martedì, maggio 06, 2025

La CGIL a Palermo: ''La lotta alla mafia non è una priorità del governo''


Karim El Sadi

Il sindacato fa il punto sul contrasto alla criminalità organizzata, al centro del dibattito i rischi della riforma della giustizia e il referendum di giugno

E’ all’insegna della lotta contro la mafia e per i diritti che si è tenuta ieri, presso il San Paolo Palace Hotel di  Palermo, la seconda assemblea Nazionale della CGIL su mafia e corruzione. Sul tavolo, ovviamente, il contrasto alla criminalità organizzata, allo sfruttamento lavorativo, e poi le misure di prevenzione, i fondi del PNRR, gli appalti, la libertà di stampa, la difesa della magistratura e della democrazia, da un lato minacciata dalle infiltrazioni criminali in settori strategici dell’economia e della società e dall’altro da provvedimenti legislativi come il DL Sicurezza. Titolo della conferenza: “Per essere liberi dalle mafie votiamo per i diritti”. Un chiaro riferimento al referendum popolare su lavoro e cittadinanza per il quale gli italiani sono chiamati a votare il prossimo 8 e 9 giugno.

La data dell’assemblea, come un anno fa, non è casuale, il sindacato e le varie sigle hanno deciso di organizzarla per la vigilia dell’omicidio di Pio La Torre, ucciso da Cosa nostra assieme a Rosario di Salvo il 30 aprile 1982. E’ anche dal lascito del segretario del PCI in Sicilia che i numerosissimi relatori dell’assemblea hanno fatto il punto della lotta alla mafia oggi, a livello regionale e nazionale. Il quadro, sul punto, è poco rassicurante: “La mafia non è in cima all'agenda politica di questo Paese. Non lo è mai stata tranne in quei momenti in cui avremmo preferito non trovarci, quelli che hanno insanguinato la storia di questo Paese”, ha esordito Franco La Torre, figlio di Pio La Torre. Prima di lui il segretario generale della Cgil Palermo, Mario Ridulfo, ha espresso lo stesso concetto. “Quello che viviamo è un tempo nel quale è manifesto il calo della tensione nella lotta alle mafie, proprio nel momento in cui le mafie stesse rappresentano un pericolo in crescita sia in Italia che in Europa, con proventi delle attività mafiose stimate tra 92 e 188 miliardi di euro l'anno”, ha affermato il sindacalista. 
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La lotta alla mafia, che non è una priorità della agenda politica del governo e di una parte piuttosto ampia delle forze politiche del Paese - ha aggiunto -, probabilmente non è stata nel passato nemmeno al centro della agenda politica della Ue, al netto della nuova direttiva europea 1260, che rappresenta un cambiamento significativo nelle strategie di recupero dei beni confiscati alla mafia in Europa. Ma nel nostro Paese, si va in direzione contraria a quella che dovrebbe essere una efficace iniziativa antimafia". Il segretario Ridulfo ha posto quindi l'accento sulla sottovalutazione del fenomeno mafioso che si scontra con il fatto che nel Sud e in Sicilia "la mafia continua a esercitare il suo potere attraverso il controllo del territorio. Questo potere è esercitato non solo con la violenza, ma anche tramite l'erogazione di una sorta di welfare mafioso: dal soddisfacimento di bisogni come quello legato alla salute, alla sanità, fino alla gestione di un ordine mafioso, con l'imposizione del pizzo, non solo nella modalità cash. E poi ancora tramite l'imposizione di manodopera o di prodotti e al condizionamento nel sistema di appalti e forniture". "Se la mafia è quel fenomeno che mette assieme potere criminale e pezzi di potere politico ed economico, a noi tocca mettere assieme il potere della partecipazione democratica e dell'impegno sociale”. L’appello è per un fronte unico “che punti a un cammino unitario della antimafia sociale".


