giovedì, ottobre 16, 2025

Le manifestazioni contro i missili a Comiso, Pio La Torre e gli strappi di Berlinguer nei confronti dell’Urss

Manifestazione del Pci  per la pace a Comiso (foto De Bellis copyright FOTOGRAMMA / IPA)

di VINCENZO VASILE

In gergo si chiama il taccuino del cronista. La cronaca è fatta così. Nel taccuino dell’inviato rimangono informazioni, impressioni e idee che spesso – per le ragioni più diverse – non troverete nell’articolo che sarà pubblicato giorno per giorno. Non vi aspettate chissà quale retroscena. Ma spunti, che possono sfatare qualche luogo comune fuorviante, che torna a circolare a proposito di pacifismo.  

Come quello che presenta il movimento per Comiso, che si sviluppò in Italia negli anni ’80, come una copertura degli interessi dell’Urss, magari in contraddizione con gli sforzi – ormai faticosamente riconosciuti – di Berlinguer per distaccarsene.

Bene, i miei ricordi dicono che questa ricostruzione non funziona. Racconto sempre del coretto che i giovani dell’organizzazione giovanile comunista intonavano nei cortei per Comiso: “Breznev e Reagan venite a pesca con noi, ci manca il verme”. Uno slogan irridente, che mi colpì perché dice molto non solo sugli orientamenti e le intemperanze della “generazione di Comiso”, ma anche del senso generale dell’iniziativa della raccolta di firme e delle manifestazioni sempre più massicce al di là delle previsioni, che si susseguirono.

Quella manifestazione in piazza Politeama

Io ricordo una manifestazione in piazza Politeama, indetta dai tre sindacati confederali dopo l’energico pressing (uso un eufemismo) di Pio La Torre nei confronti di Luciano Lama. I sindacati aderirono alla richiesta del movimento cresciuto in Sicilia attorno alla petizione per una sospensione dei lavori per la base, ma ricondussero tutto all’esito della trattativa in corso tra le due potenze per un “disarmo bilanciato”. Io annotai: quattro missili tuoi equivalgono a dieci miei, tra un mese togliamo una testata, no prima tu, no prima io, allora mai… Sintetizzai così un resoconto per mia memoria del balletto grottesco tra i due “blocchi” e dello stallo delle trattative: una caricatura, ma senza troppe forzature. Uscì in quei giorni – e diede la linea al movimento – un graffiante articolo di Raniero La Valle, giornalista e dirigente cattolico, e soprannominò quel negoziato il bilancino del terrore e della morte nucleare. Le Acli siciliane erano la punta di diamante della mobilitazione, non solo giovanile, del campo cattolico.

Nelle collezioni dell’Unità troverete una foto di Letizia Battaglia che per motivi tecnici non avevo visto prima che venisse teletrasmessa al giornale. Il collega del settore grafico che doveva mettere in pagina il mio articolo sulla manifestazione di piazza Politeama, corredato appunto da quell’immagine, me la descrisse: c’è in primo piano un ragazzo che issa la sagoma cartonata di un missile, segnato con una croce. Però il grafico mi segnalò preoccupato: ma i missili di Comiso non sono i Cruise? Qui nella foto c’è scritto ss 20, cioè la denominazione dei missili sovietici”. E io a spiegare che quella foto andava bene così… c’era tutto quello che bisognava che ci fosse, in quella foto.

Qualche parola sui mesi che precedettero la stagione delle lotte di Comiso. L’annuncio a un tg della sera: saranno installati in Italia gli euromissili. La base sorgerà in una contrada desertica della Sicilia, nel territorio del comune di Comiso in provincia di Ragusa. Chiamo Ragusa e cadono dalle nuvole. Comiso era una delle capitali dell’agricoltura trasformata, delle serre, non c’erano quasi più zone desertiche. Controlliamo una vecchia carta, e si scopre si chiama “Deserto” la contrada nella quale sorgeva l’aeroporto militare. Aperto in vista del secondo conflitto mondiale nel 1939, intitolato al generale Magliocco, un criminale di guerra che aveva sterminato migliaia di etiopi durante la spedizione del fascismo in Africa orientale. Ma non è un deserto. Pur essendo state abbandonate sin dagli anni Sessanta, le piste erano diventate una florida piantagione di carciofi, semmai la sera al buio l’aeroporto era diventata il ritrovo di quelle che si chiamavano nelle cronache dell’epoca le “coppiette”.

Manifestazione per la pace a Comiso (foto di Bruno Mancia)

La confessione (tardiva) del ministro Lagorio

Lelio Lagorio, ministro socialista della difesa (governo di centrosinistra da poco ricostituito), comunica la decisione. Spiegherà in seguito che proprio l’operazione riarmo Nato era il motivo dominante dell’operazione politica che aveva portato alla costituzione di quel governo, e che il Psi si era profondamente spaccato. Ricordo la protesta di La Torre per il modo in cui l’Unità aveva sottovalutato la dichiarazione del socialista Salvatore Lauricella, presidente dell’Assemblea regionale che aveva proclamato (in ritardo col calendario, ad anno già iniziato, ma per differenziarsi dal suo partito) il 1982 “anno siciliano della pace”.

