domenica, agosto 03, 2025

IL PERSONAGGIO. Il saluto amaro di Paolo Bolognesi, presidente dell’associa- zione delle vittime della strage di Bologna: “I colpevoli legati al Msi”

Paolo Bolognesi

“La verità mi ha dato coraggio”. Lo scambio ruvido con Bernini

di CATERINA GIUSBERTI
BOLOGNA - Preparava il suo discorso da giorni. E non vedeva l’ora di pronunciarlo dal palco della stazione di Bologna, nel suo ultimo 2 Agosto da presidente dei famigliari delle vittime. «Sarò un po’ lungo», aveva premesso. E infatti sfora il minuto di silenzio, che slitta per la prima volta alle 10.27. È un fiume in piena, Paolo Bolognesi, 80 anni e una tenacia che ricorda quella degli alberi: «Abbiamo saputo resistere perché siamo stati come loro — spiega — abbiamo cambiato le foglie, non le radici». Aveva promesso di parlare chiaro. E non si smentisce. Quarantacinque anni dopo, nell’anno della verità giudiziaria definitiva sulla strage, chiama in causa il governo, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il ministro Francesco Lollobrigida. Si rivolge direttamente alla premier: «Presidente Meloni, condannare la strage di Bologna senza riconoscerne e condannarne la matrice fascista è come condannare il frutto di una pianta velenosa, continuando a innaffiarne le radici». Perché: «È un fatto, che tutti gli stragisti italiani passarono dal Msi».


Ruvido, asciutto, diretto. Più che una vittima è sempre stato un combattente, Bolognesi, da quando quel sabato d’agosto sul primo binario perse la suocera e raccolse la madre, il suocero e il figlio Marco, di soli sei anni, gravemente feriti. Il presidente Sandro Pertini all’inizio diede per morto quel bimbo, lo riconobbero solo per una voglia sulla pelle. Ieri c’era anche lui ad ascoltarlo, insieme alla fidanzata. «Ha detto che è stato un discorso bellissimo», confida il padre orgoglioso, lasciando trasparire per un attimo anche il suo dolore personale. Perché in questi ventinove anni alla guida dei famigliari del 2 Agosto — cinque dei quali passati in Parlamento come indipendente nel Pd — Bolognesi ha sempre incarnato la sofferenza di tutti, il bisogno di verità e giustizia di un’intera comunità. Anni di accuse e di attacchi, spesso durissimi. Come quando Giusva Fioravanti in un documentario disse che «in fondo aveva perso solo la suocera». Per non parlare delle lettere anonime, delle minacce. «Mi dicevano che ero meglio morto che vivo. Baggianate, non mi hanno mai toccato più di tanto ». Per tutta la mattina, una lunga processione di cittadini gli si avvicina per stringergli la mano, per abbracciarlo, per ringraziarlo del suo impegno. Il corteo è costellato di applausi. Di «grazie Paolo». Urlati dai marciapiedi, da sotto i portici, dalle finestre.
Pure la ministra Bernini lo bacia alle otto di mattina. Poi però sparisce indispettita dalla prima fila del palco, quando nel citare uno per uno gli esponenti del Msi coinvolti nelle stragi Bolognesi arriva fino al presente: «Cosa dire del fatto che nel gennaio 2007 Ignazio La Russa, oggi presidente del Senato, presenziò ai funerali di Nico Azzi, che fornì le bombe usate dai missini per uccidere il poliziotto Antonio Marino? Sono queste le radici che non gelano. E ci si deve fare i conti».
Già prima, aveva citato le «chat tra due esponenti della maggioranza, l’onorevole Frassinetti e il ministro Lollobrigida, in cui parlano di sentenza sbagliata e Lollobrigida invita a tenere un basso profilo sulla strage, cosicché una volta al governo avrebbero potuto provvedere a diffondere la verità con la V maiuscola ». Dal palco nomina l’ex senatore Msi Mario Tedeschi, Stefano Delle Chiaie e Paolo Signorelli «il cui nipote è stato il capoufficio stampa di Lollobrigida». Davanti al cippo per il ferroviere Silver Sirotti Bernini ci riprova: «Anche se non siamo d’accordo quasi su niente a parte le sentenze sono al suo fianco. Potrebbe regalarmi la gerbera che porta sulla giacca ». Lui replica, impassibile: «Deve scusarmi, questa me la devo portare a casa». Poi, rivolgendosi ai cronisti: «Siccome le pacche sulle spalle le prendiamo da 45 anni noi vogliamo i fatti». E ancora: «Il governo non vuole farci accedere alle sentenze perché tantissimi di loro sono implicati in tutto e di più». Alla fine , prima di passare la guida dell’associazione al suo vice Paolo Lambertini, cita Aldo Moro: «La verità è illuminante, aiuta a essere coraggiosi». A sera, registra amareggiato: «La risposta di Meloni è un modo per banalizzare la questione. Se agli italiani va bene così, che continuino». Lui quello che poteva dire l’ha detto.

La Repubblica, 3 agosto 2025

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