domenica, maggio 25, 2025

Agromafia, sotto attacco sette province dell’Isola


Andrea D’Orazio

Tre province siciliane tra le prime cinque d’Italia e altre quattro nella top 20, in compagnia di altri territori meridionali anche se non mancano le aree del Nord. Purtroppo, non sono le mete più gettonate ma le zone con la più alta presenza dell’Agromafia nel settore agroindustriale secondo il nuovo report in materia stilato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura, che piazzano l’Isola tra le regioni maggiormente colpite dal fenomeno, con Caltanissetta seconda nella triste classifica, preceduta da Reggio Calabria e seguita da Palermo, Pisa e Messina, mentre poco più in là, al dodicesimo e tredicesimo posto, troviamo rispettivamente Agrigento e Trapani, con Siracusa e Catania che riempiono invece le caselle 15 e 19.

Tanti i casi riportati nello studio, a confermare «come i clan che operano nel contesto della filiera alimentare usino le più disparate tipologie di reato per spartirsi le province». 

Rilevanti, in particolare, «le evidenze di truffe ai danni dell’Ue attraverso l’indebita percezione di fondi Agea, come anche gli illeciti riscontrati nei controlli delle Direzioni marittime» con diversi episodi di mancata tracciabilità in prodotti quali mandorle, pistacchi e formaggi. Tra i comparti più bersagliati quello vitivinicolo, dove non mancano gli esempi di frode, come quella scoperta a Partinico, relativa alla commercializzazione di false denominazioni di origine ottenute mediante l’utilizzo di zucchero di barbabietola e di canna miscelati con l’acqua, acquistati in nero da aziende campane.

Ma i canali d’azione sono tanti, dal caporalato all’uso della burocrazia per promuovere il credito illegale, acquisire imprese agricole e riciclare denaro, mentre i produttori subiscono minacce e danni per cedere terre e attività, anche a causa della crisi legata alle tensioni internazionali e all’aumento dei costi di produzione. Obiettivo principale, gli stanziamenti pubblici e gli appalti, con l’aiuto di professionisti compiacenti e documenti falsi, il tutto, prendendo di mira in particolare gli anelli intermedi e meno visibili della catena, come i trasporti e i mercati all’ingrosso, dove «ridurre lo scarto tra prezzo di vendita e prezzo pagato al produttore di qualche punto percentuale potrebbe arginare la diffusione di meccanismi illeciti. I prodotti che segnano aumenti più consistenti tra il prezzo all’origine e quello di vendita al dettaglio sono le melanzane lunghe di Vittoria», nel Ragusano, «che subiscono maggiorazioni superiori al 1.000%. In generale, tutti i prodotti in partenza dalla Sicilia scontano prezzi di intermediazione maggiori, per due ragioni principali: la prima è di carattere strutturale», legata alle esigenze di trasporto all’insularità; «la seconda, è il “collo di bottiglia” rappresentato dal passaggio al mercato ortofrutticolo di Fondi, al centro di numerose indagini che danno conto di infiltrazione della criminalità organizzata».

GdS, 22/5/25

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