domenica, maggio 18, 2025

Le storie. Emanuele e Danilo, i due presidi più giovani d'Italia: «Restiamo in Sicilia»

Emanuele Ridulfo (a sinistra) e Danilo Gatto

Andrea Cassisi

Nulla accade per caso. Parlano di didattica, ma anche di scartoffie. Da sicilianisti convinti, non per nostalgia ma per visione, hanno deciso di costruire, innovare, educare nella stessa terra che prima hanno scelto per studiare e poi li ha scelti come presidi. Emanuele Ridulfo, 29 anni e Danilo Gatto, 35 dal primo settembre prossimo firmeranno il contratto da dirigenti scolastici. Coi piedi ben saldi a terra non hanno mai voluto lasciare l’Isola che presto sarà per loro un nuovo punto di ripartenza. Hanno in comune un primato che non fa rumore, ma che parla di eccellenza. Il primo, originario di Monreale (il padre, Gino, è originario di Corleone; come lo zio, Mario, attuale segretario della CdL di Palermo), è il più giovane d’Italia; il secondo, nato e cresciuto a Sant’Agata di Militello, nel messinese, non solo è il secondo più giovane per età, ma ha partecipato e ha vinto sia la selezione ordinaria sia quella straordinaria bandita dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. 

I loro nomi compaiono nell’elenco dei venti candidati che hanno superato il concorso in Sicilia. Qui ne sarebbero serviti 26 di presidi, ma la commissione esaminatrice ha stoppato la graduatoria a due decine, dopo una rigida selezione.

Il cammino di Ridulfo e Gatto inizierà proprio sotto il sole della Sicilia, in una sede che conosceranno tra qualche mese. «Si, sono il più giovane in Sicilia», dice Ridulfo. «Che lo sia anche in Italia lo apprendo da voi e il fatto mi sorprende e rende orgoglioso. Il ruolo richiede visione chiara, capacità di ascolto, competenze organizzative e tanta passione. E tutto questo, non ha età». «La scuola italiana ha iniziato ad aprirsi alla possibilità di essere guidata da una generazione più giovane, è un segnale positivo», continua. «I giovani nella pubblica amministrazione dovrebbero avere un ruolo centrale, non tanto per sostituire chi ha l’esperienza – riflette – quanto per affiancarli creando un dialogo intergenerazionale per garantire un reale passaggio di competenze e professionalità». «In Sicilia si possono realizzare i propri desideri. Io ci credo fortemente», prosegue convinto Ridulfo, al fianco del preside Pippo Russo in un comprensivo di Altofonte, nel Palermitano. «Ma la scuola deve investire nella motivazione e nella cura dei giovani, incoraggiandoli a vedere la nostra terra come un’opportunità in cui immaginare, creare e realizzare il proprio futuro». 

Docente di strumento, Ridulfo, violoncellista, ritiene che la musica sia «un canale espressivo unico per facilitare autoconsapevolezza e introspezione negli studenti» e considera i progetti extracurricolari «non come un ostacolo alla didattica tradizionale, ma come un’opportunità per arricchirla», risponde, rileggendo le critiche mosse negli ultimi anni alle scuole che dedicano troppo spazio ai progetti a discapito della didattica tradizionale. «Non è il contratto a dar senso al lavoro, ma ciò che ci metti ogni giorno», afferma Gatto. «Quando tutto sembra fermo, servono persone che ci credono ancora. Oggi questo accade nel pubblico impiego ed è proprio in questo sistema che appare immobile che serve movimento». E Gatto finora di strada ne ha fatta. La firma per il ruolo ad appena 25 anni, quindi in cattedra come docente di laboratorio prima e insegnante di sostegno oggi in diverse scuole del messinese, fino all’esperienza di vice preside per qualche anno nell’Istituto tecnico “Evangelista Torricelli”. Ingegnere civile che ha irrobustito la sua esperienza tra le fila del sindacato, per Gatto «la scuola ha bisogno cura e visione. È un sistema che respira grazie a migliaia di colleghi che ogni giorno insistono e resistono per dare risposte alla società e soprattutto agli studenti che si scoraggiano e ne chiedono il senso», riflette. «Da dirigente la scuola che vorrei valorizza le diversità, incoraggia le eccellenze e promuove una cultura della responsabilità e del rispetto per reprimere il linguaggio della violenza. Perché la scuola non aspetta che siamo perfetti, ma che ci mettiamo la testa ed il cuore», prosegue deciso. «Le sfide sono tante, i muri alti. Dobbiamo entrarci dentro, se vogliamo una scuola al passo coi tempi». I due giovanissimi presidi si dicono pronti a farlo «con energia, idee, prospettive e soluzioni innovative», chiosa Ridulfo. Il nome della scuola assegnata si conoscerà a metà estate. «Ancora ignota la destinazione», conclude Gatto. Come ignoto è quel sorriso del marinaio di Vincenzo Consolo, lo scrittore civile del suo stesso paese, Sant’Agata di Militello. «Magari un giorno tornerò qui a casa…», bisbiglia. Ma d’altronde, nulla accade per caso.

avvenire.it, 16/5/2025

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