Riforma costituzionale: un ostacolo alla giustizia e un favore ai clan

Altro aspetto più volte ripreso tra i vari interventi è quello della riforma della giustizia del governo. 
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In questo clima si inseriscono una serie di riforme, alcune già realizzate, altre in fieri, come quella costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati”, ha esordito sul tema il segretario dell'Anm Rocco Maruotti. “Una riforma che rappresenta un tentativo, neanche troppo velato, di indebolire l'autorità giudiziaria e il suo governo autonomo. Una riforma che vuole realizzare una riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato attraverso il controllo del potere giudiziario da parte del potere esecutivo". 
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Una riforma - ha aggiunto - che vuole allentare il controllo di legalità sulla politica e privare la giurisdizione dell'autorevolezza di cui solo un giudice autonomo e indipendente può godere. Tutto questo non potrà mai tradursi in un vantaggio per i cittadini, se non che per alcuni cittadini meno uguali degli altri". Altrettanto incalzanti sono state le parole del presidente del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosinisull’argomento. "Abbiamo sentito spesso, anche in questi giorni, esponenti di vertici del governo che continuano a sostenere che la lotta alla mafia e alla corruzione sono delle priorità per il nostro Paese. Questo è molto confortante, ma vi sono condotte concrete che destano una qualche preoccupazione in questa prospettiva”, ha dichiarato. “Mi riferisco all'impatto di riforme recenti sul piano della giustizia penale come l'abolizione dell'abuso d'ufficio, il ridimensionamento del reato di traffico di influenze, la riduzione della possibilità di intercettare nei procedimenti penali, possiamo dire oggettivamente che determinano un indebolimento degli strumenti di controllo penale delle condotte nel circuito della pubblica amministrazione". "E se a questo si aggiunge la riforma relativa al codice degli appalti e subappalti, in assenza di leggi che regolamentano le lobby - ha proseguito -, dobbiamo ascoltare quello che ci dice il presidente dell'Anac Giuseppe Busia, quando sostiene che si sono create nuove opportunità per quei comitati d'affari che prosperano sull'illegalità delle pubbliche amministrazioni. A ben vedere oggi questi comitati d'affari sono integrati spesso dalle mafie, e questo lo dicono sentenze recenti dell'autorità giudiziaria di Milano, di Reggio Calabria, di Napoli, Torino, Palermo, Bologna. L'élite mafiose oggi investono su quei comitati d'affari, e queste élite mafiose aderiscono a cricche senza ricorrere al metodo intimidatorio", ha concluso. E sulla separazione delle carriere: “Questa riforma ha sulle labbra la separazione delle carriere tra giudici e pm, ma nel cuore ha l'azzeramento della separazione tra poteri. I pm sono già separati dai giudici da tempo, ma con questa riforma si va a toccare l'organo preposto alla difesa dell'indipendenza della magistratura, ossia il Consiglio superiore della magistratura".
Mafia rinnovata

Altro aspetto affrontato in assemblea riguarda le evoluzioni delle mafie. “Dopo le ultime stragi sanguinose del '92-'93 la mafia si è immersa nuovamente - ha denunciato La Torre - lavora sottotraccia, sperando nell'indifferenza, nella sottovalutazione, nella difficoltà a comprenderne le caratteristiche. Ed è quello che sta accadendo da un bel po' di tempo”.“Oggi si rende necessario un aggiornamento della lettura del fenomeno mafioso per costruire nuovi argini e contrastare una mafia in fase di profonda trasformazione. Se ci limitiamo a raccontare la storia della mafia e alle consuete analisi e dinamiche, si rischia di perdere il passo’’, ha detto il segretario generale della CGIL Sicilia, Alfio Mannino. Secondo Mannino ''occorre costruire grandi alleanze per mettere in campo un progetto nuovo in grado di contrastare la mafia in qualunque modo essa si evolva''. Uno di questi cambiamenti riguarda il rapporto con la politica. ''Prima era la mafia a cercare alleanze con la politica per i propri affari - ha rilevato Mannino - ora piuttosto sono alcune frazioni della politica a cercare alleanze con la mafia, dimostrando una debolezza e una propensione alla collusione preoccupanti, alla luce anche della presenza di un governo che fa di tutto per smantellare legislazione e strumenti antimafia. Questo è allarmante e deve spingere anche il sindacato ad affinare la propria capacità di analisi e di iniziativa per fare vivere la lotta contro la mafia tra i lavoratori e impedire che si affievolisca quell'afflato antimafia emerso potentemente dopo le grandi stragi di mafiose''. Un tema, quello del rapporto tra mafia e politica, affrontato da altri sindacalisti intervenuti in conferenza come Raffaele Paudice della segreteria regionale della Cgil Napoli e Campania che ha ricordato le infiltrazioni della camorra nella pubblica amministrazione e lo scioglimento dei comuni nel campano, alcuni di questi sciolti addirittura tre volte. Per non parlare dei soldi del PNRR che finiscono alle mafie grazie ad appalti o subappalti ad aziende vicine ai clan. Altro tema affrontato riguarda il caporalato, lo sfruttamento e le morti sul lavoro (durante la giornata sono state ricordate alcune delle vittime morte sul posto di lavoro) che rappresentano l’altra faccia della medaglia del malaffare. 

