giovedì, dicembre 18, 2025

La mafia non è una fatalità. Il Cep ricorda la giornalista Giuliana Saladino


Giovanna Cirino

Si può essere ricordati per svariati motivi, nel caso della giornalista palermitana Giuliana Saladino non è solo per la passione profusa nel suo lavoro, o per aver affrontato tematiche “scottanti” per i tempi che viveva: la condizione ed emancipazione femminile, il corpo delle donne, l’essere giornalista in una città difficile senza farsi intimidire. 

Saladino è molto di più, è una postura morale rappresentata dal suo impegno civile e politico, dalle sue riflessioni che anticipavano i tempi. Una voce spesso scomoda ma necessaria che parlava alle coscienze. 

Nel centesimo anniversario della sua nascita gli studenti del Cep dell’I.C.S che porta il suo nome, l’hanno ricordata ieri nell’incontro «Scrittura creativa e giornalismo d’inchiesta», introdotto dal dirigente scolastico Giusto Catania, al quale hanno preso parte il docente universitario Matteo Di Gesù e i giornalisti Piero Cascio, Fabrizio Lentini e Franco Nicastro. La docente Alessandra Primavera ha presentato il numero monografico a lei dedicato del «Giornale Civile», il periodico realizzato dagli alunni della scuola che contiene anche un’intervista alla giornalista Bianca Stancanelli, autrice del pamphlet «Giuliana Saladino. La magia della scrittura nel fuoco della battaglia civile», pubblicato da Sellerio: «Bisogna continuare a rinnovare la memoria affinché il suo straordinario impegno non cada nell’oblìo. Certamente la scuola che porta il suo nome continuerà a trasformare il suo messaggio militante in una missione pedagogica», ha dichiarato il preside Catania.

La memoria diventa quindi impegno educativo, le nuove generazioni di studenti e di futuri giornalisti imparano a conoscere la forza di inchieste come quella pubblicata nel libro «Romanzo politico: De Mauro, una cronaca italiana» in cui Saladino non cerca colpi di scena, preferisce con rigore e lucidità parlare del meccanismo del silenzio che avvolge Palermo e l’Italia intera, restituendo un contesto non così lontano da quello presente: intrecci di potere, ambiguità istituzionali, responsabilità, corruzione. Raccontare la mafia non come un destino antropologico, ma come un sistema di potere. Raccontare Palermo non come una città maledetta, ma come una comunità ferita, che però è capace di reagire. Nel corso della mattinata spazio alle letture tratte da Romanzo politico e dalle Interviste alle donne palermitane pubblicate dal quotidiano L’Ora nel 1969. L’attività è stata curata dal regista e attore Gigi Borruso insieme agli allievi del Laboratorio DanisinniLab - Teatro Studio, con musiche dal vivo di Giacco Pojero. L’impegno antimafia è emerso forte come la sua scrittura decisa, non urlata, carica di verità. Saladino non ha mai accettato l’idea della mafia come fatalità regionale, scrive invece di struttura nazionale, protetta da complicità nei piani alti del potere. Palermo le deve tanto, fosse solo per quella lezione attualissima che la cultura non è un ornamento, bensì un argine. Contro le peggiori abitudini. 

GdS, 17/12/2025

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