venerdì, settembre 19, 2025

Quello che Sperone Podcast non ha saputo dire: le due storie parallele


Placido Rizzotto
DINO PATERNOSTRO

Nel secondo dopo guerra a Corleone il giovane Totò Riina venne a trovarsi senza il padre, morto per lo scoppio di una bomba che stava cercando di aprire per ricavarne la polvere nera e il ferro. Aveva 14 anni e fu costretto a diventare capofamiglia. Una tragedia, certo. 

Il giovane Riina l’affrontò scegliendo, giorno dopo giorno, di farsi strada con la violenza e col sangue, diventando uno dei mafiosi più feroci e potenti della storia siciliana e della storia d’Italia. Dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, il 15 gennaio 1993 venne arrestato e morì in carcere il 17 novembre 2017. 

Nel secondo dopoguerra a Corleone, un altro giovane, Placido Rizzotto, nel 1926, era stato costretto a diventare capofamiglia a 12 anni perché il padre Carmelo era stato arrestato in una retata del prefetto Mori. Era sveglio, capace, sapeva maneggiare le armi (tutti a Corleone avevano un’arma nel dopoguerra),

poteva cercare il suo riscatto personale e familiare aggregandosi alla cosca mafiosa del dott. Navarra. Tanti lo fecero. Lo fece il giovane Totò Riina. Ma quest’altro giovane, Placido Rizzotto, scelse una strada diversa: nel 1943 a Roma si aggregò ad una “banda” partigiana delle brigate Garibaldi e contribuì a liberare l’Italia dal nazi-fascismo. Poi, tornato a Corleone, nel 1945-46, si aggregò a Partito socialista e alla Cgil per provare a liberare il suo paese e la Sicilia dalla dominazione degli agrari, che sfruttavano selvaggiamente i contadini poveri, e dalla ferocia dei mafiosi (Navarra e Liggio, con i giovani Totò Riina e Bernardo Provenzano “in crescita”). Per questo suo impegno, nel 1948 Placido venne assassinato dalla mafia. 

Sono due scelte diametralmente opposte quelle del giovane Totò e del giovane Placido. Si, c’è il destino. Ma ognuno di noi aiuta il destino con la sua indole, con le sue scelte. Uno (Riina) scelse sempre più di diventare un feroce criminale portatore di “disvalori” (altro che valori da ammirare!); l’altro (Rizzotto) scelse di battersi insieme a tanti come lui per costruire una Corleone e una Sicilia diverse e migliori. Del primo ci vergogniamo, dell’altro ne siamo fieri e orgogliosi. 

Da questo bisognava partire allo “Sperone Podcast” di ieri per rendere un servizio alla storia e alla verità. Invece abbiamo assistito ad uno spettacolo indegno, per fortuna stigmatizzato in tantissimi commenti dei visitatori, che non hanno avuto peli sulla lingua nel condannare la mafia e i mafiosi. E gli improvvidi conduttori. 

Dino Paternostro

19 settembre 2025

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