MANIACI NON SONO UN FATTO ISOLATO
di Alberto Spampinato

Palermo. Processo contro l'on. Antonello Antinoro, Addiopizzo ammesso parte civile

Antonello Antinoro
PALERMO - La terza sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Fabrizio La Cascia, ha accolto la costituzione di parte civile del comitato Addiopizzo nel processo contro Antonello Antinoro, ex assessore regionale dell'Udc, accusato di 416-ter: voto di scambio. Alla costituzione di parte civile di Addiopizzo si era opposto il legale di Antinoro, l'avvocato Massimo Motisi, perché lo statuto dell'associazione prevede la partecipazione a processi che riguardino i reati di mafia e estorsioni. Secondo il collegio, l'istanza di Addiopizzo va accolta perché in generale anche questo processo riguarda fatti di mafia e fa parte di una più larga inchiesta sulle estorsioni in cui rientrano gli interessi del comitato. 20/10/2010

L'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, "promosso" cardinale. Ad Acireale campane in festa

Paolo Romeo
Nato nel centro catanese il 20 febbraio 1938, è stato nunzio apostolico in vari paesi, tra cui Haiti, Colombia e Canada, quindi, dal 2001 al 2006, nunzio in Italia. Il 19 dicembre 2006 è stato nominato arcivescovo di Palermo. L'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, è stato ordinato cardinale da papa Benedetto XVI. Romeo, nato ad Acireale 72 anni fa, è stato tra l'altro nunzio apostolico in Colombia e in Canada. Nel 2001 papa Giovanni Paolo II lo ha richiamato in Vaticano nominandolo nunzio apostolico per l'Italia e la Repubblica di San Marino, incarico che manterrà fino al 19 dicembre 2006, cioè fino alla nomina, da parte di papa Ratzinger, alla guida della chiesa palermitana. Le campane di Acireale hanno subito suonato a festa. "Accogliamo con gioia e con comprensibile orgoglio - dice il saluto del sindaco Nino Garozzo - la notizia: si tratta di un riconoscimento delle doti pastorali e umane di monsignor Romeo ma anche del grande impegno da pastore. Significativamente la nomina del Santo Padre giunge all'indomani della visita del Papa a Palermo, evento nel quale Romeo ha voluto fare emergere la faccia della Sicilia ricca di speranza e carica di operosità". Per Acireale è un evento storico: "Il primo porporato della città delle cento campane, sede di nobilissima diocesi, centro di cultura e formazione religiosa". Il primo cittadino ha inviato una lettera di congratulazioni a monsignor Romeo.
(20 ottobre 2010)

IL CASO. La salma del bandito Salvatore Giuliano verrà riesumata il prossimo 28 ottobre

Il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia
Dopo i dubbi sollevati da uno storico, la Procura di Palermo vuole verificare se quelli sepolti siano effettivamente i resti del "re di Montelepre"
PALERMO - Sarà riesumata il 28 ottobre la salma del bandito Salvatore Giuliano. Lo ha disposto la Procura di Palermo che ha dato l'incarico all'anatomopatologo Livio Milone. Lo scopo è verificare se quelli sepolti siano effettivamente i resti del "re di Montelepre". Milone eseguirà sulle spoglie l'esame del dna confrontando quello del cadavere con quello di alcuni familiari in vita di Giuliano. La Procura ha aperto un'indagine a carico di ignoti per omicidio e sostituzione di cadavere per verificare la fondatezza dei dubbi avanzati dallo storico Giuseppe Casarubea, secondo il quale il bandito in realtà sarebbe stato fatto fuggire all'estero e il cadavere esposto sarebbe di un sosia. Secondo Casarubea, che ha presentato un esposto, il corpo apparterrebbe a un uomo ucciso proprio per nascondere la fuga di Giuliano. Nei mesi scorsi i pm Francesco Del Bene e Marcello Viola hanno interrogato, oltre allo storico, alcuni giornalisti che si sono occupati nel tempo della vicenda.
19/10/2010

martedì, ottobre 19, 2010

Corleone. Un ordine del giorno per intitolare a Nino Gennaro il centro sociale S. Lucia

