sabato, agosto 16, 2025

Agrigento. I poteri marci non mollano la presa sulla città


di Nino Cuffaro

Avere acqua potabile a sufficienza, possibilmente in maniera continuativa, è uno degli elementi che condiziona, e condizionerà ancor di più in futuro, vista la crisi climatica in via di accelerazione, le possibilità di sviluppo e benessere della nostra comunità. Eppure, dice la sezione di controllo siciliana della Corte dei Conti in una richiesta di chiarimenti inviata alla Regione, la gestione delle risorse idriche presenta “gravi criticità, dovute principalmente alla carenza di manutenzione, con ritardi negli interventi, gestione inefficiente, impianti obsoleti”.

Un giudizio impietoso che, purtroppo, calza a pennello alla realtà agrigentina, dove la vetusta rete urbana perde oltre il 50% dell’acqua immessa e i lavori per il suo rinnovo vanno avanti tra inchieste, dubbi, lentezze e disorganizzazione.

In merito all’aggiudicazione dell’appalto per il rifacimento dell’intera rete idrica gravano pesanti ombre e sospetti, con il  coinvolgimento di figure  apicali della politica locale e regionale, su cui indaga la magistratura per ipotesi di reato quali: turbativa degli incanti, corruzione e concussione.

Questo quadro, già a dir poco opaco, è stato da giorni ancora più inquinato dalle gravissime accuse lanciate dal direttore dei lavori, che rassegnando le proprie dimissioni (per il momento congelate dopo un invito della presidente dell’AICA) ha denunciato ostacoli ripetuti nell’esercizio delle sue funzioni, consistenti in: ingerenze di soggetti esterni, confusione nella gestione delle responsabilità operative, documentazione tecnica incompleta o non aggiornata,  inadempienze reiterate dell’appaltatore, ma soprattutto nella totale assenza “delle necessarie azioni d’istituto, più volte richieste, da parte degli organi superiori, affinché le attività svolte dall’appaltatore avvenissero nel rispetto dei vincoli contrattuali”.

Alla lettura di questi pesantissimi addebiti, tornano alla mente le accuse della procura di Agrigento, secondo la quale l’appalto relativo alla nuova rete idrica cittadina sarebbe tra le opere aggiudicate grazie alla complicità di dirigenti e funzionari pubblici, per essere assegnato ad un consorzio di imprese che, non solo sarebbe risultato non idoneo ad assicurare l’effettiva esecuzione dei lavori, ma non avrebbe posseduto nemmeno i requisiti economici e aziendali per affrontare un lavoro così complesso.

Il fatto che i lavori finora eseguiti vengano effettuati alla buona e non attraverso una complessa ed efficiente macchina organizzativa, lo si rileva anche agli occhi di una persona inesperta. Mi soffermo solo su un elemento grossolano: le riparazioni delle strade, dopo la posa dei nuovi tubi, non avvengono con l’ausilio di apposite macchine, ma semplicemente con la sistemazione manuale dell’asfalto effettuata con l’utilizzo di una pala e senza l’uso di un rullo compressore, necessario per compattare e livellare il conglomerato bituminoso. Conseguenza di tale andazzo artigianale: il nuovo asfalto non è perfettamente allineato a quello preesistente e si presenta con ondulazioni continue che rendono difficoltosa la circolazione stradale. Insomma, non proprio un lavoro “a perfetta regola d’arte”, come recitano i capitolati degli appalti pubblici. 

Pertanto, il J’accuse lanciato dal direttore dei lavori non può essere preso alla leggera e va chiarito punto per punto, con spiegazioni pubbliche che devono venire dalle autorità e dagli enti coinvolti: il gestore idrico Aica, che è il committente dell’opera; l’ATO idrico, che esercita istituzionalmente un’attività di controllo finalizzata a verificare il raggiungimento degli obiettivi qualitativi e quantitativi stabiliti nei contratti con i gestori del servizio; il sindaco, che deve tutelare gli interessi della città e non può non essere parte in causa.

Il primo atto doveroso, vista la rilevanza dell’interesse pubblico, dovrebbe essere la pubblicazione integrale della lettera di dimissioni con le accuse circostanziate del direttore dei lavori. Poi, bisognerebbe rispondere nel merito ai singoli aspetti critici evidenziati:

·       Chi ha ostacolato il direttore dei lavori, in quali occasioni e per quali finalità?

·      Chi sono i soggetti esterni (funzionari-dirigenti-politici- tecnici) che hanno messo in atto ingerenze e di che tipo di interferenze illecite si tratta?

·      Perché nessuno dei soggetti istituzionali, pur ripetutamente informati e sollecitati ad intervenire, ha promosso alcuna verifica?

·      Alla luce delle pecche denunciate e dei rilievi dell’autorità giudiziaria, la ditta aggiudicataria può ancora essere ritenuta idonea alla realizzazione del complesso lavoro affidatogli?

·      Vista l’inchiesta in corso, le autorità in questione ritengono di aver rilevato, dalle informazioni fornite dal direttore dei lavori, elementi da riferire agli organi inquirenti?


Sono domande che l’intera classe politica dovrebbe abbracciare e rilanciare, se avesse a cuore il bene comune e il rispetto della legalità. In particolare, dovrebbero attivarsi quelle forze di governo (sindaco, assessori, consiglieri comunali) a cui spetta la rappresentanza istituzionale dell’interesse dei cittadini.

La vicenda non può che lasciare sbalorditi. Nonostante l’inchiesta giudiziaria in corso, evidentemente, ci sono poteri marci che pensano comunque di poter continuare ad inquinare la vita di questa comunità.  Hanno lanciato con ostentata presunzione ed arroganza una sfida alla società civile, mantenendo salda la presa sulla città e sugli affari economici, per trarne profitto e accrescere il loro potere, sicuri dell’impunità. La risposta delle istituzioni dev’essere adeguata, per tempestività e congruità di intervento, all’importanza dell’interesse in gioco e alla gravità dei fatti.

Nino Cuffaro

bacbac.eu, 15 agosto 2025

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