![]() |
| Cerimonia del disarmo del Pkk |
TURCHIA Il presidente turco per le pagine più buie della guerra contro il Pkk accusa i predecessori
«Le cose migliori devono ancora arrivare. Noi dell’Akp (il partito di maggioranza, ndr) insieme ai partiti Mhp (alleato, ndr) e Dem (partito filo-curdo all’opposizione, ndr), abbiamo deciso di percorrere questa strada insieme. Ci sono difficoltà, ma unendo le mani supereremo gli ostacoli. Non c’è più bisogno di stringere i pugni.»
Un discorso da processo di pace, si direbbe, ma che nel lessico del presidente non viene mai chiamato così: per Erdogan è il percorso verso una «Turchia senza terrorismo». Ha parlato di «Turchia grande, Turchia forte», di inizio di «un secolo turco». E come previsto ha rivendicato come una vittoria il disarmo del Pkk: «La Turchia ha vinto. 86 milioni di cittadini hanno vinto».
«IL LEADER FONDATORE del Pkk ha
mantenuto la parola data e previsto per tempo le minacce globali e regionali» ha affermato il leader dell’Mhp Devlet Bahçeli, commentando la cerimonia di disarmo di venerdì. Erdogan ha invece mantenuto un linguaggio che sembra calibrato per convincere il suo elettorato a supportare il processo. Tuttavia un passaggio è stato particolarmente inatteso: un’ammissione degli errori dello Stato turco, che arriva dopo decenni di negazioni e che tocca simboli mai evocati a cuor leggero nella storia recente della Repubblica.«Dopo il primo attacco del 1984 – ha detto il presidente turco – il terrorismo in Turchia è aumentato di giorno in giorno. Da allora, tutti i governi che si sono succeduti hanno promesso di sradicare il terrorismo. Ma il terrorismo non è stato sradicato. Certo, alcune delle cattive condotte dello Stato hanno avuto un ruolo. Il massacro delle Beyaz Toros è tra queste, gli omicidi irrisolti e la prigione di Diyarbakır sono tra queste».
Beyaz Toros: due parole che per intere generazioni di curdi, e non solo, evocano uno dei capitoli più bui della storia della Turchia. Le Toros bianche, le Renault 12 prodotte dal colosso militare-industriale Oyak, erano le auto con cui, negli anni ’90, i servizi segreti e gli squadroni della morte del Jitem percorrevano le strade delle province curde, rapivano oppositori, giornalisti, avvocati, attivisti. Molti di loro non vennero mai più ritrovati.
IL «PIANO DI STERMINIO», come lo definiscono ancora oggi in molti, non fu un eccesso di qualche poliziotto corrotto: fu un meccanismo di repressione organizzato, alimentato dall’intelligence militare. Con l’appoggio dell’esercito, il Jitem rastrellava villaggi, incendiava case, costringeva famiglie intere a fuggire. Chi non fuggiva veniva fatto sparire, giustiziato, gettato in pozzi di acido. Poi si dava la colpa alla guerriglia del Pkk.
Tra i tanti volti inghiottiti nella tragedia delle Beyaz Toros c’è Savas Buldan, un uomo d’affari curdo sospettato di sostenere il Pkk, marito di Pervin Buldan, membro della delegazione Dem incaricata dei colloqui tra Abdullah Öcalan e Ankara.
Nomi come Mahmut Yıldırım, alias “Yesil”, e Tarık Ümit, esecutori, reclutatori, caporioni di quei reparti clandestini, sono ancora oggi branditi come minaccia. Nel 2023, i tifosi del Bursaspor, roccaforte dell’estrema destra, durante una partita contro l’Amedspor, squadra curda simbolo di Diyarbakır, esposero tre enormi striscioni: i volti di Yesil, di Ümit e la Renault Toros bianca. Un avvertimento, una minaccia di morte. Ne seguirono scontri e aggressioni.
«I VILLAGGI INCENDIATI, le persone costrette a fuggire durante la notte e le madri incapaci di parlare curdo con i loro figli in prigione sono solo esempi di queste pratiche sbagliate», ha ammesso Erdogan. «Invece di porre fine al terrorismo, questi metodi di lotta illegali e illegittimi lo hanno alimentato». Un’ammissione senza dubbio positiva, per quanto incompleta. Sono stati consapevolmente esclusi dal discorso del presidente i crimini commessi sotto i suoi governi: La distruzione di Sur, Cizre e molte altre città dopo il collasso degli scorsi negoziati. I commissariamenti sistematici dei comuni curdi, esteso ormai anche ai comuni amministrati dal Chp.
«Mentre vengono nominati commissari straordinari nei comuni del Chp, io non accetto di tornare in carica. Se deve essere, tutte le nomine dei commissari dovrebbero essere revocate» ha affermato Ahmet Türk, sindaco di Mardin per il partito Dem, rimosso dall’incarico a poche settimane dall’insediamento.
Ora il presidente promette l’istituzione di una commissione parlamentare per monitorare il processo, come già anticipato da Bahçeli, e promette di voltare pagina.
il Manifesto, 13 luglio 2025

Nessun commento:
Posta un commento