![]() |
Claudia Caramanna |
Rafforzata la scorta alla magistrata di Palermo. Il Centro Pio La Torre: «Una battaglia di civiltà, la città le è grata».
Nuove minacce, inquietanti e pesanti, alla procuratrice per i minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, simbolo di una giustizia che tenta di spezzare il legame ereditario tra figli e padri mafiosi. Una giustizia che non si limita a punire, ma che propone alternative, costruisce percorsi, tende la mano a chi è nato e cresciuto dentro famiglie criminali. Una giustizia che fa paura a Cosa nostra, tanto da generare intimidazioni sempre più esplicite.
L’ultimo inquietante episodio è stato scoperto in un fascicolo giudiziario: un ritaglio di giornale con la foto di Giovanni Falcone e, accanto, il cognome della magistrata, “Caramanna”, segnato da una croce grande e tre piccole. Il fascicolo in questione riguarda la richiesta di decadenza della responsabilità genitoriale di un boss, una misura che fa parte del protocollo “Liberi di scegliere”, ideato per offrire ai figli delle famiglie mafiose la possibilità concreta di un futuro diverso.
Non è la prima volta. Già ad agosto, in un altro fascicolo, erano comparse parole minacciose rivolte direttamente alla magistrata: “Devi smetterla di occuparti dei figli degli altri”. Un chiaro avvertimento mafioso, che mira a fermare un’attività giudiziaria e sociale che mina alla radice uno dei pilastri del potere mafioso: la continuità familiare, la trasmissione del “destino” criminale da padre in figlio.
A seguito dei nuovi episodi, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha deciso di rafforzare le misure di protezione nei confronti della procuratrice, già da tempo sotto scorta. Un segnale istituzionale importante, ma anche un segnale che conferma quanto il lavoro della Caramanna stia colpendo nel vivo la struttura mafiosa.
La magistrata, instancabile, continua a incontrare le mogli degli oltre 180 boss arrestati nel recente maxi blitz antimafia, per spiegare loro che esiste una strada alternativa per i figli: quella dell’istruzione, della libertà, del riscatto. Una strada difficile, certo, ma possibile, se supportata da istituzioni coraggiose e da una rete di protezione sociale che accompagni il distacco dal contesto criminale.
Accanto a lei si è subito schierato il Centro Studi Pio La Torre, attraverso le parole del presidente Emilio Miceli: «Esprimiamo la più convinta solidarietà e vicinanza alla procuratrice. Le minacce ricevute sono il segno più tangibile del lavoro che sta svolgendo per recuperare fasce di disagio minorile alla cittadinanza, sottraendole all’influenza delle organizzazioni mafiose».
Miceli sottolinea come la città debba essere grata per l’opera della magistrata, definendola una vera e propria battaglia di civiltà. «Le minacce, nel loro linguaggio brutale, stanno a significare che la strada intrapresa è quella giusta e va percorsa fino in fondo. Il segnale che attraverso Lei arriva alla città è chiaro: la funzione giurisdizionale ed educativa è e resta fondamentale per recuperare tanti giovani dalla morsa della mafia e dell’emarginazione».
Per il presidente del Centro, è necessario che quanto sta accadendo spinga tutti — istituzioni, scuole, comunità — a una riflessione collettiva e a un impegno concreto: «Oggi più che mai c’è bisogno di un patto civile per il bene di Palermo e dei suoi giovani».
Il messaggio è chiaro: chi lotta per la legalità e per il futuro dei ragazzi non deve essere lasciato solo. E se la mafia prova a intimidire con croci e ritagli di giornale, lo Stato e la società civile devono rispondere con protezione, vicinanza, e soprattutto condivisione della stessa visione educativa: liberare i figli dal destino mafioso è possibile. E necessario.
Famiglia Cristiana, 22/06/2025
Nessun commento:
Posta un commento