Oltre la logica dello scontro c'è una riflessione doverosa da fare sull'operazione presso la sede del centro sociale Askatasuna. Le iniziative di stamane e le dichiarazioni di esponenti come Montaruli e Marrone impongono considerazioni che vanno oltre la semplice cronaca giudiziaria perché, se da un lato l'intervento dello Stato per accertare responsabilità individuali è un atto dovuto, dall'altro non si può accettare che la politica rinunci al suo ruolo di mediazione, riducendo ogni dinamica sociale a una mera questione di ordine pubblico.
La tesi espressa dagli esponenti di FdI, secondo cui il dialogo amministrativo sia un errore o una resa, è una prospettiva che non tiene conto della realtà di una città complessa qual è Torino. Governare significa avere il coraggio di trasformare l'illegalità di fatto in percorsi regolati, proprio come l'amministrazione comunale ha cercato di fare attraverso progetti di rigenerazione urbana. Liquidare questi tentativi come un "patto con i violenti" è una semplificazione ideologica che ignora decenni di vuoto normativo e di conflitti mai risolti dalla sola forza.
È inoltre curioso notare come, nella foga di elogiare l'operazione, la destra scelga di indirizzare i propri ringraziamenti direttamente, e ancora una volta, al ministro dell'interno. Se l'intento fosse davvero quello di tributare un riconoscimento alle forze di polizia per il lavoro svolto, ci si aspetterebbe un plauso rivolto ai loro rappresentanti istituzionali: al Capo della Polizia, ai Questori e soprattutto al personale che opera con sacrificio ogni giorno sul territorio.
Rivolgere invece le lodi a un soggetto politico come il ministro non fa che avvalorare il sospetto che si stiano usando le Istituzioni e le forze di polizia per scopi puramente elettorali, trasformando un atto dovuto di pubblica sicurezza in un ulteriore bonus di parte. Questo approccio rischia di alimentare l'errata percezione di Questori, Prefetti e operatori come soggetti funzionali alla linea politica del momento, mentre le forze di polizia devono restare indipendenti per garantire l'applicazione imparziale della legge. La sicurezza dei cittadini non si garantisce esultando per un'operazione della questura come se fosse un successo di partito, ma costruendo alternative concrete che sottraggano spazi all'illegalità per restituirli alla collettività. La vera sfida non è "colpire", ma saper gestire una convivenza civile che non deleghi ogni problema sociale esclusivamente alle divise, la cui azione deve restare l'estrema e residuale risorsa di uno Stato democratico.

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