L'uscita del feretro dalla chiesa (foto di Mike Palazzotto)
di Claudia Brunetto
La chiesa era piena di amici commossi per la perdita di un punto di riferimento. Insieme con Massimo Milani è stato capace di tessere una rete motore di cambiamento a Palermo. In chiesa anche l’ex sindaco Leoluca Orlando
Si sono ritrovati in quattro sull’altare della chiesa di Santa Maria di Porto Salvo a Palermo per celebrare Gino Campanella, il pioniere della lotta per i diritti scomparso giovedì a 78 anni. I sacerdoti Cosimo Scordato, Enzo Volpe, Rosario Giuè e Walter Bottaccio hanno dato il benvenuto a tutti in nome di “una persona piena di speranza che ha vissuto la sua vita per la città, una vita semplice sera e determinata, come serio semplice e determinato è l’amore”.
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(foto di Mike Palazzotto) |
“Gino e Massimo sono stati segno coraggioso costante di speranza per un mondo nuovo possibile in nome dei diritti che vanno riconosciuti, tutelati”, ha detto Giuè durante la sua omelia. “Gino ha portato avanti un ministero antifascista in questa città e in questo momento ne abbiamo bisogno più che mai – ha continuato il sacerdote che ha ricordato anche tutte le persone che si sono tolte la vita per aver subito violenze e discriminazioni – Ha lottato per il diritto a essere se stessi contro ogni patriarcato. La chiesa come diceva papa Francesco non può essere una dogana, deve diventare un ospedale da campo per curare le ferite di chi sta ai margini, di chi è vittima, di chi è escluso, per essere anche noi segno di speranza”.
La chiesa era piena di amici commossi per la perdita di un punto di riferimento che in quasi cinquant’anni di lotte, insieme con Massimo Milani, è stato capace di tessere una rete motore di cambiamento a Palermo, ma non solo. In chiesa anche l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
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Massimo Milani con Leoluca Orlando (foto di Mike Palazzotto) |
“Te ne sei andato – ha detto Milani rivolgendosi a Gino – Ma tutta questa gioia, questo amore che è attorno a noi, in questi giorni così dolorosi, è il regalo più bello mai ricevuto. Da sola non ce l’avrei fatta. Sono stati quarantasette anni vissuti insieme, una vita meravigliosa, stupenda, anche con tanta discriminazione, ma vissuta sempre a testa alta, con orgoglio. Tu hai accolto sempre con grande amore la mia anima, anche davanti a tutte le mie trasformazioni, il tuo amore è rimasto intatto”.
Massimo Milani (foto di Mike Palazzotto)
E ancora: “È stato un amore soprannaturale che i maschi in questo momento non sanno dare – ha continuato Milani – Il vero uomo non si misura dalla violenza, ma dalla gentilezza come la tua. Hai fatto il miracolo di rendere i social in questi giorni una meraviglia. Quanti messaggi per te, quanti ricordi, quante belle parole e nessun insulto, questo è un miracolo. Il dolore che provo quasi mi sta passando grazie a tutta l’energia che mi arriva da te Gino e dalle persone che ci amano. Da tutto quello che abbiamo creato in questa Palermo. Grazie per il vostro calore. La morte di Gino è una perdita non della comunità ma dell’umanità”.
Massimo Milani bacia la foto del compagno Gino Campanella (foto di Mike Palazzotto)
Alla fine della celebrazione ha preso la parola anche l’attivista Lorenzo Canale: “Massimo e Gino sono un binomio inseparabile – ha detto Canale – Stiamo accompagnando Gino, ma non lasceremo mai sola Massimo. Ci ha insegnato che le conquista prima o poi arrivano, basta essere costanti. Lui costruiva, non distruggeva. Non ha mai perso la pazienza, una delle persone più buone che abbia mai conosciuto. Sempre con il sorriso. La bottega di Massimo e Gino non è mai stato un negozio di oggetti di cuoio, è sempre stato molto di più. Chiunque di noi passava da lì, poteva parlare con Massimo e Gino e raccontare gioie e dolori della propria vita. Un centro sociale, di socialità, un centro di costruzione di storie, di vita. Molti non sanno che Gino non è stato solo la fondazione di Arcigay, è stato quello che ha aperto il locale il “Neo”, quello che manifestava contro le basi missilistiche a Comiso. È stato mite, ma anche un leone quando era necessario esserlo, sempre nello spirito della costruzione”.
La Repubblica Palermo, 14/6/25
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