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| Fabrizio Ferrandelli |
Ha iniziato con un'associazione, in un vicoletto di via Roma, tra i figli dei migranti. È uno dei più divisivi tra i protagonisti della scena politica palermitana, ma una certezza Fabrizio Ferrandelli ce l'ha: «Io in quale parte del marciapiede stare, l'ho scelto anni fa. Non ci sono ambiguità, per questo finisco nel mirino. Ma mostrano solo la loro debolezza».
Tutto è iniziato dalla prima associazione, Ubuntu.
«Ci occupavamo di sfruttamento della prostituzione e lo spaccio di cocaina tra la stazione e via Lincoln, facevamo i giri serali con Biagio Conte. Da quell'esperienza, qualcuno che ha trovato l'alternativa alla tratta c'è stato. Ma i tentativi di accoltellamento partono da lì. La gente lo sapeva, apprezzava il lavoro, tra i volontari avevamo studenti e professionisti».
E anche l'iconico stigghiolaro.
«Il mitico Simone (sorride), che da stigghiolaro abusivo diventò operatore di Ubuntu».
Da quella prima battaglia si candida in consiglio comunale.
«Nel 2007, la prima vertenza fu quella dei cenciaioli, alla fine si riunirono in cooperativa sociale per uscire dall'abusivismo. E poi fu la volta dell'occupazione del consiglio comunale».
Il tema dell'emergenza abitativa, insomma, parte da lontano.
«Penso che tutte le mie deleghe in qualche modo raccontino la mia storia: emergenza abitativa, migranti, politiche giovanili, benessere animale, innovazione. È tutto collegato. Dopo l'occupazione di sala delle Lapidi abbiamo ottenuto la prima esperienza in Italia di riutilizzo di beni confiscati a fini abitativi. È stata soprattutto un'operazione culturale».
E si arriva alla attualità. Si aspettava una reazione di questo genere?
«Erano giorni che respiravamo una tensione sempre maggiore».
Avete informato le forze dell'ordine?
«Sì, costantemente. Per dirla tutta ero dai carabinieri quando è esploso l'ordigno sotto casa mia. Mi ha chiamato un vicino, abbiamo sentito il boato».
E poi?
«Abbiamo integrato il verbale che stavano redigendo».
Un passo indietro. Perché era dai carabinieri?
«Dobbiamo tornare allo scorso 5 settembre».
Cos'è successo?
«Con i vigili stavamo sequestrando una carrozza trainata dal cavallo. Ne abbiamo sequestrate 14 in tutto, più tre confiscate».
Che c'entrano cavalli e carrozze?
«È tutto collegato. Nell'ultimo sequestro c'era una persona. C'è sempre durante i sequestri. Ha detto "ti sparo in bocca" o "io ti dovevo ammazzare la prima volta". Tutto registrato dalle bodycam degli agenti. Io sono uno che ha disturbato i loro affari, gli faccio perdere soldi».
E l'immobile vandalizzato?
«Lunedì ero in consegna di un altro immobile, sono stato aggredito da un personaggio che dal balcone mi dice che "mi devo guardare" e che "prima o poi m'ammazza". Non si è mosso da casa, credo che fosse agli arresti domiciliari. Ho risposto che non mi spaventava e sono andato via».
C'è un legame con via Bronte?
«Credo di sì, sia con via Bronte che con le carrozze. Temo di avere toccato gli stessi interessi».
Perché lega i tre episodi?
«Perché dietro c'è lo stesso substrato. Gli scontri sulle case in questi mesi sono stati tanti e sono stati duri. Diciamolo chiaramente: quando andiamo sul territorio ci troviamo chi gestisce realmente quegli immobili. E sono gli stessi che poi investono nelle corse clandestine dei cavalli e che gestiscono il giro degli gnuri».
Le case non sono dello Iacp?
«Alcune, altre del Comune. Ma evidentemente c'era chi sul territorio gestiva il traffico degli occupanti, magari con un corrispettivo economico».
In che senso?
«L'occupazione dell'immobile veniva consentita da qualcuno».
E adesso?
«Interveniamo in contemporanea, abbiamo un alert che ci segnala il decesso dell'ultimo beneficiario. Oggi i beni pubblici del comune di Palermo li gestiamo noi. Vuole che questo non dia fastidio alla criminalità organizzata? Vorrei ringraziare il sindaco, che mi dà mezzi, risorse e copertura. Senza di lui questo lavoro non sarebbe stato possibile».
la Repubblica, 24/10/2025


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