giovedì, agosto 14, 2025

EDITORIALE. Meglio morti

Migranti nel Mediterraneo

Sono due le barche affondate ieri al largo di Lampedusa, tra le vittime anche una neonata e tre adolescenti. Si cercano ancora i dispersi. Almeno ventisette morti. Sessanta invece sono le persone sopravvissute, 56 uomini e 4 donne. Ancora incerto il numero dei dispersi, ma secondo quanto raccontato dai migranti sopravvissuti, le due imbarcazioni trasportavano circa un centinaio di persone.

Andrea Fabozzi

MIGRANTI. Sono morti affogati a quattordici miglia dalle sponde italiane, vale a dire al confine delle acque nazionali e a venti minuti di navigazione da terra per una motovedetta. Vedevano la costa. Ma quel barchino che si è ribaltato con un centinaio di persone a bordo era solo, perché le navi delle Ong sono tenute lontane o ferme nei porti da leggi fatte apposta per impedire i salvataggi in mare. Era il barchino quasi al termine del suo viaggio, cominciato nella Libia dove il governo italiano riaccompagna i torturatori in volo di Stato. Quei sudanesi, egiziani, somali e pakistani che torturatori non sono, casomai torturati, hanno viaggiato una notte e una mattina per mare, alcuni forse doppiamente naufraghi raccolti da un’altra barca piena d’acqua. Ma nessuno li ha aiutati né nel primo né nel secondo naufragio, se non troppo tardi.

Erano soli, anche se ormai quasi a Lampedusa perché guardacoste e finanzieri non pattugliano abbastanza la zona che pure è Sar italiana (Search and rescue, ricerca e soccorso). Gli ordini sono altri: contenimento e respingimento, non soccorso. È quello che è accaduto a Cutro. Due anni e mezzo dopo non è cambiato niente se non in peggio.

Non è cambiato il racconto di Meloni, che anche ieri ha dato la colpa all’«inumano cinismo dei trafficanti», ed è probabile che le polizie stiano già cercando tra i poveri sopravvissuti qualcuno da indicare come «scafista». Ma se è al cinismo che va data la caccia, perché non cominciare da chi per «difendere i confini della Nazione» consente che affoghino bambini di un anno?

I nostri ministri lo hanno detto chiaramente: con le onde o con le deportazioni nei Cpr d’oltremare puntano a scoraggiare le partenze, laddove non arriva il contenimento degli Almasri. Non è un problema di costi, lo dimostrano le folli spese per l’Albania o i tanti assetti che si mobilitano a tragedia avvenuta. È una questione di dividendo politico. Se la destra pensasse che salvare le vite in mare ne avesse uno, come ce l’ha un’italiana quando cade per colpa di un bambino rom, proporrebbe di prosciugare il Mediterraneo così come propone di asfaltare i campi rom. Ma non ce l’ha e dunque gli va bene che il Mediterraneo si richiuda sui naufraghi. Come in effetti accade.

il Manifesto, 14 agosto 2025

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