Da quello stesso carro la festa di colori, che ancora una volta ha dato a tutti e tutte l’opportunità di rappresentarsi ed essere fuori da ogni convenzione liberɘ di dirsi, si è fatta parola chiara e dura contro le oppressioni nella rivendicazione dei diritti di tutte le famiglie, delle comunità migranti, dei popoli oppressi, contro la violenza esercitata su ogni singola persona, che sia etero, omo, trans, nel porre ancora una volta l’attenzione alla cultura del consenso e alla necessità di introdurre nelle scuole l’educazione sessuale e all’affettività.

In testa al corteo il Disability Pride e il trenino delle Famiglie Arcobaleno, nella cura condivisa che ha previsto accessibilità per tutti e tutte lungo l’intero percorso. E c’erano le bandiere della Palestina sventolate dai carri e sulla strada. C’erano i bambini nei passeggini, i gruppi di amici, le coppie che si tenevano per mano. C’erano gli abiti succinti e quelli imponenti di merletti e paillettes.

C’erano i corpi che occupavano lo spazio e in quella condivisione, nella folla, ogni singolo passo si è fatto azione politica. Il Pride, a Palermo come in tutte le altre città d’Italia, non è solo una festa di un giorno dove una volta all’anno è lecito impazzire, ma l’espressione di una consapevolezza costruita in modo collettivo attorno ad un progetto di società libera, equa, solidale.

Proprio per poter essere “orgogliosamente dissidente, senza compromessi e ambiguità” il Pride di Palermo non ha avuto finanziamenti dagli enti locali né sponsor e ha potuto alzare la sua voce contro il governo e le sue leggi repressive. Resta aperta la domanda: se centomila e più persone possono manifestare contro guerra e riarmo sventolando la bandiera palestinese, perché al giro d’Italia e il 25 aprile quella stessa bandiera diventa motivo di repressione?

Pubblicando stamane, dopo il bombardamento USA di stanotte contro l’Iran, la risposta di luci suoni colori del Pride ci appare come un cantico di vita contro l’ossessione disumana di continuare a infliggere morte (ndr)