martedì, settembre 16, 2025

La mafia, il sangue, gli scoop. Scatti dell'isola dei cronisti


Simone Olivelli 

La foto segnaletica del cronista Attilio Bolzoni, all'epoca lavorava per il quotidiano La Repubblica, arrestato insieme al collega dell'Unità Saverio Lodato per aver pubblicato un verbale segreto del pentito Antonino Calderone. Nella foto a destra, Mauro De Mauro del glorioso quotidiano L'Ora, ucciso dalla mafia nel 1970. Il suo corpo non è mai stato ritrovato

Più che un semplice amarcord, una concessione alla nostalgia per i tempi passati e all'inevitabile fascino che emanano rispetto a questo convulso presente, è un modo per ricordare a tutti – reporter e lettori – quanto il giornalismo sia stato necessario. 

Partendo da qui, è ancora più utile ribadire e affermare come l'informazione che approfondisce sia importante a maggior ragione oggi in un'epoca segnata da rumori social, leggi bavaglio e quell'intelligenza artificiale che, se non gestita, rischia di compromettere ancora di più il rapporto tra cittadini e verità. 

Ecco, dunque, che prova a farlo la mostra fotografica "Memorabili": l'informazione che cambia, la libertà che (ci) resta è un po' tutto questo.

L'esposizione sarà inaugurata oggi alle ore 18 nella sede dell'Associazione della stampa siciliana (via Francesco Crispi 286, Palermo) e condensa in quaranta scatti ciò che è stato il mestiere del giornalista nell'isola, tra gli anni Sessanta e gli anni Duemila.

L'isola dei cronisti

La Sicilia è una terra che ha dato tanto al giornalismo, compreso il sangue. Sono otto i giornalisti uccisi in poco più di un trentennio, ed è a uno di loro – Mauro De Mauro – che viene dedicata l'apertura della mostra: era, infatti, il 16 settembre 1970 quando De Mauro, cronista de L'Ora, venne sequestrato e mai più ritrovato, in un momento della vita professionale in cui stava indagando sulla morte del presidente dell'Eni Enrico Mattei.

Orecchio alla cornetta del telefono fisso e sigaretta in bocca, De Mauro è ritratto in uno degli scatti che compongono il racconto curato da Franco Lannino, fotoreporter il cui obiettivo ha attraversato la storia recente della Sicilia. 
«Per difendere questa professione bisogna renderla visibile con tutti i suoi pregi e i suoi inciampi ai giornalisti stessi, che, per pudore o per abitudine a raccontare soltanto degli altri, dimenticano quanto questo sia oggi diventato di vitale importanza», è il pensiero della presidente del consiglio regionale di Assostampa Tiziana Tavella e il vicesegretario vicario Roberto Leone. La professione giornalistica – si legge nell'introduzione al catalogo della mostra – «negli ultimi vent'anni sta affrontando una nuova rivoluzione anche industriale oltre che fronteggiando un attacco di leggi che ne limitano il ruolo».

E la difesa della libertà di stampa – le ultime classifiche internazionali vedono l'Italia al poco invidiabile 49esimo posto – è tra i protagonisti delle fotografie in mostra: scorrendo la carrellata di fotografie selezionate per la mostra, e senza contare le tantissime altrettanto significative rimaste escluse, ci si ritrova immersi in momenti ufficiali e altri privati che raccontano un mestiere che nei tempi e nelle tecniche forse non esiste più, ma che poi, a pensarci bene, è uguale – o, per meglio dire, fonte di ispirazione – dei tanti che oggi, con i nuovi strumenti offerti della tecnologia, continuano a indagare, mettere in discussione le verità ufficiali, correre rischi.

Passato e presente

Rispetto a un tempo – fortunatamente – sono cambiate le forme di intimidazione ai giornalisti. Per fortuna si spara meno, anche se non sono mancati casi recenti, come in Olanda, di uccisioni di giornalisti investigativi. I tentativi di fermare il lavoro dei cronisti sono all'ordine del giorno. Tra querele temerarie, richieste di risarcimento da centinaia di migliaia di euro e isolamento.

L'esposizione fotografica alterna momenti pubblici e istituzionali, come la partecipazione al congresso di Assostampa del presidente della Regione Piersanti Mattarella, l'anno prima di essere ucciso, immagini dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, o ancora il momentaneo ritorno a casa del boss Michele Greco, il Papa, ad altri in cui il centro dell'attenzione è rivolto all'intimità delle redazioni. «Gruppi di lavoro fondamentali per il prodotto giornale, che sia di carta o in altra forma – viene ricordato nel catalogo – La storia del presente l'hanno raccontata e continuano a farlo i giornalisti, attraverso le loro cronache, che prima di tutto devono avvenire in libertà. Quella libertà di stampa possibile se si è vicini ai fatti, consentendo che un'opinione altrettanto libera si formi: in breve, il giusto funzionamento della democrazia».

Racconto della violenza 
Non mancano le foto in cui viene immortalata la violenza che per anni trovava un posto fisso nei quotidiani di Palermo e non solo, ma anche quelle in cui in modo quasi surreale emerge l'ostilità contro cui, in tempi e forme diverse, i giornalisti si sono dovuti scontrare. 

Una vicenda in particolare ha fatto la storia e ha visto protagonisti Attilio Bolzoni e Saverio Lodato: «Queste – si legge nel testo a corredo dei volti dei cronisti, ritratti frontalmente e poi di profilo – sono le foto segnaletiche che i carabinieri nel 1988 scattarono e poi attaccarono alle schede, dove ci sono pure le impronte digitali. Furono arrestati per uno scoop su mafia e politica. Violazione del segreto istruttorio era l'accusa principale: poiché per quel reato non era previsto l'arresto, alcuni magistrati si inventarono l'accusa di concorso in peculato. Tecnicamente – prosegue la descrizione – avevano sottratto carta, le fotocopie, che era bene dello Stato: si trattava dei verbali del pentito Antonino Calderone, qualche centinaio di pagine dove si svelavano le collusioni fra boss e mammasantissima del Palazzo».

Erano gli anni in cui a Palermo venivano condannati centinaia di boss di Cosa Nostra nel maxi-processo istruito dal pool antimafia guidato da Falcone e Borsellino.

Il giudice che dispose l'arresto dei giornalisti li definì «pericolosi». 

Un aggettivo che anche ai giorni nostri, non di rado, rischia di fare capolino nel dibattito pubblico, specialmente sulla bocca di chi è refrattario a chi si ostina ad andare in giro cercando le tante verità che restano ancora da scoprire. 


domani.it, 16 settembre 2025

Nessun commento: