giovedì, giugno 05, 2025

Spie libere di delinquere e repressione nelle carceri. Ecco la sicurezza di Meloni


NELLO TROCCHIA

Il governo delle destre, guidato da Giorgia Meloni, ha ribattezzato il decreto, approvato ieri dal Senato, «sicurezza». Ma più che a tutela dei cittadini sembra sia stato pensato per lasciare ampi margini di manovra a servizi segreti e forze dell'ordine. Introduce, per esempio, la possibilità per l'intelligence di dirigere gruppi terroristici e manda nel caos più totale gli istituti penitenziari, come già gli incidenti nel carcere Marassi, e nei giorni scorsi in quelli di Cassino e Piacenza, hanno dimostrato.

Sono stati 109 i sì che hanno definitivamente licenziato il testo, fortemente voluto da Palazzo Chigi. Le opposizioni hanno protestato perché il governo ha posto la questione di fiducia bandendo di fatto il dibattito parlamentare, alcuni esponenti dell'opposizione hanno simbolicamente occupato l'emiciclo. 

I gruppi terroristici

L'articolo incriminato sui servizi segreti è il numero 31, che da una parte rende permanenti alcune norme introdotte in via provvisoria nel recente passato, dall'altra introduce nuove disposizioni per «il potenziamento dell'attività di informazione per la sicurezza». E queste nuove disposizioni preoccupano giuristi ed esperti, in particolare la previsione di rendere non punibili, «la direzione e l'organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo», «la detenzione di materiale con finalità di terrorismo», ma anche «la fabbricazione, l'acquisto o la detenzione di materie esplodenti». Una normativa che mette paura più che aumentare la sicurezza dei cittadini. «Un conto è partecipare ad un'associazione con finalità di terrorismo infiltrandosi, ma un altro conto è rendere non punibile le condotte di organizzazione e direzione di gruppi terroristici. Questo può diventare pericoloso ed è in contraddizione piena con il nostro ordinamento che prevede per le agenzie d'informazione un ruolo di prevenzione dei rischi per la sicurezza, ma non la possibilità di fare indagini penali, demandate unicamente al potere giudiziario», dice Armando Spataro, ex procuratore capo di Torino, giurista ed esperto di antiterrorismo. «Non condivido questa estensione dei poteri perché, in questo modo, le indagini saranno condotte anche dalle agenzie di informazione e quindi dal potere politico dal quale dipendono, cioè il governo. Il nostro ordinamento, invece, prevede che quando tali agenzie entrano in possesso di notizie di reato devono trasmetterle alla polizia giudiziaria che subito informa il pubblico ministero. Ma le nuove disposizioni vanno in un'altra direzione», conclude Spataro.

Anche sul carcere il provvedimento aumenta solo il caos e le violenze. Il nuovo reato di rivolta all'interno dell'istituto penitenziario è stato presentato come un aiuto agli agenti penitenziari. Ma è vero esattamente il contrario.

Caos carcere

Basta leggere per capirlo. «Ai fini del periodo precedente, costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva che, avuto riguardo al numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio, impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza».

Cosa significa? Niente più proteste pacifiche, battiture, prolungamento dell'ora d'aria perché si rischia di incorrere nel nuovo reato. I detenuti dovranno accettare cibo scadente, condizioni indecenti e, ricordando la stagione del Covid, assenza di mascherine e mancate risposte in caso di contagio. Il detenuto si troverà di fronte a una doppia scelta: partecipare alla protesta rischiando altri anni di carcere oppure rientrare esponendosi a possibili reazioni degli altri reclusi. Questo caos e queste violenze non aiuteranno gli agenti, anzi.

«Lo stato, per essere credibile e autorevole, prima di mostrare i muscoli (dopati), dovrebbe mettersi nelle condizioni di rispettare le proprie leggi e non di violarle sistematicamente persino nei confronti dei suoi stessi servitori. Siamo al caporalato di stato, ci sono agenti che nei giorni scorsi hanno lavorato per 26 ore consecutive, 26 ore. Già dopo l'entrata in vigore del decreto i disordini nelle carceri sono persino aumentati. Non vogliamo attribuire un nesso di causalità, ma di certo non c'è alcun effetto deterrente», dice Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa, un sindacalista che conosce il carcere e i problemi reali di chi indossa una divisa. In questo momento in carcere mancano 18mila agenti, alcuni sono sottoposti a turni massacranti e a straordinari insostenibili, e ci sono 16mila detenuti in più della capienza consentita.

«Il reato di rivolta che punisce anche la resistenza passiva mostra il volto illiberale di questo decreto e di questo governo. Risponde a tre diverse finalità, una più grave dell'altra. La prima è quella di configurare un carcere senza diritti, chi è detenuto non ha diritti e non può rivendicarli. Siamo tornati al 1931, al regolamento carcerario fascista. La seconda finalità è quella di svuotare il reato di tortura, anche perché la difesa di un agente violento potrebbe giustificare l'intervento con la cessazione di un reato punibile fino a otto anni di carcere, quello appena introdotto. La terza e ultima finalità, la più meschina, è quella di neutralizzare categorie di persone fragili. Chi incapperà in questo reato? Mica i grandi boss, ma i fragili che saranno sepolti sotto anni di condanna», dice Susanna Marietti di Antigone, da sempre si batte per il diritto e la civiltà giuridica. Civiltà giuridica unica nemica di questo provvedimento.

Nello Trocchia

domani.it, 5 giugno 2025

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