Il procuratore generale Roberto Scarpinato |
La relazione del procuratore generale del Tribunale di Palermo
«La crisi pandemica ha aggravato i limiti della illusione repressiva, la convinzione di poter usare la risposta penale per governare complessi fenomeni, quando ci vorrebbero politiche di risanamento sociale che eliminino le diseguaglianze sociali, causa della riproduzione di queste forme di criminalità». Nella sua complessa analisi giudiziaria e sociologica, il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, ha evidenziato l’incapacità dello Stato di far fronte a una organizzazione mafiosa che «gode ancora di ampio e diffuso consenso». Se la repressione impegna molto, essa si rivela «evanescente in termini di recupero e di sanzioni di fatto ineseguibili per la indigenza dei condannati » . Mentre dalle indagini della Dda di Palermo, coordinata da Francesco Lo Voi, emerge un « notevole tasso di consenso popolare in tanti quartieri in cui è elevata la povertà, come lo Zen, il Borgo vecchio, l’Arenella».
Proprio con riferimento a quest’ultima borgata marinara del capoluogo
siciliano, il Pg di Palermo cita un « esempio emblematico tra i tanti»,
registrato dalle indagini antimafia effettuate dopo la scarcerazione del
boss Gaetano Scotto. Il capo cosca, tornato nella sua zona, « ha trovato
un intero quartiere con atteggiamento di devozione nei suoi confronti e alla
festa di Sant’Antonio da Padova, lui e la fidanzata, in violazione delle
regole, sono stati invitati a salire a bordo della barca del Santo. Non si
tratta di episodi isolati — ha rimarcato Scarpinato — vicende simili si verificano
in altre zone della città e della provincia. Quali sono i motivi di questo
consenso? Dove non arriva lo Stato arriva il boss, che offre risposte immediate
a bisogni elementari di sussistenza, in termini di reperimento di posti di
lavoro, di interventi in favore di soggetti taglieggiati o collusi».
La Repubblica Palermo, 31 gennaio 2021
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