Fabio Geraci
Ventuno persone in carcere e altre quattro agli arresti domiciliari. L’ordinanza firmata dal Gip Antonella Consiglio mette il punto sull’inchiesta che ha ricostruito il ritorno del racket delle estorsioni nel mandamento della Noce e il traffico di stupefacenti a Brancaccio con i canali di approvvigionamento di cocaina e hashish che, dalla Campania, arrivavano fino alle province di Catania e Trapani.
Le misure sono l’esito delle udienze di convalida dei fermi disposti nell’ambito dell’operazione della polizia che, nei giorni scorsi, aveva portato a cinquanta arresti.
Per la Noce, il giudice ha deciso la custodia cautelare in carcere per dieci degli undici indagati: il capomandamento Fausto Seidita e il suo braccio destro Salvatore Peritore; Cosimo Semprecondio; Vincenzo Tumminia, indicato al vertice della famiglia di Altarello; Paolo Bono; Girolamo Quartararo; Dario Pietro Bottino; Carlo Castagna e Benedetto Di Cara. L’unico a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari è Pietro Di Napoli, il vecchio boss che ha da poco compiuto 86 anni.
Nel filone che riguarda Brancaccio, sono finiti in cella in undici. Si tratta di Mario Macaluso, ritenuto colui che gestiva il rifornimento e lo spaccio nel quartiere anche mentre si trovava ai domiciliari; di Salvatore Candura, uno dei falsi pentiti sull’attentato al giudice Paolo Borsellino e della figlia Maria; e di Antonino Augello; Giuseppe e Onofrio Bronzollino; Massimo Ferrazzano; Guglielmo Giannone; Antonino e Pietro Marino e Giuseppe Pitarresi. Per Francesco Lo Monaco, Francesco Oliveri e Mario Ferrazzano sono stati disposti gli arresti domiciliari.
Le indagini hanno svelato anche il riassetto interno del mandamento della Noce dopo gli arresti di aprile che avevano già inferto un duro colpo all’organizzazione. Secondo quanto è emerso dalle intercettazioni, i mafiosi avevano ricominciato a muoversi con gli incontri riservati, convocati anche nei magazzini messi a disposizione da altri sodali compiacenti.
Nello spazio lasciato vuoto dalla cattura di Giancarlo Seidita, al timone di comando della Noce si era inserito il fratello Fausto che stava riprendendo i contatti e cucendo i fili con gli altri «picciotti» di Cosa nostra a Cruillas, Malaspina e Altarello. L’allarme era stato lanciato dai volontari di Addiopizzo che avevano colto alcuni segnali preoccupanti mentre distribuivano lettere e volantini invitando i commercianti a farsi avanti. Elementi che hanno fatto scattare gli accertamenti.
Sei estorsioni, infatti, sono state documentate senza che nessuna vittima presentasse denuncia. Le richieste, rivolte a negozi e piccole attività, oscillavano tra 500 e 1.200 euro, con scadenze concentrate soprattutto nei periodi festivi. Gli esattori, in base a quanto si intuisce dalle conversazioni captate, avevano adottato una strategia all’insegna della prudenza. Per prima cosa non pretendevano somme troppo elevate che potevano «strozzare» i taglieggiati e soprattutto selezionavano gli esercenti scegliendo solo quelli considerati meno inclini a rivolgersi alle forze dell’ordine. Per l’accusa sarebbe il segnale della capacità delle cosche di rigenerarsi e di adattarsi ai tempi, mantenendo intatti i meccanismi di controllo del territorio.
Sul fronte del traffico di droga, l’attenzione si è concentrata sulla rete di pusher che aveva la propria roccaforte a Brancaccio e allo Sperone. Per le strade sfrecciavano motorini e automobili piene di droga destinata ai clienti o nei box in cui veniva stoccata. Uno di questi era all’interno di un residence in via Belmonte Chiavelli. Ma le piazze di spaccio si erano evolute in un market digitale capace di sfruttare piattaforme come Telegram per ordinare hashish e cocaina ma anche per vendere gli stupefacenti mostrando i prezzi come in un qualsiasi store online. Un vero e proprio supermercato sul web con tanto di saldi, promozioni e aggiornamenti in tempo reale su quanta «merce» fosse rimasta. C’era perfino il servizio di delivery o taxi. Il primo prevedeva un appuntamento in un luogo concordato con lo spacciatore che, in sella a uno motorino o uno scooter elettrico, raggiungeva l’acquirente. Il secondo, nuovo e mai sperimentato fino ad ora, consisteva nel prelevare il consumatore per portarlo in un bar della zona di Bonagia. Lì avvenivano consegna e pagamento: concluso l’affare, l’autista lo riportava indietro.
GdS, 17/12/25

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