IL PROCURATORE SCAGLIONE, “MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE”, ERA NIPOTE DELL’AVVOCATO SOCIALISTA MATTEO TERESI
Nella mattina del 5 maggio del 1971, in via dei Cipressi, a Palermo, furono uccisi il Procuratore capo della Repubblica Pietro Scaglione e l’agente Antonio Lorusso, entrambi riconosciuti con Decreto ministeriale “vittime del dovere e della mafia” e insigniti dal Presidente della Repubblica della “Medaglia d’oro al merito civile alla memoria”.
Scaglione (definito anche in sede giudiziaria “magistrato integerrimo, dotato di eccezionali capacità professionali e di assoluta onestà morale”) era nipote dell’avvocato socialista Matteo Teresi, protagonista del romanzo storico “La setta degli angeli”, scritto nel 2011 da Andrea Camilleri per la casa editrice Sellerio.
Nel suo libro, Camilleri definì Teresi “l’avvocato dei poveri e dei deboli” e l’alfiere delle denunce contro settori del clero e della borghesia coinvolti in uno scandalo di inizio Novecento ad Alia.
Nei decenni successivi, il nipote di Teresi, Pietro Scaglione, iniziò la sua lunga carriera di giudice e di pubblico ministero, dimostrando “indipendenza di giudizio anche durante il ventennio fascista” (come scrissero i giornalisti Enzo Perrone e Rosario Poma nel volume “La mafia: nonni e nipoti”, Vallecchi, Firenze, 1971).
Dopo essere stato per anni pretore a Collesano, Scaglione divenne sostituto procuratore generale e si occupò delle uccisioni di alcuni coraggiosi sindacalisti comunisti e socialisti, come Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone e Salvatore Carnevale, segretario della Camera del Lavoro di Sciara.
Nella requisitoria del 1956, Scaglione esaltò la coraggiosa figura delle vittime e le lotte contadine, parlò di “febbre della terra” e scrisse che l’attività di Carnevale era temuta da coloro che avevano interesse al mantenimento del sistema latifondista.
Nelle Conclusioni del 1953 sui mandanti di Portella della Ginestra, Scaglione definì l’uccisione dei contadini come un “delitto infame, ripugnante e abominevole” e accreditò come principali moventi: la “difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ad oltranza” contro il comunismo; la volontà da parte dei banditi di accreditarsi come “i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “punizione” contro i contadini che occupavano le terre.
Le requisitorie di Scaglione sui sindacalisti furono ricordate anche dal quotidiano L’Ora nell’editoriale del 1962, dove si leggeva, tra l’altro: “Pietro Scaglione ha percorso quasi tutta la sua brillante e rapida carriera presso la Corte di appello di Palermo, dapprima come Pretore e, quindi, come Sostituto procuratore generale. Con tale grado sostenne l’accusa in numerosi e gravi processi intervenendo attivamente anche nella fase istruttoria: va ricordato – a proposito - l’elevato contributo che, in veste di accusatore il commendatore Scaglione dette alla istruzione del processo per l’assassinio di Salvatore Carnevale…. Al valoroso magistrato che assume la responsabilità di dirigere la Procura della Repubblica di Palermo in un momento di innegabile difficoltà, “L’Ora” invia i più vivi rallegramenti e cordiali auguri di buon lavoro”.
Dopo essere diventato Procuratore Capo della Repubblica, Scaglione fu, tra i primi, a recarsi sul luogo della strage di Ciaculli, il 30 giugno del 1963. In quella drammatica occasione, ad un generale dell’Esercito che invocava l’applicazione della legge marziale, Scaglione replicò che i responsabili della efferata strage sarebbero stati perseguiti nell’osservanza delle regole e delle garanzie dello Stato di diritto.
Successivamente, infatti, la Procura della Repubblica, diretta da Pietro Scaglione e l’Ufficio istruzione penale del Tribunale, guidato dal Giudice Istruttore Cesare Terranova, svolsero una intensa e efficace attività investigativa, senza ricorrere alla legge marziale, senza derogare alle garanzie costituzionali e allo Stato di Diritto.
Il Procuratore Scaglione avviò, anche, numerose inchieste a carico di politici, di amministratori e di colletti bianchi, come risultò dagli atti giudiziari e dalla testimonianza del giornalista Mario Francese (ucciso nel 1979). Come scrisse Francese, infatti, “Pietro Scaglione fu convinto assertore che la mafia avesse origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni...." (Il giudice degli anni più caldi, in il Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).
Scaglione si occupò anche della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro nel settembre del 1970: l’intervento della Procura della Repubblica, diretta da Pietro Scaglione fu “attivissimo” come fu accertato in sede giudiziaria e come dichiarò, anche, la moglie del giornalista scomparso nel periodico “La Domenica del Corriere” del 13/6/1972.
Il Procuratore Scaglione svolse altresì, con impegno e dedizione, la funzione di Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro.
IL CONVEGNO DEL 5 MAGGIO SU MAFIA E ANTIMAFIA NEGLI ANNI OTTANTA
Nel 54° anniversario del duplice omicidio, il procuratore Scaglione e l’agente Lorusso saranno ricordati a Palermo nel salone di Villa Malfitano, nel pomeriggio di lunedì 5 maggio, nell’ambito del Convegno sul tema “Mafia e Antimafia negli anni ’ottanta”, organizzato dai familiari, dal Centro Studi sulla Giustizia Pietro Scaglione, dalla Fondazione Società siciliana per la Storia Patria, dal Movimento per la Giustizia Art. 3-ETS, e dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (sezioni di Sicilia e di Palermo).
Dopo l’introduzione del professore Antonio Scaglione (Presidente del Centro Studi sulla Giustizia Pietro Scaglione) e dopo gli indirizzi di saluto dei magistrati Bernardo Petralia (Segretario del Movimento per la Giustizia) e Cinzia Soffientini (Segretaria dell’ANM di Palermo), interverranno, come relatori: il Procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia; il sociologo Umberto Santino (Presidente del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato); il giornalista Franco Nicastro (ultimo vicedirettore del quotidiano L’ORA prima della chiusura nel 1992); il professore Francesco Callari (Direttore del Centro Studi sulla Giustizia Pietro Scaglione). Le conclusioni saranno affidate al regista Ottavio Terranova (Coordinatore dell’ANPI-Sicilia e presidente dell’ANPI Palermo “Comandante Barbato”, in memoria del leggendario partigiano comunista Pompeo Colajanni, protagonista della Liberazione di Torino).
L’Ordine dei Giornalisti di Sicilia assegnerà n. 4 crediti formativi per i giornalisti iscritti al Convegno nell’apposita piattaforma della Formazione dell’Ordine.
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