domenica, agosto 10, 2025

Il brutale omicidio di Prizzi, finita la fuga dell’assassino


Fabio Geraci

È finita nel Trapanese la fuga di Giacomo Vitale Pecoraro, 26 anni, accusato dell’omicidio di Francesco Dino, bracciante agricolo di 57 anni ucciso giovedì scorso a Filaga, frazione di 220 abitanti del comune di Prizzi. 

I carabinieri del comando provinciale di Trapani lo hanno arrestato dopo due giorni di ricerche tra boschi e casolari: in mattinata era stato impiegato anche un elicottero per localizzare il sospettato, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Alcune ore dopo il delitto la Fiat Cinquecento L del presunto assassino era stata segnalata nell’Agrigentino, lungo la statale 115 tra Realmonte e Siculiana, ma la caccia all’uomo, subito avviata, non aveva avuto successo fino alla cattura di ieri pomeriggio. 

Secondo gli investigatori, all’origine del delitto ci sarebbe un rancore covato da anni, nato da una lite finita con una denuncia presentata da Dino.

La sera prima dell’agguato, racconta la sorella, Pecoraro si sarebbe appostato sotto casa intorno alle 22 per attendere il rientro a casa del cinquantasettenne con cui aveva vecchi conti in sospeso. «L’ho visto mentre stendevo i panni. È rimasto lì per un po’ di tempo finché non mi ha visto e si è allontanato», ha detto la donna agli inquirenti. Per l’avvocato Mario Bellavista, legale della famiglia Dino, «questo episodio rafforza ancora di più la tesi della premeditazione dimostrando che ha pianificato l’omicidio». Il giorno dopo, come si era ripromesso, Pecoraro ha colpito l’operaio davanti alla trattoria-pizzeria di via Marchese Arezzo, a pochi passi dalla sua abitazione. In base alla ricostruzione di quei drammatici minuti, l’aggressore avrebbe ferito Dino alle spalle e all’addome, infliggendo poi il colpo mortale alla gola.

È stata la sorella a soccorrerlo per prima, trovandolo ancora cosciente: «C’era sangue dappertutto - ha spiegato ai carabinieri - l’ho visto cadere davanti a me ma non ho potuto fare nulla». L’autopsia, disposta dal procuratore di Termini Imerese Lorenza Turnaturi ed eseguita all’istituto di medicina legale del Policlinico, ha stabilito che la morte è stata causata dalla grave perdita di sangue provocata da un fendente alla gola che ha reciso i vasi sanguigni provocando uno shock fatale. La salma è stata restituita alla famiglia per consentire i funerali e la sepoltura. Pecoraro, originario di Palazzo Adriano ma residente a Filaga, era già noto alle forze dell’ordine. In passato era stato in cura in una struttura del Nord Italia, a Cremona, ma aveva saltato le ultime sedute: «Non si tratta di un malato di mente - ha spiegato l’avvocato Bellavista - ma di un soggetto problematico, con una vita segnata dalla tossicodipendenza e da un’infanzia difficile». Per chi indaga, l’insieme degli elementi raccolti indica che l’omicidio era stato organizzato nei minimi particolari, compreso lo spostamento immediato da Filaga dopo l’uccisione del rivale grazie all’auto nascosta in precedenza. Un espediente che gli ha permesso di allontanarsi prima di essere rintracciato e portato in carcere.

GdS, 10 agosto 2025

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