Nino Gennaro (Ph. Riccardo Liberati)
Nino Gennaro è morto l’8 settembre 1995, ma è ancora con noi. Lo è nel ricordo che ha lasciato di sé, nel cuore e nella mente dei suoi amici, nelle sue poesie, nei suoi testi teatrali, nei suoi aforismi. Nella Corleone stagnante degli anni ’70, diceva (e scriveva): «Non siamo tutti gregari di Liggio»; organizzava i giovani, insegnando loro che «Corleone non è una repubblica indipendente». Nino era uno in prima linea nella battaglia antimafia, nella battaglia contro quel «tardo mafioso impero», che condizionava non solo l’economia di una comunità, ma anche le coscienze dei suoi «sudditi». Uno che si è speso molto per l’affermazione dei diritti degli omosessuali e di tutti i diversi, fondamenti di tutta la sua produzione artistica. Uno che faceva la lotta per la casa con quelli dell’Albergheria, a cui le case cadevano addosso, inventando lo slogan creativo «la casa è come il pane». Uno che faceva teatro nelle case, con attori non-attori, recitando testi d’avanguardia scritti da lui, che ancora oggi interrogano e inquietano le coscienze.

MAFIA. Non sono di Placido Rizzotto i resti recuperati due anni fa dai Carabinieri in una foiba di Roccabusambra

Carmelo Rizzotto con la foto del figlio Placido
Non sono del sindacalista Placido Rizzotto i resti recuperati due anni fa dai carabinieri in una foiba di Rocca Busambra, a Corleone. Gli investigatori delò Ris di Messina hanno fatto l’esame del Dna (comparandolo con quello di un parente della vittima) su disposizione del pm Marzia Sabella.  “Continuiamo a sperare”, dice il nipote del sindacalista ucciso nel ’48, che porta il suo stesso nome. La polizia scientifica sta adesso esaminando i resti ritrovati a marzo in un’altra foiba di Rocca Busambra. Dice Rizzotto: “Chiediamo che si faccia luce sulla scomparsa dei resti che erano stati recuperati nel 1949 durante le indagini del generale Dalla Chiesa”. Sono andati probabilmente dispersi in qualche archivio giudiziario. “A Corleone – dice il nipote – i mafiosi hanno tutti una tomba nel cimitero. Placido Rizzotto ancora no”.
(salvo palazzolo, la Repubblica-Palermo, 19.10.10)

Dino Paternostro e Maurizio Calà (Cgil):: "Bisogna continuare le ricerche per ritrovare il corpo di Placido Rizzotto"

Una delle foibe di Roccabusambra
(AGI) - Palermo, 19 ott. - L'esame del Dna sui resti umani recuperati dai carabinieri in una delle foibe di Rocca Busambra ha dato esito negativo: non sono quelli del sindacalista Placido Rizzotto, segretario della Camera del lavoro di Corleone assassinato dalla mafia del feudo nel 1948. "La Cgil ringrazia l’Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato e la Magistratura per l’impegno profuso in questi ultimi anni per il recupero dei resti di Placido Rizzotto - affermano Dino Paternostro, segretario della Cgil di Corleone, e Maurizio Cala', segretario della Camera del lavoro di Palermo. "In queste settimane - aggiungono - sono in corso altri esami del Dna su altri resti umani recuperati dalla polizia di Stato in un'altra foiba. Speriamo che stavolta i riscontri (ci auguriamo che possano essere effettuati su tutti i reperti rinvenuti) siano positivi, per potere finalmente dare la giusta sepoltura ad un uomo che combatte', da partigiano, sui monti della Carnia per dare la liberta' all'Italia e che poi guido' i contadini nella lotta per la terra e contro la mafia". La Cgil chiede che le forze dell'ordine e la magistratura "s'impegnino a ritrovare anche i resti di Placido Rizzotto, recuperati nel 1949, in una foiba di Rocca Busambra, dal capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa, che sono stati "smarriti" negli archivi del tribunale di Palermo o presso la Corte di Cassazione a Roma. Ritrovare il corpo di Rizzotto -continuano Paternostro e Cala'- avrebbe un grande valore umano e una grande importanza civile per la sua famiglia, per la Cgil e per lo Stato democratico". (AGI) .