(Foto di Mauro Zanella)
Mauro Carlo Zanella
Un corteo imponente, unitario, pacifico nelle forme ma determinato nei contenuti ha attraversato Roma, dalla multietnica Piazza Vittorio alla storica Piazza di Porta San Paolo, luogo dove iniziò dopo l’8 settembre la Resistenza a Roma contro i nazifascisti.
Negli anni Sessanta fu luogo di scontri tra forze dell’ordine e lavoratori a seguito della svolta a destra del quadro politico per il sostegno che il Movimento Sociale Italiano diede al governo del democristiano Tambroni. La svolta a destra venne fermata dando inizio alla stagione riformatrice dei governi di cento sinistra, ma il costo fu alto per le vittime causate dalla iniziale, brutale repressione.
Dopo un lungo percorso seguendo le Mura Aureliane, decine di migliaia di giovani e giovanissimi hanno interamente occupato la piazza, riempiendola di colori e della musica sparata a tutto volume dai diversi camion che hanno accompagnato il corteo, che più che marciare ballava libero e scatenato, con la certezza di stare dalla parte giusta della Storia e che il futuro non potrà che appartenere a loro. Un corteo di opposizione politica, sociale e culturale a un governo che senza mezzi termini viene definito reazionario e fascista, a cui non si chiede nulla se non di andarsene (“Te ne vai o no, te ne vai sì o no!”).
Durante il percorso si alternano le differenti anime di un movimento unitario con uno slancio che la variegata sinistra italiana riesce ad avere soltanto quando il pericolo di perdere la nostra fragile democrazia diventa concreto.
Così sono molte e variegate le associazioni che accompagnano i giovanissimi, quelli dei centri sociali ma non solo, poiché per questo governo essere giovani è di per sé motivo di sospetto, salvo vestirsi con capi firmati che denotano l’appartenenza reale o ideologica al campo delle classi dominanti e privilegiate.
L’antiproibizionismo è visto dai ragazzi e dalle ragazze come il cuore di un’ideologia reazionaria pronta a colpire i consumatori di marjuana, ma impotente o direttamente collusa con le mafie in doppio petto che si spartiscono il mercato delle sostanze pesanti, a cominciare dalla cocaina.
Prendono la parola i collettivi transfemministi e ambientalisti, i comitati per il diritto ad abitare, i gruppi territoriali antifascisti e antirazzisti, i sintonizzati gruppi di solidarietà con la Palestina e il Rojava, i comitati dei precari, ma anche i rappresentanti della CGIL e dei Cobas, dell’Anpi e dell’Arci, di Amnesty International, dei Giuristi Democratici e del Cred, dell’Alleanza Verdi Sinistra e di Rifondazione Comunista e infine la variegata galassia di militanti della sinistra comunista.
La partecipazione imponente, pacifica ma determinata e unitaria insieme all’età media finalmente piuttosto bassa fanno ben sperare.
“È soltanto l’inizio. Non passeranno!” dicono.
Inguaribile e velleitario ottimismo?
Staremo a vedere, ma non dalla finestra, marciando insieme a loro.
Pressenza.com, 31.05.25
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