Più tardi Lagorio confiderà che, oltre ai missili, c’era anche un progetto propugnato da settori delle forze armate che avrebbero voluto entrare in azione con appalti e installazioni di un arsenale di bombe nucleari senza passare non solo dal Parlamento ma dallo stesso governo.  “In questo quadro, visto che l’Italia non aveva risorse sufficienti per dotarsi di forze militari di primo livello, il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giovanni Torrisi, suggerì di dotare il paese di armi nucleari perché costavano poco e potevano funzionare da deterrente. Anche il dc sottosegretario Bartolo Ciccardini era d’accordo”. Il nome di Torrisi (come quello di Lagorio) è tra gli iscritti alla loggia massonica P2 (tessera n. 631) e risulta anche tra i partecipanti più blasonati, inizialmente nascosti, al golpe Borghese del 1970. Segni evidenti di quella “miscela esplosiva” che preoccupava La Torre attorno e dentro all’operazione Comiso.

Quando La Torre incontrò il cardinale Pappalardo

È in questo clima che Pio va a parlare in segreto – prim’ancora del lancio della raccolta di firme – con il capo della Chiesa siciliana, cardinale Salvatore Pappalardo. Per caso lo vedo entrare accompagnato da Rosario Di Salvo nella sede della curia arcivescovile. Mi si raccomanda estrema riservatezza. È un momento cruciale, Pio chiede e ottiene l’appoggio della Chiesa alla campagna per Comiso. Che si toccherà con mano sin dal primo giorno con un’inattesa sfilata di monache davanti ai quaderni per le prime raccolte di firme al circolo della stampa nel Teatro Massimo. Nelle domeniche siciliane che seguiranno il sagrato delle parrocchie oltre che le sezioni del Pci e le Camere del lavoro in centinaia di Comuni siciliani saranno il teatro dell’iniziativa

Seppi, ma qualche anno dopo, quel che si dissero a porte chiuse Pio e il cardinale (che in quel momento aveva in animo un grande rinnovamento della Chiesa siciliana e della collocazione dei cattolici nella scena politica, programma poi via via abbandonato, come fu soffocato nel sangue lo sforzo di Pio di rinnovare e vivificare la sinistra siciliana). Me l’ha raccontato padre Francesco Michele Stabile, storico della Chiesa e della Sicilia contemporanea, che in quel periodo era una delle eminenze grigie che sostenevano l’ufficio pastorale dell’arcivescovo. In quell’incontro Pappalardo non solo aderisce alle considerazioni preoccupate di La Torre per il motivo della trasformazione della Sicilia in un bersaglio di guerra nucleare quando la base fosse stata installata. Ma concorda con l’emergenza mafiosa e di provocazioni e trame internazionali che ne sarebbero derivate. Proprio quella miscela esplosiva di avventurieri spie e mafiosi che rievocando lo sbarco degli Alleati e il dopoguerra, La Torre ha spesso indicato come scenario inquietante e quasi obbligato del dopo Comiso.


Enrico Berlinguer e Luigi Colajanni 

Le battaglie con Berlinguer dentro il Partito comunista

Mi resi conto – anche per questi motivi in quei mesi – di come La Torre nella sua maniera pragmatica fosse molto più vicino al segretario Berlinguer pur appartenendo a un’area del partito scettica sul rapporto con i cattolici, che invece formava l’impianto del compromesso storico di Berlinguer. Pedinato dai servizi come sospetta spia sovietica fino al 1976, condivideva piu di altri gli strappi compiuti da Berlinguer nei confronti dei sovietici. Io rammento che l’opposizione interna che incontrammo veniva da un’area più sensibile al cosiddetto legame di ferro con l’Urss.

Qualche riflesso di queste difficoltà ci fu anche nei miei rapporti con il mio giornale che pure si avviava ad un processo di complicata ma crescente autonomia. A fine ‘81, inizio ‘82 c’è una riunione a Botteghe Oscure in cui si decide di racchiudere nell’ambito siciliano l’iniziativa della raccolta di firme. Per considerazioni soprattutto di politica interna: la presenza dei socialisti al governo rendeva difficile una proiezione unitaria su scala nazionale.  Per esempio, vi furono durissime critiche da Gian Carlo Pajetta a Pio, cui imputava un certo “codismo” che nel nostro gergo di allora significava mettersi alla coda, essere subalterno al movimento. Mentre ho scoperto con i miei occhi in tante riunioni preparatorie alle quali partecipava La Torre a Comiso e a Palermo, spesso sedendo nelle ultime file, un’insospettabile sua attitudine all’ascolto ad onta della sua fama di burbero legnoso e frenetico organizzatore di movimenti. Con l’ostinazione che alla fine anche i più distanti impararono ad apprezzare, La Torre al suo ritorno in Sicilia mise a frutto l’antico bagaglio giovanile delle campagne di massa per la pace contro la bomba atomica degli anni Cinquanta. Voleva vivificare una struttura di partito che riteneva – così mi disse e non solo a me – “morta nell’uovo”.

