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| Salvo Vitale con Felicia, la mamma di Peppino |
Se n’è andato in silenzio, com’era vissuto, con quella discrezione che appartiene a chi non ha mai avuto bisogno di gridare per farsi ascoltare. Salvo Vitale non fu mai un protagonista da prima fila: professore di storia e filosofia, voce profonda e pacata, era uno dei ragazzi di Cinisi che negli anni Settanta decisero di sfidare l’innominabile, Gaetano Badalamenti, il boss di Cosa nostra.
Lo fecero con il mezzo più semplice e pericoloso: la radio. Radio Aut non era solo satira, era dinamite che passava dalle casse degli apparecchi, un atto di ribellione civile travestito da ironia.
Al fianco di Peppino Impastato, Vitale rideva del potere mafioso, lo smascherava con nomi e cognomi. Poi, quando l’amico venne fatto saltare in aria e lo Stato cercò di trasformare la vittima in colpevole, lui rimase. Non fuggì, non tacque. Diventò assieme agli altri compagni il custode della memoria e della verità, contro i depistaggi, contro l’oblio. Per oltre quarant’anni, ha raccontato Radio Aut, i cento passi, quella stagione di follia e coraggio in cui pochi ragazzi avevano osato dire ciò che tutti pensavano e nessuno osava pronunciare.
Il cinema lo rese personaggio, ma lui restò uomo. Claudio Gioè guidato da Marco Tullio Giordana interpretò sullo schermo il suo dolore, il monologo alla radio dopo la morte di Peppino. Nella vita, Vitale continuò a scrivere, a parlare ai giovani, a spiegare che l’antimafia non è retorica ma scelta quotidiana. Al fianco di Felicia, di Giovanni e Luisa Impastato.
A 82 anni se n’è andato anche lui, e con lui un pezzo della storia che non possiamo più permetterci di dimenticare. Perché se Peppino era il fuoco, Salvo fu la brace che continuò a tenere accesa la memoria. Ed è forse questo, oggi, il modo più giusto per salutarlo: ricordando che c’è stato un tempo in cui ragazzi armati solo di parole riuscirono a spaventare i mafiosi.
(Facebook, 20/8/2025)


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