DINO PATERNOSTRO
Stamattina abbiamo avuto il piacere di accogliere a Corleone una delegazione di studenti dell’I.I.S.S. "Orso Mario Corbino" di Partinico, che ha, al suo interno, due ordini di scuola: il tecnico industriale e il professionale, con diversi indirizzi.
Le ragazze e i ragazzi dell’Istituto erano accompagnati dalla prof.ssa Anna La Mattina, dal prof. Claudio Marino, dalla Signora Rosa Loria e dal Sig. Gaspare Di Trapani, collaboratori scolastici. Il loro è stato un viaggio d’istruzione a Corleone, la “famosa” città regia dalle 100 chiese, ma ancora più famosa per aver dato i natali a criminali mafiosi come Michele Navarra, Luciano Liggio, Totó Riina e Bernardo Provenzano. Molto opportunamente, gli insegnanti hanno voluto far incontrare gli studenti con due importanti personaggi dell’antimafia sociale di Corleone: Placido Rizzotto e Bernardino Verro, che in epoche diverse hanno guidato il movimento contadino nella lotta per la terra e per i diritti. E mi hanno chiesto, davanti alla tomba di Rizzotto, al cimitero comunale, di raccontare le loro gesta. Ho accettato con piacere, parlando di Rizzotto, il giovane contadino semi-analfabeta che partì per la guerra e divenne socialista e partigiano nella città di Roma.
E poi, tornato a Corleone, segretario della Camera del lavoro. Dava fastidio agli agrari e ai mafiosi, che decisero di assassinarlo la sera del 10 marzo 1948, buttandone il corpo nella “ciacca” di Roccabusambra. Fu ritrovato nel ‘49 dal capitano dei CC Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma la giustizia “ingiusta” di allora assolse i suoi assassini e non ne riconobbe i resti. Solo nel 2012 - 64 anni dopo - la polizia recuperò tutti i resti e, con la comparazione del DNA, si ebbe la certezza che quello fosse il corpo di Rizzotto. E che veramente era stato ucciso dai mafiosi Liggio, Criscione e Collura (e da altri loro complici) su ordine di Navarra e di alcuni grossi proprietari terrieri. Per Rizzotto il 24 maggio 2012 furono celebrati per la prima volta i funerali di Stato alla memoria di un sindacalista, e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gli concesse la medaglia d’oro “al merito civile”.Bernardino Verro svolse la sua attività politico-sindacale dalla fine del 1800 al 1915, anno in cui anch’egli venne assassinato dalla mafia. Verro era considerato dai contadini “u patri ri puvurieddi” (il padre dei poveri). E in effetti si batté per dare ai contadini poveri nel 1893 il primo contratto sindacale scritto (i Patti di Corleone) e il primo contratto sindacale ai braccianti agricoli all’epoca del movimento dei Fasci dei lavoratori. Soffri carcere, esilio e miseria, ma i suoi contadini lo elessero sindaco di Corleone nel 1914. I mafiosi l’uccisero il 3 novembre 1915. Ma i corleonesi onesti non hanno mai dimenticato nè Verro e nemmeno Rizzotto.
Imbarazzante la richiesta insistente di alcuni ragazzi di poter visitare la tomba di Totó Riina. “Una richiesta “irricevibile”, perché non usiamo visitare le tombe dei criminali assassini”, ho spiegato ai ragazzi. E gli insegnanti hanno tagliato corto, portando via gli studenti.
“Ci scusiamo con te - mi hanno scritto poi i docenti - per l'atteggiamento incresciosi di alcuni ragazzi, nostri alunni, per i quali penso tu possa immaginare il tipo di lavoro svolto con loro. E la visita programmata per oggi a Corleone, aveva proprio questo significato: quello di fare toccare con mano il senso del dovere verso il prossimo bisognoso del nostro aiuto, il senso della lotta contro il male assoluto della mafia e della mentalità mafiosa, l'importanza dell'impegno collettivo nel Sindacato e nel partito dei lavoratori, per la conquista dei propri diritti... Anche a prezzo della propria vita, come hanno fatto Bernardino Verro e Placido Rizzotto.
Con i ragazzi poi, abbiamo continuato a parlare, seduti in un bar, e alcuni di loro sono tornati sui loro passi, riuscendo a comprendere il senso della nostra posizione, rispetto a ciò che chiedevano.
Il nostro lavoro con loro è fatto di dura quotidiana costruzione, cercando di riannodare dei fili spezzati, adattare l’opera di un sistema sociale che, attraverso certa pessima televisione, cinema e tecnologia, hanno messo pesantemente le mani sui giovani, cercando di bloccare lo sviluppo della società e l'affermazione dei valori e della cultura, attraverso il sovvertimento dei rapporti interpersonali e generazionali”.
Si, comprendo il duro ed encomiabile lavoro di voi, esercito di maestri ed insegnanti (come diceva Gesualdo Bufalino), che - ne siamo sicuri - prima o poi ci consentirete di sconfiggere la mafia. E di riconquistare la coscienza dei nostri giovani. Sarà dura, è dura, ma ce la faremo.
Dino Paternostro
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