venerdì, dicembre 26, 2025

Franca Viola: “La mia vita diventata un film per un matrimonio rifiutato”

Franca Viola nel 1965

dall’inviato di Repubblica Tano Gullo

R50 / Il 26 dicembre 1965, ad Alcamo, venne rapita e violentata la diciottenne siciliana che divenne simbolo dell’emancipazione femminile respingendo, per la prima volta in Italia, le nozze riparatrici. Riproduciamo l’intervista pubblicata sul nostro quotidiano il 22 aprile 2002

ALCAMO (TRAPANI). Riemerge dal rifugio in cui era scomparsa 37 anni fa, all'improvviso. Eccola Franca Viola sulla soglia mentre rientra con una tazzina vuota del caffè che ha appena portato a Piera, amica dirimpettaia. La casa è una moderna palazzina di Alcamo, 45 mila abitanti. La facciata grigio perla ben rifinita e i balconi curati sono spia di un benessere solido. La ragazza che nel 1965 stupì l'Italia rifiutando le nozze riparatrici con il rapitore stupratore, Filippo Melodia, rampollo di una famiglia mafiosa e che fece il primo passo nell'impervio sentiero del cambiamento delle donne siciliane, oggi è una bella signora di 56 anni.

Figura snella, denti bianchissimi, sorriso solare, capelli biondi raccolti sulla nuca, occhiali dorati, vestiti sobri per l'ozio domenicale. Franca Viola sfoglia il libro di Marta Boneschi (Di testa loro, Mondadori) che la indica tra le 10 donne che hanno fatto il Novecento e accetta di parlare della sua storia nel tinello della casa vicina, «Da me no, non voglio disturbare i miei...».

Signora Viola, è consapevole che col suo rifiuto ha dato il via alla riscossa delle donne del Sud, fino allora sottomesse e senza voce?


«Capisco di avere fatto una cosa importante solo quando me lo dicono gli altri. Per me ho fatto la cosa più normale del mondo».

Cioè?

«Rifiutare di sposare un uomo che non amavo e nei cui confronti covavo un grande risentimento per le violenze che mi aveva inferto. Le sembra così eroico?».

Francamente sì, considerando i tempi. Non è che le donne negli anni Sessanta in Sicilia potessero esprimersi liberamente.

«È vero. I tempi erano difficili. C' era la paura che dopo il rapimento e la violenza la donna fosse disonorata e quindi destinata a rimanere zitella per tutta la vita».

Lei non ha temuto di restare sola per sempre?

«Si, ma non me ne fregava niente. Avrei preferito mille volte vivere da nubile a casa dei miei genitori piuttosto che sposare un uomo che mi ispirava brutti sentimenti».

Oggi crede ancora nell'amore?

«Più di prima. Ho avuto la fortuna di incontrare Giuseppe, un uomo meraviglioso. Ogni giorno del nostro matrimonio è stato, ed è, felice. Lui sì che ha fatto un gesto più importante del mio».

Perché? 

«Io non ho fatto altro che reagire a un torto. Lui, invece, ha sfidato la mentalità del paese, mettendosi contro tutti. Anche contro la morte».

La morte?

«Non dimentichi chi era la gente contro cui ci siamo ribellati. Si, ha rischiato la vita. Lui è il vero eroe e non io».

Il suo rapitore, dopo la condanna e il carcere, nel 1978 è stato ucciso vicino Modena. Lei ha avuto più a che fare con i Melodia?

«Mai».

Quando pensa al suo rapimento, cosa le viene in mente?

«Tutto quello che ho vissuto minuto per minuto. È come se la mia storia fosse un film che io rivedo in ogni particolare. Ma, tranne gli otto giorni della segregazione, i ricordi non mi mettono angoscia».

Ma gli otto giorni...

«Sono stati terribili. Solo la fede in Dio mi ha salvato dalla disperazione. L' ho detto a papa Paolo VI, che nel 1968, durante il viaggio di nozze con Giuseppe, ci ricevette in udienza privata. In quei maledetti otto giorni ho provato tanta paura, ma appena libera ho riassaporato la gioia di una vita normale. Sapevo che sulla vicenda, i miei amici si erano spaccati: chi mi dava torto e chi ragione. Ma di questo non mi importava assolutamente niente. Per me contava essermi sottratta a un destino infelice. L' unica cosa che mi interessava era realizzare i miei sogni di ventenne. Mi sono ribellata per non rinunciare a una speranza di felicità».

Dopo di lei tante donne hanno avuto il coraggio di sollevare la testa. Di rifiutare le nozze riparatrici dopo la «fuitina». Ne è fiera?

«In un certo senso sì. Non posso che provare solidarietà nei confronti di chi difende la propria dignità. Le donne in Sicilia e ovunque hanno fatto passi da gigante. Ma il cammino non sempre è facile. Dopo di me, qui ad Alcamo un'altra ragazza rapita e "disonorata" ebbe la forza di dire no al rapitore. Si chiama Piera, ma è stata meno fortunata di me, non si è mai sposata».

Come è stata la sua vita dopo il gran rifiuto?

«Tranquilla. Ho fatto di tutto per difendere la mia tranquillità e quella della mia famiglia. Ho un marito che fa il commercialista e due figli, Sergio di 32 anni, precario alla Regione, e Mauro di 26, studente in Scienze naturali. Il più grande tra poco mi renderà nonna. Si può immaginare come mi sento. Abita al piano di sopra e non vedo l'ora di godermi il nipotino».

I suoi figli come hanno saputo della sua disavventura?

«Glielo raccontata io appena hanno cominciato a capire».

Dopo il matrimonio lei si è eclissata. Ha cambiato quattro case.

«Non sono mai fuggita da nessuno. Non ho nulla di cui vergognarmi. Le case le ho cambiate per motivi di comodità».

Ma il paese ha ancora rapporti difficili con lei. Nessuno dice di conoscerla, nessuno vuole ricordare. Forse lei è lo specchio che mette a nudo la cattiva coscienza del paese?

«Non lo so, lo chieda a loro. Io parlo solo con gli amici. Quelli con i quali sabato sera esco, per la pizza, la cena, come tutte le famiglie normali. Diciamo che ho evitato che la mia vita diventasse un qualcosa da esporre. Non ho mai voluto speculare su quello che mi è accaduto. Per questo ho sempre rifiutato interviste e apparizioni in tv. Non c' è nulla di eroico nella mia vita».

Eppure la sua storia è diventata un film «La sposa più bella». Lo ha visto?

«Si, ma la trama non era fedele, che c' era qualche spunto. Sono compiaciuta di essere stata interpretata da Ornella Muti, una bellissima donna. Ma allora mi adirai e molto».

Perché?

«Perché nel film la protagonista si chiamava Francesca, come me, che in quegli anni ero su tutti i giornali. Mi sentii ferita e protestai con la produzione. Mi dissero che era il nome vero di Ornella Muti, che infatti si chiama Francesca, così non potei adire alle vie legali. Le rivelo un retroscena: la parte dovevano darla alla sorella della Muti, Luisa, popolare attrice di fotoromanzi, ma proprio per evitare querele scelsero Ornella Francesca. Da lì cominciò la sua carriera».

Quali sono i suoi hobby, le sue letture?

«Ho sempre fatto la casalinga e tirare su due figli non mi ha lasciato molto tempo libero. Quando posso, comunque leggo la Bibbia».

la Repubblica, 26 DICEMBRE 2025 

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