mercoledì, ottobre 08, 2025

Sciame di droni sulla nuova Flotilla. “Temiamo attacco. Se ci fermano, bloccate tutto”


di Alessia Candito

A lanciare l’allarme il portavoce per l’Italia, Vincenzo Fullone. “Trasportiamo solo medici e farmaci, perché si blocca anche questo?”

“Qui ci sono droni ovunque, temiamo che potrebbero essere intercettati a breve. Questo potrebbe essere l’ultimo video che inviamo da qui. Medici, trasportiamo solo medici, perché si blocca anche questo?”. Sono da poco passate le 23.30 ora italiana quando Vincenzo Fullone, portavoce per l’Italia della “seconda ondata”, la seconda Flotilla che sta navigando verso Gaza, con una nave ospedale, la Conscience, e otto barche a vela a scortarla, lancia l’allarme.

“Abbiamo lanciato l’allerta generale”, dice mentre in lacrime si dispera. Non per paura. Non per rabbia. Ma perché Gaza è vicina, avrebbe bisogno dei medici e farmaci che la nave trasporta, ma ancora una volta un’imbarcazione carica di aiuti rischia di rimanere ferma a un passo.

Il tracker, il sistema di tracciamento, li dà a 150 miglia nautiche da Gaza, sono in acque internazionali, eppure uno sciame di droni gli sta addosso. “Temiamo sia arrivato il momento, vado a preparare una la borsa con le cose necessarie. Se ci intercettano, reagite, bloccate tutto, continuate a parlare di Palestina”, dice Fullone prima di chiudere la comunicazione dal ponte della Conscience, l’ex traghetto trasformato in una sorta di nave ospedale dalla Freedom Flotilla Coalition, che punta su Gaza insieme alle otto vele di ThousandMadleens.

In tutto, in rotta verso Gaza ci sono nove imbarcazioni, a bordo hanno più di 90 fra medici e infermieri, trasportano oltre una tonnellata di farmaci, dispositivi respiratori e alimenti specifici per la malnutrizione. Ma tutti gli oltre 150 attivisti a bordo convivono con la consapevolezza di essere a rischio.

Da giorni, i droni ogni notte volano sulle loro teste. Adesso però il livello di allerta si è alzato, l’attacco – è l’ultimo messaggio che arriva dalla nave – sembra imminente. Già una volta, nel maggio scorso, la Conscience è stata vittima di un attentato pesantissimo. Un ordigno ha sfondato il ponte, solo per miracolo nessuno è rimasto ferito, o peggio, ucciso, la missione invece è saltata. Per riparare i danni, la nave è rimasta per mesi in cantiere.

È tornata in mare un paio di settimane fa sfidando paure, blocchi, con equipaggi pronti ad affrontare un rischio concreto anche perché fra loro c’è anche chi è già stato identificato ufficialmente da Israele come target, obiettivo da abbattere. Anche Fullone è fra questi. La sua colpa? Avere vissuto e lavorato nella Striscia, dove ha fondato Ayn media, l’occhio dei media, la prima agenzia di notizie di Gaza che avesse rapporti con media internazionali come New York Times e ha organizzato diverse iniziative culturali, fra cui un festival di cinema per bambini. “Inevitabilmente ti devi relazionare con le autorità, che in quel momento erano in mano ad Hamas. Questo – spiega - al governo israeliano basta per ritenermi un soggetto pericoloso”.

È per questo motivo che, prima di imbarcarsi, ci ha pensato a lungo. “Non volevo mettere in pericolo la missione, essere pretesto per un attacco. Mi sono confrontato con i coordinatori e mi hanno detto di stare tranquillo: ‘qui ci sono target che Israele vuole molto più di te”. A partire dai medici e infermieri palestinesi rifugiati in Europa, che hanno deciso di salire a bordo insieme a decine di anestesisti, chirurghi, psichiatri, ginecologi per dare il cambio ai colleghi. “È questo quello che ci chiedono dalla Striscia: un cambio anche solo di un paio di ore, non si fermano da due anni”.

In 92 sarebbero pronti a sostituirli in quel che resta degli ospedali della Striscia, fra loro anche i medici Riccardo Corradini e Francesco Prinetti, attivista di Ultima Generazione, Stefano Argenio,sindacalista Cgil e infermiere dell’ospedale San Giovanni di Roma, la pedagogista specializzata in recupero dal trauma Elizabeth Di Luca. “Chiedo a tutti – è stato l’appello lanciato da Prinetti - di scendere di nuovo in piazza per manifestare in modo nonviolento per la Palestina e per tutti gli attivisti che rischiano un altro abbordaggio criminale”. Sulle piazze si conta, nel frattempo a bordo ci si prepara.

Ogni sera, dopo il turno in cucina,Veronica O’Keane scende in stiva per inventariare e sistemare migliaia di flaconi e scatole di farmaci, disinfettanti, bende, garze. Sembra un universo lontano anni luce dalla sua cattedra di Psichiatria al Trinity college di Dublino o dai congressi in cui interviene da luminare e massima specialista in disturbo da stress post traumatico. E invece. “È da due anni che cerco di entrare a Gaza per mettere la mia professionalità al servizio di chi sta subendo un genocidio, ci sono centinaia di migliaia di persone traumatizzate che hanno bisogno di assistenza”. Si tratta del medesimo proposito che ha portato sulla Conscience Mohamed Abhakis, chirurgo vascolare che a Strasburgo ha lasciato tre figli, o Marwan Obeid, anestesista giordano che spera di poter supportare i colleghi che ancora lavorano all’European Hospital o in quel che ne rimane, come pure la ginecologa Fawza Moha Hassam, primaria di ginecologa in Malesia, o Diaa Adaoud,palestinese con passaporto statunitense, che rischia di avere problemi non solo durante la missione, in caso di intercettazione, ma anche al rientro in quegli Stati Uniti diventati Gaza. “In due anni di genocidio sono stati ammazzati più di 1.500 medici, più di 400 sono stati spariti nelle carceri israeliane, almeno quattro sono morti nel corso della detenzione – ricordano dalla Flotilla – Questo è un test per l’umanità, il mondo assisterà inerte quando Israele tenterà di bloccare una nave umanitaria o si solleverà per rompere le catene imposte a Gaza?”.


La Repubblica, 8 ottobre 2025

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