Verità sulle stragi

All’assemblea si è parlato anche della ricerca della verità sulle stragi di mafia. Emilio Miceli, presidente del Centro Studi Pio La Torre, ha ricordato che “le organizzazioni mafiose hanno puntato alla stabilizzazione del Paese, dalla liberazione in poi le mafie hanno avuto una funzione politica che è stata quella di provare a riaggregare un campo di forze nella nuova Italia che veniva fuori con il fascismo”. Poi “è venuta una fase assolutamente diversa con la quale il paese si è confrontato nel corso del tempo. Non più di stabilizzazione moderata ma di sovvertimento della democrazia del nostro Paese”. “E’ un caso che nelle due fasi più importanti e più delicate in cui il tessuto democratico del Paese è stato messo a dura prova quali la fine degli anni ’70 con la fuoriuscita del terrorismo e la ripresa degli omicidi eccellenti a Palermo e poi gli anni ’90 noi contemporaneamente vivevamo un processo di destabilizzazione economica, finanziaria e politica della democrazia?”, si è chiesto Miceli. “Alla fine degli anni ’70 e alla fine dei ’90 l’Italia ha dovuto fare i conti con una inflazione oltre il 20% e poi negli anni ’90 con una condizione simile. Ricordo che tra la strage di Capaci e la strage di via d’Amelio il presidente della Bundes Bank aveva comunicato al governo italiano che non avrebbe più provveduto ad acquistare titoli di Stato. 
Non ci trovavamo in una fase normale in cui c’era una guerra tra Stato e mafia ma in una fase nella quale questo paese che tentava di entrare in Europa non ce l faceva sul piano della sostenibilità economica e finanziaria e si trovava col rischio di soggiacere ad un attacco alle istituzioni come mai sferrato nel nostro paese. Questo è l’elemento su quale ragionare
”. Di stragi ha parlato anche Enza Rando, senatrice del PD e membro della commissione antimafia. “In questa commissione si sta parlando solo di una strage, quella di via d’Amelio e si sta cancellando tutto quello che era assodato a livello storico e giudiziario su questa strage”, ha denunciato la senatrice. “Ma non perché ci sono elementi nuovi. Loro devono creare il dubbio, il dubbio che creano è che non c’è stata relazione tra mafia, eversione nera e massoneria. Perché le stragi le ha volute solo Totò Riinaed è questo ciò che si sta cercando di scrivere”. Una narrativa fuorviante oltre che pericolosa secondo Enza Rando. “Per me è stato devastante vedere che in commissione antimafia anziché sentire in audizione chi ha fatto indagini, noi sentiamo il generale Mori che in questo momento è anche indagato a Firenze per strage. E Mori viene a stravolgere tutto quello che è scritto nelle sentenze. Riporto questa cosa qui - ha concluso - perché dobbiamo stare allerta su ciò che sta succedendo su questo paese”. 

AntimafiaDuemila.com, 30/4/25

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