giovedì, ottobre 16, 2025

Stefania Auci: «Palermo è una giungla, a scuola ci sono ragazzi che sanno come comprare una pistola per 200 euro»

La scrittrice Stefania Auci

di Felice Cavallaro

La scrittrice ha parlato del delitto nella classe dove insegna: «È la mitizzazione del "malacarne". Sfilare non basta, ci vogliono veri servizi sociali e la presenza capillare della polizia»

PALERMO - L’autrice dei grandi romanzi sui Florio e sui Leoni di Sicilia, Stefania Auci, insegna in una scuola di Palermo. In un quartiere popolare a rischio. Dove ha parlato dell’ultimo delitto, ieri, in classe, dopo che un giovane dello Zen ha sparato e ucciso per un alterco un coetaneo in un pub a due passi dal Teatro Massimo. 

Questa città rischia di diventare una giungla popolata da ragazzini armati... 
«È già una giungla. Per l’estrema facilità a reperire le armi, a prezzi gestibili, come dicono i ragazzi, sconvolgendo noi docenti. Parliamo di 200, non più di 500 euro, per una pistola».  

Sanno dove trovarla?

«Sanno più di noi. Sanno dove andare prendere la droga. Più diffusa di quanto non pensiamo. E con prezzi sempre più bassi». 

Fa impressione la frase ripetuta ai carabinieri dall’assassino: «Giro con la pistola perché Palermo è violenta».
«È una logica che hanno in molti. Se mi dai un pugno, io ti ti lascio a terra morto, come è accaduto sei mesi fa a Monreale». 

Si parla sempre di disagio giovanile. Immagine che forse non basta per descrivere la giungla.
«Una foglia di fico. Il disagio è quello di interi quartieri. Questi ragazzi vengono dai nostri Bronx: Zen, Zen, 2, Cruillas ed altri dove lo Stato è inesistente perché, a mala pena, c’è solo la scuola che può fare poco per svuotarli dal brodo primordiale in cui nascono». 

Parla delle famiglie di quei Bronx?
«La famiglia è spesso portatrice di un sistema di valori totalmente estranei a quelli della scuola». 

Un buon segno la fiaccolata di domenica, replicata ieri sera nelle strade del centro. Palermo si sveglia come accade per le catene umane nel ’92? 
«Sono due città che non comunicano. Sfilare dal Politeama al Massimo non basta». 

Si deve marciare fra i palazzi dormitorio dello Zen? 
«Da lì bisognerebbe cominciare. Con veri ‘servizi sociali’, con una presenza capillare delle forze di polizia». 

Tra fiaccole e cortei attorno alla mamma del povero ragazzo ucciso si sentiva gridare: «La pena di morte a questi fanghi». E sul luogo del delitto è comparso un catello: «Ergastolo per chi uccide».
«Di questo abbiamo parlato a scuola. Scoprendo che manca la percezione della irrimediabilità dell’evento morte. La logica è la vendetta. Gli amici sono la mia famiglia. Noi contro il mondo. Reagisco e mi faccio il carcere. Sottotitolo: tanto il carcere dura poco». 

Il carcere non fa paura?
«Partiamo da uno stigma diverso, un linguaggio opposto. Non è sub-cultura, è una cultura diversa, con la sua estetica. La barba tagliata in un certo modo, la testa rasata, un tipo di musica...». 

Non temono di perdere la libertà?
«Parliamo della dignità e non capiscono. Le regole? Non me ne frega niente. Chi sta in cella è comunque vittima dello Stato, percepito solo quando si chiedono soldi e posti. ‘Lo Stato ci deve campare’ è il refrain».
 
Il sindaco invoca la necessità di «ricostruire una educazione alla legalità». Ampio programma, ironizzano tanti.
«Non ci vogliono parole, ma fatti. Perfino i servizi sociali che vanno nelle scuole sono armi spuntate. Non li fanno entrare nelle case. Manco le pattuglie s’addentrano». 

Serve un prefetto di ferro?
«Io non sono per la militarizzazione del territorio, sia chiaro, ma c’è un lavoro educativo pauroso da fare. E non sono sicura che potremo riuscirci nemmeno lavorando per 15 anni». 

Come si deve parlare con questi ragazzi che sembrano usciti da Casamonica o da Cinico Tv?
«Le collane d’oro, i motorini truccati, vestiti in un certo modo. Incrociandoli dico a mia figlia di cambiare marciapiede. siamo alla mitizzazione del malacarne».

 Il presidente della Commissione Cultura alla Camera, Federico Mollicone, dice che sono “figli di Gomorra” con un richiamo al libro di Saviano

«Il libro ha 15 anni. Credo che in quelle famiglie nessuno lo abbia letto. Poi è arrivata la serie, poi Suburra, poi Mare fuori...». 

Testi, film e fiction possono creare emulazione? L’assassino di Palermo ha postato frasi di Riina un’ora dopo il delitto. 

«L’emulazione è il grande spauracchio che hanno gli adulti. Siccome non hanno il coraggio di riconoscere le proprie responsabilità, si dà la colpa a Tv e video giochi violenti. Il sistema è marcio già da prima». 

Spieghi.
«Se un bravo ed educato studente di liceo vede un personaggio di Gomorra lo considera un disagiato. Nel mondo dello Zen, un ‘picciotto’ si esalta: minchia quant’è figo». 

Bisogna quindi entrare nel mondo dei vari Zen e cercare di cambiarli?
«I cortei al Teatro Massimo non bastano. Se l’indignazione non arriva a chi è immerso in quel clima non c’è niente da fare. Oggi sono due città che non comunicano, si sfiorano, fanno scintille ma non parlano e si guardano male». 

Corriere della sera, 14 ottobre 2025 

Nessun commento: