mercoledì, dicembre 24, 2025

Barbagallo: “Centrodestra cuffarista. Bravo La Vardera, ma gli dico…”

Anthony Barbagallo

Compleanno e politica. Intervista al segretario del Pd 
Anthony Barbagallo

di Roberto Puglisi


Onorevole Anthony Barbagallo, segretario del Partito Democratico siciliano, il fatto di essere nato alla vigilia di Natale l’ha ristretta nel novero di coloro che ricevono due regali in uno?
“No, sono fortunato, sin da quand’ero piccolissimo, ne ricevo sempre due. E poi unire il compleanno alla magia del Natale rende tutto più bello. 

Auguri, dunque, al segretario siciliano dei Dem che oggi compie cinquant’anni e affronta una capillare intervista. Siamo all’indomani di una travagliata Finanziaria, con gli occhi puntati su un futuro tutto da scoprire.

Onorevole, a Natale siamo tutti più buoni. Mano tesa nei confronti di quelli che, nel Pd, non la possono vedere? Le vicende sono note.
“Il mio compito non è quello di stare simpatico a tutti. Ho la responsabilità di guidare il partito. Il congresso ci ha restituito una linea politica chiara che sta dando i suoi frutti sia nei territori – la festa regionale conclusa dalla nostra segretaria, ha generato sempre più entusiasmo e passione – ma anche nelle aule parlamentari dove il Pd è stato protagonista di battaglie significative, evidenziando le inadeguatezze di Schifani e Meloni nelle rispettive manovre.

Ci aspettano tante sfide, penso alle prossime elezioni regionali e politiche a cui guardiamo con fiducia. In tutti i sondaggi, anche quelli che fanno artatamente senza mettere un candidato presidente del Pd, restiamo il primo partito della coalizione. Spesso faccio paragoni calcistici. Il Pd di adesso mi ricorda la Lazio del ’74. Tensioni interne, sì. Ma quando si scendeva in campo non ce n’era per nessuno. Ecco, in questo Pd siciliano, ognuno sa bene quello che deve fare e come rendere al massimo per sé, per il partito e per la coalizione. Lo si è visto in Ars la scorsa settimana e anche nei territori”.

Il dibattito degli ultimi giorni e la politica in generale risentono di una corsa all’invettiva, quando non all’insulto. La sua idea?
“E’ una delle derive del tempo che viviamo. Io ho cinquant’anni, trentacinque dei quali passati in politica. Ho iniziato prestissimo facendo il consigliere comunale a ventun anni, poi l’assessore comunale a ventiquattro, il sindaco a ventinove. E poi giovanissimo deputato regionale e poi assessore regionale. E’ stata una grande palestra di vita quella degli enti locali. Ci sono politici che hanno il loro zoccolo duro nelle parti sociali, nel mondo dell’impresa, nelle serate giovanili, etc.. Ma formarsi nei comuni è stato un grande dono: non mi è mai passato per la testa di insultare qualcuno. Riflettiamo sui moniti del Capo dello Stato: l’astensionismo è frutto di tante concause, una di queste è la politica degli insulti, l’assenza di confronto nel merito che rende le istituzioni meno credibili”.

Tanto per parlarne, lei si candiderebbe alla guida del centrosinistra per le prossime regionali?
“La vera sfida è quella di mettere da parte i personalismi che creano solo danni. L’abbiamo visto nel 2022, quando il centrosinistra si è sciolto. Il punto di partenza è il tavolo dei segretari regionali alla Festa di Catania la settimana scorsa. Serve immaginare un candidato presidente con le carte in regola, competente, capace di governare una macchina complessa come quella della Regione e che sia in grado di pescare nel 
mare magnum di coloro che non votano, perché si sentono traditi dalla politica”.

L’onorevole Ismaele La Vardera scalpita…
“Io credo che lui stia portando avanti un grande azione politica. Incisiva, coraggiosa, con una comunicazione al passo con i tempi, raccogliendo popolarità e dimostrando coerenza. Attenzione però, Ismaele diventa un valore aggiunto se recupera consensi tra quelli che non votano o che hanno scelto la destra, non se sottrae ceto politico alle altre forze del centrosinistra; sarebbe un errore da matita blu”.

Primarie, sì o no?
“Il Pd ha le primarie nello statuto. Vedremo quale sarà il quadro politico, se ci sarà l’accorpamento con le elezioni politiche o no e quale sarà la legge elettorale. Le primarie potrebbero essere derogate solo da una straordinaria convergenza su un nome con una condivisione amplissima. Ne parleremo negli organismi, in ogni caso, dovremo puntare su nomi di altissimo livello, aprendoci ancora di più alla società civile. Mi lasci dire una cosa”.

Prego.
“Con tutto il rispetto, basta con i miti dell’antimafia. La migliore antimafia va praticata ogni giorno, specialmente in un tempo di scandali e inchieste come questo con un’azione politica credibile”.

Secondo lei, la Sicilia, tolta la patina dell’indignazione, sarebbe pronta a sostenere i costi di una vera politica a salvaguardia dei diritti e dei doveri, non più dei favori?
“Sì, è questa la nostra ambizione; anche perché i guasti di un vecchio sistema rappresentano il vero e insopportabile costo. Penso alla sanità siciliana che presenta una sconfitta quotidiana, con gli ospedali territoriali trasformati nei comitati elettorali del politico di turno. E chi troviamo ai vertici? Gli stessi di sempre. Occorre resettare tutto, affidarsi ai migliori, promuovendo un cambio generazionale che dia le giuste responsabilità ai giovani, siciliani e non. Questo vale per tutta la burocrazia. Parchi Archeologici e Naturalistici compresi. Noi dobbiamo avere la forza di proporre un metodo nuovo che vada oltre questa classe dirigente responsabile di orrori e fallimenti”.

Tutta colpa del centrodestra?
“Che questi metodi antichi siano la sostanza del centrodestra è chiarissimo. Nelle intercettazioni, in calce alle inchieste, risulta lapalissiano: parlo di politica, in attesa dei pronunciamenti dei giudici. Cuffaro ha un nome che fa notizia, ma tutto il centrodestra è cuffarista. E sa qual è l’elemento in comune delle intercettazioni?”.

Quale?
“Non si parla mai, in migliaia di pagine, nemmeno per sbaglio, di bene comune. Non c’è una frase, un riferimento, un dettaglio. Niente. E poi c’è il mistero di come alcuni soggetti costruiscono consenso. In trentacinque anni di politica, ho visto gente che non ha mai fatto un intervento in aula, un disegno legge significativo, e poi ottiene decine di migliaia di voti. Un mistero che si annida nel sottobosco delle clientele, della logica del favore e non del diritto che siamo chiamati – oggi più che mai – a rompere e denunciare”.

Siamo all’indomani della Finanziaria…
“E’ stata una guerra per bande, con una maggioranza in tilt come una nave in tempesta senza nocchiero. Ognuno ha colmato il vuoto per sé, pensando al proprio destino personale. Il presidente della Regione se n’è lavato le mani. Ero anche io agli auguri al Quirinale e sono rimasto senza parole quando l’ho visto arrivare. Nel momento decisivo della manovra, quando serviva individuare le priorità, le scelte più significative nell’esclusivo interesse dei siciliani, lui se l’è data a gambe. E’ evidente che Schifani non controlla più niente. Ecco perché chiediamo le dimissioni. La Sicilia non può resistere e affrontare un anno e mezzo così, tra uno scandalo e l’altro. L’Ars è diventata un Vietnam per il governo. La gestione dell’Aula durante la manovra è stata la vera sfiducia politica per Schifani. Le uniche norme di buon senso sono passate grazie al voto del Pd. Altrimenti non avrebbero toccato palla ”.

Torniamo sul centrosinistra: come sta, secondo lei?
“Si presenta un’occasione storica, abbiamo la possibilità di essere maggioranza assoluta, perché i siciliani sono stanchi e stufi. Tutto va a rotoli. Vuole un dettaglio?”.

Dettagli pure, segretario.
“Quando mi insediai nell’ottobre del 2012 all’Ars il fondo per gli enti locali, con un miliardo in dotazione, era più di tre volte superiore a quello attuale. I comuni vivono i drammi nella frontiera della fragilità e non hanno risorse. Dobbiamo garantire un sostegno equo in base alla popolazione a tutti i comuni siciliani. Serve discontinuità nel metodo di governo a partire da scelte come queste”.

Mega-festa per il cinquantesimo?
“Starò con gli affetti e gli amici di una vita”.

LiveSicilia, 25/12/2025

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