sabato, luglio 19, 2025

Corleone, la lotta antimafia non deve fermarsi. L’intervista a Dino Paternostro: “Impegniamoci per una Corleone e una Sicilia libere dalla mafia…”

Dino Paternostro

Nell’anniversario della strage di via D’Amelio proponiamo l’intervista rilasciata da Dino Paternostro ad Alex Ribaudo, uno studente di UniTo, di origine corleonese. 

di ALEX RIBAUDO


Dino Paternostro, una voce che risuona con forza dalle terre di Corleone, è molto più di un semplice sindacalista e giornalista. La sua vita è un intreccio di impegno civile, lotta contro la mafia e difesa della memoria storica. Cresciuto in un territorio segnato dalla presenza mafiosa, ha scelto di non cedere alla paura, ma di trasformare la sua indignazione in azione. La sua attività sindacale, prima come segretario della Camera del lavoro “Placido Rizzotto” di Corleone e oggi come responsabile del dipartimento Archivio e Memoria storica della Cgil di Palermo è stata un baluardo nella difesa dei diritti dei lavoratori e nella promozione della legalità. Grazie alla sua intervista ci ha permesso di mettere alla luce le storie di chi ha pagato con la vita la sua opposizione alla criminalità organizzata. Oggi la sua voce continua a essere un faro per chi crede in una Sicilia libera dalla mafia e questa testimonianza di passione e determinazione, ci ricorda che la lotta non è ancora finita.

Dino Paternostro: una storia di resistenza

  • Lei è una figura di riferimento nella lotta alla mafia e nella difesa della memoria storica. Cosa l’ha spinta a intraprendere questo percorso?


“Da ragazzo, a Corleone, a volte mi sentivo stretto tra la paura e la vergogna: paura della mafia che sparava per le strade e vergogna di poter essere accomunato ai mafiosi e ai loro complici. Sono riuscito a spezzare questo cerchio con la scoperta dell’antimafia “sconosciuta” di Corleone, animata da personaggi come Bernardino Verro, uno dei leader del movimento dei fasci dei lavoratori di fine ‘800 in Sicilia e primo sindaco socialista di Corleone nel 1914, ucciso dalla mafia un anno dopo; o come Placido Rizzotto, partigiano e poi segretario della Camera del lavoro di Corleone, ucciso dalla feroce mafia del feudo di Navarra e Liggio nel 1948. Sono stati loro ad organizzare i contadini e ad ottenere i primi successi nella lotta per la terra. Ecco, mi sono sentito, ci siamo sentiti espressione di questa Corleone, di questa Sicilia, capaci di ribellarsi e lottare con orgoglio e con coraggio contro la mafia. E abbiamo cercato di coniugare la memoria con l’impegno a continuare qui ed oggi la lotta contro i poteri criminali.”

L’Evoluzione della mafia e i nuovi pericoli

  • In che modo la mafia è cambiata negli ultimi decenni? Ci sono nuovi pericoli che sottovalutiamo?


“Da tempo la mafia non è più quella rurale del secondo dopoguerra. Si è trasformata, ha invaso le città, ha innalzato la “linea della palma” – per dirla con lo scrittore Leonardo Sciascia – fino a raggiungere l’intera Italia e tanti Stati europei. Mantiene sempre la caratteristica dei forti legami col potere politico. La mafia senza i suoi intrecci con la politica sarebbe semplice criminalità, che lo Stato potrebbe sconfiggere facilmente. Purtroppo da sempre ci sono stati e ci sono pezzi di Stato in combutta con i mafiosi. Oggi la mafia spara meno, ma fa più affari ed usa con abilità gli strumenti dell’informatica per “viaggiare” più facilmente in tutto il mondo. Questo viene sottovalutato dall’opinione pubblica, col rischio di un calo di tensione nella società civile rispetto alla “rivolta morale” del dopo stragi.”

Corleone: oltre il mito mafioso

  • Il nome Corleone è spesso associato alla mafia, ma esiste anche una “Corleone antimafia”. Può raccontarci questa realtà?


“Corleone è indissolubilmente legata alla mafia, ma ha anche una storia di forte resistenza che spesso viene oscurata. Figure come Bernardino Verro e Placido Rizzotto hanno guidato le lotte sindacali contro lo sfruttamento mafioso, organizzando i contadini e ottenendo conquiste importanti come i “Patti di Corleone”. Servitori dello Stato come Giovanni Frisella Vella hanno contrastato la criminalità, pagando con la vita. La comunità ha risposto con cooperative agricole e di consumo, cercando di migliorare le condizioni di vita e di lavoro. Corleone ha anche reagito con forza alla mafia stragista degli anni ’90, quella di Riina Provenzano, con la società civile che si è ribellata, portando a cambiamenti politici significativi come l’elezione del sindaco Pippo Cipriani nel 1993. Nonostante la persistenza della presenza mafiosa e le difficoltà, come dimostrato dallo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni nel 2016, ci sono segnali di speranza, soprattutto tra i giovani che dimostrano una nuova mentalità lontana dalla criminalità.”

