Enorme perdita, la scomparsa a 88 anni di Goffredo Fofi, per noi, per me anche se ci siamo sempre soltanto sfiorati per ragioni anagrafiche: proprio ora stavo rileggendo le carte di polizia che scoperse commentò e pubblicò qualche anno fa, relative alle prime attività pacifiste e non violente di Aldo Capitini.
E della sua rete nazionale in difficoltosa e stentata ma eroica costruzione “dal basso”, di cui faceva parte l’altro “Gandhi italiano”, Danilo Dolci. Con lui Fofi lavorò giovanissimo nel borgo di poveri pescatori di Trappeto (Palermo) a Partinico e a Palermo negli anni Cinquanta. In nome degli ultimi, al fianco dei dannati della terra. Erano i tempi dei digiuni e degli scioperi a rovescio che furono repressi con anni di carcere manganelli e manette.
Non-violenza divenuta di nuovo scomoda e da incarcerare sotto il governo Meloni-Salvini. Pacifismo adesso nuovamente sottoposto al dileggio dei media con la storpiatura “pacifinto”, battutaccia concepita all’interno di circoli di sedicenti “riformisti” giornalisti e intellettuali. Nel 2013 Goffredo Fofi aveva scritto su di loro - e specularmente anche su di noi, su tutti noi - uno sconsolato ritratto: “Scomparse le credibili figure di riferimento – i Calvino e i Pasolini, gli Sciascia e i Fortini, le Morante e le Ortese, i Silone e Chiaromonte, i Bobbio e i Capitini e quei politici che osarono essere anche intellettuali, i Foa e i Basso e i Panzieri – gli intellettuali si sono rapidamente divisi in due categorie rigidamente interne ai meccanismi del potere e della riproduzione borghese: professori universitari (baroni) e giornalisti (servi di questo o quel padrone politico o pubblicitario, e succubi della tv). E in guru e in opinion makers, parodistici aggiornamenti dentro l’orbita del potere mediatico. Lo spirito e la cultura (come merce consolatoria) vanno oggi più forte che mai, e non trovano altre barriere che quelle interne alla logica del potere, del capitale”.12 luglio 2025

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