sabato, maggio 03, 2025

Dopo la strage di Monreale. «Madri e figli indifendibili non accettano i loro orrori»


Ci sono madri che piangono figli che non ci sono più, uccisi crudelmente da mani assassine. Ci sono madri che, invece, pur distrutte e provate, potranno continuare a guardare i loro figli negli occhi seppur nelle sale colloqui dei penitenziari. Figli-morti alle cui madri resta solo una gelida lapide, figli-assassini, vivi, seppur dietro le sbarre. 

Daniela Santoro, mamma di Stefano Argentino, l’assassino di Sara Campanella, ha definito il figlio «un ragazzo buono, studioso, è andato sempre bene a scuola». Così come la madre di Salvatore Calvaruso, il diciannovenne dello Zen accusato di avere sparato nella notte tra il 26 e il 27 aprile a Monreale in cui sono morti 3 giovani, pur ammettendo la giusta pena, ha detto: «Mi dispiace per come è andata, per le persone uccise. Ma anche gli altri ragazzi hanno segni importanti di violenza sul viso. Mio figlio è stato aggredito con caschi e bottiglie e poi è stato tirato giù dalla moto. Anche lui poteva essere ucciso». 

Cosa scatta nelle mamme di figli assassini, come è possibile che quel cordone ombelicale che simbolicamente unirà per sempre due vite in un solo cuore, nemmeno davanti a fatti criminosi venga reciso definitivamente. Lo abbiamo chiesto a Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, educatore ed opinionista.

C’è un motivo su tutti per il quale le mamme continuano a descrivere benevolmente i loro figli nonostante questi eventi tragici?

«In realtà quello che scatta in queste madri è qualcosa di comprensibile. Stiamo parlando di un genitore che per tutta la vita si porterà dentro questa pena. È qualcosa di naturale. La legge italiana stessa dà delle attenuanti ai familiari che non denunciano i figli. Ma questo è anche il motivo per il quale non ne usciremo mai».

È corretto pensare che dietro a un figlio omicida, ci sia il fallimento di tutta la famiglia?

«È inevitabile che le madri si sentano in colpa per ciò che i propri ragazzi hanno commesso. Ed è anche per questo senso di colpa che provano a mitigare il gesto, a cercare delle attenuanti, ad evidenziare il buono e il bello che hanno sempre riconosciuto nel proprio figlio. Non che il padre non abbia un ruolo. Ma per le madri è diverso. C’è un sentire dire diverso».

Le famiglie non possono però tacere davanti a tutto ciò. C’è una speranza di salvezza?

«C’è un clima di odio nella società di oggi che è spaventoso, c’è la cultura del “ti massacro di botte, se mi tocchi ti ammazzo”. Avere una pistola in tasca fa parte di questa cultura». 

Le mamme possono avere un ruolo preventivo? 

«Le madri devono pretendere dai figli un progetto di futuro. La mancanza di una visione futura è il dramma di oggi. I ragazzi, accecati dai social, vogliono solo fare i calciatori. Le ragazze postare fotografie su Instagram in tutte le pose. Non hanno progetti se non quelli di apparire e fare soldi. Come si fa a 15 anni ad ammettere di non avere sogni e progetti per il futuro. Le madri devono dialogare con i figli. Pretendere che sviluppino un progetto. Banalmente che studino e che si impegnino». (*CAF*)

Carla Fernandez

GdS, 3/5/25

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