di ROBERTO LEONE
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| Alberto Stabile |
Quando tornava nel salone di cronaca del giornale L’Ora, dove aveva iniziato a lavorare nel 1971, nei panni di inviato di Repubblica, dopo che Scalfari lo aveva chiamato nel gruppo dei fondatori nel 1976, Alberto Stabile, morto ieri a 78 anni, non riusciva a non ripetere quelle abitudini che si erano consolidate alla scuola di Vittorio Nisticò. E non parliamo solo della capacità di trovare le notizie, saperle incrociare e leggere nel profondo, ma anche quella del tormento della scrittura, in particolare dell’attacco del pezzo, affinché fosse godibile, sin dalle prime righe che dovevano attrarre il lettore in modo irresistibile.
Accadeva, quindi, che mentre il pavimento sotto le vecchie scrivanie di metallo si riempiva di fogli di carta quasi del tutto bianchi, strappati dal carrello della macchina da scrivere, sul tavolo erano sempre pieni due bicchieri, uno con il whisky e uno con acqua e ghiaccio. E c’era da immaginarsi che sul salone aleggiasse il fantasma di Mauro De Mauro, il re dei cronisti de L’Ora, rapito la sera del 16 settembre del 1970 e mai ritrovato. La lezione giornalistica e lo stile di vita di De Mauro erano stati tramandati ai giornalisti dell’Ora che Stabile incontra all’inizio di quegli anni Settanta a cominciare da Sergio Buonadonna e Ciccio La Licata, ma soprattutto Nino Sofia, nerista di gran classe con il quale Alberto Stabile va a formare una formidabile coppia sotto la guida di Vittorio Nisticò.
Caratteri diversi: riservato, ed elegante Alberto, alla mano e scanzonato Nino, ma stesso fiuto per la notizia, rigore assoluto nel racconto senza fronzoli. Stabile dopo i primi mesi passati a scrivere per le pagine della “ Scuola”, dove era approdato per caso per raccontare l’occupazione del pensionato universitario, nel 1973 passa alla giudiziaria: Nisticò lo manda in tribunale a sostituire Roberto Baudo.
Si occuperà nel corso di quegli anni di tutte le inchieste più importanti, dell’assalto della speculazione edilizia al centro di Palermo, degli sviluppi della prima guerra di mafia e della strage di viale Lazio, degli intrecci tra la politica e le cosche, e in primo luogo di Vito Ciancimino, dei sequestri Cassina e Corleo. Cronache da un palazzo che sta per diventare quello dei veleni e dove ad occuparsi di mafia sono ancora in pochi. A differenza deL’Ora che punta proprio sulla coppia Stabile- Sofia, che si dividerà alla fine del 1979 quando Alberto, che da tre anni è il corrispondente dalla Sicilia per la neonata Repubblica, lascia Palermo e approda a Roma alla corte di Scalfari. Nel frattempo, è diventato tra i più affidabili cronisti della realtà siciliana, con la capacità di raccontare le pieghe della palermitudine. E oggi tutti i colleghi del quotidiano del pomeriggio lo ricordano con affetto, commozione e soprattutto stima: «Chi è stato allo Zen e lo ha raccontato, a Gaza è a casa sua, parla la stessa lingua » , dice Daniele Billitteri, riferendosi agli anni di Stabile in Medio Oriente. E Sergio Buonadonna aggiunge: « In quel periodo, noi giovani dell’Ora, eravamo degli incoscienti, ma anche coraggiosi. E Alberto quel coraggio non l’ha mai perso. Ad esempio quando mettere piede in Siria, significava rischiare la propria vita». Vincenzo Vasile, compagno di banco all’Ora prima di passare all’Unità, si commuove nel ricordare i primi passi: «Nel 1972 quando ci siamo ritrovati nello stanzone de L’Ora, io imparavo da lui, dai suoi primi articoli, riga per riga, che il segreto è sempre raccontare tutto quello che vedi: le facce dei mafiosi alla sbarra, le grida dei familiari, i sorrisi degli avvocati».
La Repubblica Palermo, 10 luglio 2025

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