I sostenitori delle manifestazioni per la missione in partenza dall’Isola. Il giornalista italo-palestinese: “Dalla città un segnale fortissimo”. Un imprenditore al corteo con i due figli: “I nostri ragazzi prima o poi ci chiederanno dove eravamo”
di NOEMI LA BARBERA
C’erano coloro che hanno reso possibile il corteo e che da tempo tengono accesa la fiammella. E c’era la gente comune, tanta. Chi non vuole più stare in silenzio a guardare «il genocidio in streaming». È il fiume che vuole essere mare che non rivendica appartenenze, personalismi o le battaglie di una vita, ma che giovedì è sceso in piazza per la Palestina, e per sostenere la partenza dalla Sicilia della missione della Global Sumud Flotilla, prevista per domenica, e ieri rinviata in attesa delle barche da Tunisi e Barcellona.
Che qualcosa fosse diverso dal solito, Maria La Bianca, insegnante, ne ha avuto sentore sin da quando ha iniziato a squillarle il telefono. Dalla testa del corteo, non vedeva la coda e chiedeva in quanti fossero, finché alla Cala, quando si sono rotte le fila, si è resa conto dei numeri: «È stata
«Palermo ha dato un segnale fortissimo - dice Jamil El Sadi - peccato per l’assenza di chi questa città dovrebbe rappresentarla». Il giornalista ventiseienne, « figlio della diaspora » , riminese di nascita, famiglia in Palestina e a Palermo da sei anni per seguire le battaglie di “Our voice”, all’indomani dell’onda umana che ha attraversato la città, resta con i piedi per terra: « Non dobbiamo illuderci che bastino gli aiuti umanitari, è una questione politica, e alla mia generazione italo- palestinese, di figli di emigrati che possono entrare solo come turisti in Palestina dove hanno le famiglie, non basta l’augurio di “ buon vento”». Quando è salita a Palazzo Bonocore per uno scatto dall’alto e ha visto quel cordone umano, Mapi Rizzo, videomaker e documentarista, racconta di essere rimasta a bocca aperta: « Lavorando a un documentario sono entrata in contatto conle storie di alcuni palestinesi, questa per me è stata una leva emotiva forte, ho cominciato a usare Instagram per stare in contatto e aiutarli con le donazioni, ecco, quello che credo stia scattando anche con la Global Sumud Flotilla è la molla della concretezza che ha messo insieme chi non voleva fermarsi ad atti simbolici».
Dall’alto, Mapi ha provato gioia nel vedere tanti bambini. Due di loro sono i figli di Claudio Arestivo, con lui al corteo: «Quando i nostri figli ci chiederanno “Voi dove eravate?” è un pensiero che sta ronzando nella testa di sempre più persone». L’imprenditore impegnato nelnon- profit aggiunge: « In Palestina ho assistito a un livello di sopruso sconvolgente che non avevo mai visto: come si può vivere nell’abitudine al fucile puntato, al check-point, alla sottrazione di una casa? Oggic’è un vuoto politico riempito da una politica dal basso che vuole riaffermare la pace non come messaggio nebuloso, ma esercizio quotidiano che metta al centro l’essere umano».
Un messaggio che arriva anche dalla cantante Jerusa Barros, che giovedì ha prestato la sua voce per un appello in musica rivolto a un solo popolo, quello degli esseri umani. «Spero ora si possa continuare a tenere viva l’attenzione e, perché no, dare vita a una grande orchestra di musicisti per la Palestina » . Quello di giovedì non vuole essere un atto isolato, ma la tappa di un percorso che non vuole più arrestarsi. Un messaggio che verrà ribadito anche alla manifestazione di oggi “Fermiamo le barbarie”, indetta dalla Cgil, oltre alle altre iniziative in tutta la Sicilia, come il presidio a Messina e l’assemblea a Enna.
Chi sta dando una mano al corteo di oggi è Gioacchino Scaduto, ex magistrato, presente anche giovedì: « Non pensavo che Palermo reagisse così, ha dimostrato grande sensibilità, non è mai stata così attiva, lo ritengo un segno di crescita importante».
« Viene anche un po’ di rammarico - conclude Jamil - ci sono voluti oltre sessanta mila morti?».
La Repubblica Palermo, 6 settembre 2025

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