Educare alla legalità: l’esempio e la scuola

  • Secondo lei come si può educare alla legalità?


Il migliore metodo educativo è l’esempio, che le istituzioni e i partiti dovrebbero saper dare ai cittadini. Purtroppo non sempre avviene, anzi in questi ultimi anni abbiamo numerosi esempi contrari in tutti i settori: dal governo, al parlamento, alla magistratura, alle imprese. Un presidio di legalità importante è in Italia la rete scolastica, le migliaia e migliaia di maestre e maestri, che rappresentano quell’esercito (di cui parlava Gesualdo Bufalino) capace di farci vincere la guerra contro la mafia. Ne abbiamo un esempio a Corleone, dove da più di vent’anni la nostra scuola dell’infanzia ha inserito nel piano dell’offerta formativa lo studio delle lotte contadine e della figura di Placido Rizzotto. È commovente, ogni anno per l’anniversario dell’uccisione del segretario della Camera del lavoro, vedere i bambini esporre in piazza a Corleone i loro disegni e recitare le loro poesie,dove Rizzotto viene indicato come eroe e Liggio, Riina e Provenzano come criminali.” 

Appello alla società e ai mafiosi

  • C’è un messaggio che vorrebbe lanciare ai cittadini e alle istituzioni per rafforzare la lotta contro la criminalità organizzata?


“Vorrei lanciare un messaggio ai cittadini e alle istituzioni. Ed un altro messaggio ai mafiosi. Ai primi vorrei suggerire di costruire con grande determinazione una società aperta, inclusiva, capace di costruire sviluppo e lavoro “pulito”, come stanno provando a fare la rete delle cooperative di “Libera”, che stanno dimostrando come i beni confiscati (voluti da Pio La Torre) possano essere capaci di produrre lavoro e sviluppo nella legalità. Ai mafiosi vorrei dire che insistere nelle loro attività criminali non conviene più nemmeno a loro. La storia dimostra che prima o poi vengono arrestati, condannati a lunghi anni di carcere se non all’ergastolo. Ormai la legislazione antimafia del nostro Paese, frutto delle qualità etico-professionali di personaggi come Pio La Torre e Cesare Terranova, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (e tanti altri), non dà tregua alle mafie. Sarebbe ora che i mafiosi capissero che non c’è più un futuro per loro. Capissero l’utilità di provare ad offrire un futuro migliore ai loro figli e alle loro famiglie, piuttosto che paura, sangue e morte.”

Preservare la memoria: un impegno per il futuro

  • La memoria delle vittime della mafia è un pilastro del suo impegno. Come si può mantenere viva questa memoria, soprattutto tra i giovani?


“Per mantenere viva (e in sicurezza) la memoria dei caduti nella lotta contro la mafia è necessario un forte ed organico rapporto con le scuole, facendo in modo che questa storia e le loro storie diventino parte in maniera strutturale dei programmi scolastici. Sarebbe bello che ogni scuola potesse “adottare” un caduto nella lotta contro la mafia, adoperandosi per tenerne viva la memoria. A Corleone abbiamo cominciato a farlo. Abbiamo cominciato a farlo anche a Palermo. Sarebbe il caso che ci fosse un provvedimento da parte del ministro dell’istruzione e degli Uffici scolastici delle varie regioni. Non è facile. Ma noi dobbiamo insistere.”

Le parole di Dino Paternostro non sono solo un messaggio di speranza, ma la prova che la resistenza è possibile, che il cambiamento è a portata di mano. Sta a noi, con il nostro impegno, con la nostra memoria, con la nostra sete di giustizia, raccogliere il testimone e costruire un futuro libero dalla morsa della criminalità organizzata. Perché, come ci insegna la storia di Corleone, anche dalle terre più oscure possono germogliare i semi della ribellione e della rinascita.


È importante ribadire questi concetti oggi nella giornata dedicata al ricordo della strage di via D’Amelio, dove la mafia uccise PAOLO BORSELLINO, WALTER EDDIE COSINA, EMANUELA LOI, CLAUDIO TRAINA, VINCENZO LI MULI, AGOSTINO CATALANO.


Giornalismo unito (UniTo) 19 MARZO 2025


Corleone, la lotta antimafia non si ferma: l’intervista a Dino Paternostro – Giornalismo Unito

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