I non violenti e l’influenza di Danilo Dolci

Non cominciava da zero. Ben prima del ritorno di Pio avevo assistito alle prime riunioni con il Comitato che era sorto attorno all’ex sindaco di Comiso Giacomo Cagnes, comunista (il suo successore socialista in carica nei giorni di Comiso decantò gli effetti sull’occupazione e sull’economia dell’installazione militare), Il Cudip raccoglieva rapidamente un insolito e variegato mondo di adesioni anche internazionali. Incontrai a Comiso numerose delegazioni di giovani attivisti pacifisti che daranno vita ai primi movimenti per il presidio delle piste sulle quali avrebbe dovuto sorgere la base. Erano riunioni piuttosto complicate. C’era il timore che iniziative isolate potessero bruciare e sprecare le potenzialità di estensione del movimento. La Torre invitava a evitare “colpi di testa”. Mi impressionò che uno dei giovani olandesi mi chiedesse notizie del centro di Partinico di Danilo Dolci, con cui da ragazzo – prima ancora di aderire alla Fgci – nei primi anni Sessanta ero venuto in contatto con le tematiche dell’azione non violenta propugnata da Aldo Capitini, che fu il creatore della marcia Perugia- Assisi e ispirò molte iniziative di Dolci. Curiosamente si trattava del nipote di uno dei “Provos”, gruppo libertario dei Paesi Bassi che realizzò per il disarmo tecniche gandhiane non violente e di disobbedienza civile. Furono, quelli di “Provos”, i primi a salire con striscioni e bandiere sul ponte delle fregate statunitensi alla fonda nei porti europei.

Noi al porto di Palermo tentammo di imitarli un paio di volte. La resistenza passiva, i blocchi stradali, gli uomini sandwich, gli scioperi della fame, quelli a rovescio. E noi facemmo blocchi stradali per il Vietnam già pochi mesi dopo il falso incidente del Golfo del Tonchino, che fecero impazzire la polizia, e che – contrabbandati per atti di violenza – oggi col decreto Salvini ci avrebbero procurato ergastoli.


Il disegno di Renato Guttuso per l’Unità del 1 maggio 1982


Goffredo Fofi, che era a Partinico e al Cortile Cascino con Danilo in anni prrecedenti, ha scritto del rapporto di reciproca influenza che la sinistra siciliana e nazionale riuscì a stabilire con Dolci. Il Pci in cui La Torre cresceva in quegli anni e Dolci, si annusavano, si incontravano, si prendevano e si lasciavano, “si utilizzavano” a vicenda, ha scritto Fofi. Dolci era convinto di poter concorrere al premio Nobel per la pace. Piu volte candidato da ambienti delle socialdemocrazie scandinave, fu respinto per la “macchia” in tempi di guerra fredda di avere ricevuto da giovane un premio Lenin per la pace (pur avendo dichiarato: “non sono comunista”). Tante cose ritornano. L’effervescenza di una generazione nuova, la narrazione distorta di quelle spinte pacifiste, il dileggio. Forse, ma non ne sono sicurissimo, non era ancora stato coniato il neologismo “pacifinti”.

Ho l’impressione che Pio nell’incontrare i pacifisti di Comiso, sia i non-violenti integrali, sia i teorici delle azioni dirette di occupazione dell’aeroporto, si sia sentito negli ultimi mesi della sua vita quasi ringiovanire. Noi a stargli appresso avevamo il fiatone. E lui ringiovaniva. 

Il primo maggio 1982 sotto al mio pezzo che racconta l’assassinio di La Torre e di Di Salvo c’era – su tre colonne in basso – il disegno che lo stesso Pio aveva chiesto a Guttuso di realizzare per il nostro giornale. Come ai vecchi tempi. Un disegno che, se Pio non fosse morto assassinato, avrebbe coperto per intero la prima pagina del primo maggio. È un autoritratto del pittore che sta disegnando la colomba della pace, la colomba di Picasso. Simbolo vecchio e nuovo di quelle battaglie .

 

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Comiso e la lotta contro i missili, pacifismo ieri e oggi. Il Centro studi e iniziative culturali Pio La Torre di Palermo ha aperto e iniziato a pubblicare online sul suo sito www.piolatorre.it un laboratorio di ricerca e dibattito, testimonianze e idee su quegli anni. Il testo che segue rielabora l’intervento al primo “workshop” di Vincenzo Vasile che per la redazione siciliana dell’Unità seguì quegli eventi. 

Strisciarossa.it, 26/10/2025

 

 

 

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