giovedì, novembre 06, 2025

Rivoluzione Mamdani. Così il fronte democratico ha sconfitto il tycoon


Mattia Ferraresi

Il responso della Grande Mela: Mamdani ha battuto Cuomo con il 50,4% dei voti contro il 41,6%. Se ci fosse stato il suo nome sulla scheda avrebbe vinto, dice il presidente Trump; ma forse i democratici hanno vinto proprio perché sulla scheda il suo nome, pur non essendoci, c'era.

Zohran Mamdani è diventato sindaco di New York dopo una campagna fulminante, ha rispedito Andrew Cuomo e l'establishment che rappresenta nei sobborghi, come dice lui, e nella prima riga del suo primo discorso da sindaco ha citato Eugene Debs, socialista e sindacalista detestato dai democratici al potere e incriminato per essersi opposto al reclutamento per la Prima guerra mondiale.

«In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce. Vedo l'alba di un giorno migliore per l'umanità», ha detto il 34enne nella sua notte. Nessun vincitore aveva osato pescare un riferimento tanto a sinistra, addirittura dalle parti del sol dell'avvenire, ma va anche ricordato che c'è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui New York era soprannominata la città più occidentale dell'Unione sovietica.

Certo, la città è il proverbiale regno della finanza, la giungla del real estate, il magnete del lusso che attira l'1 per cento dell'1 per cento, la piazza dove volgari ereditieri del Queens mettono una patina d'oro e il proprio nome sui grattacieli e riescono perfino a venderli, ma è anche il laboratorio di idee radicali che non si fanno troppi problemi se trovano ospitalità in dimore sfarzose.

Socialdemocrazie

È in un sibaritico appartamento su Park Avenue che Leonard Bernstein ospitava serate rivoluzionarie con le Pantere Nere, vicenda che la penna immortale di Tom Wolfe ci ha consegnato sotto il titolo "radical chic", diventato un genere. Nelle infinite immagini della nottata di Mamdani è circolata, fra i commenti indignati dei critici, una foto di lui con Alex Soros, figlio di George, che sorridente annuncia che «il sogno americano continua».

Dall'opposta parte politica della metropoli, intanto, il murdochiano New York Post sfornava una copertina in stile socialismo reale sulla "red apple", con tanto di falce e martello. L'appeal del democratico socialista e musulmano che vuole affitti calmierati, asili e mezzi pubblici gratuiti, supermercati popolari, tasse per i milionari (il 2 per cento: sopravviveranno) ha toccato il nervo scoperto di generazioni attempate di rappresentanti dell'establishment per cui anticomunismo e islamofobia sono parti fondamentali dell'identità politica.

Molto probabilmente Mamdani ha beneficiato degli eccessi livorosi del mondo Maga che, in preda alle passioni trumpiane, lo ha mostrificato come criptoterrorista e globalizzatore di intifada, mentre lui e i suoi giovanissimi consiglieri cucivano una coalizione elettorale di cittadini che hanno il problema del costo esorbitante degli affitti e, cosa non sorprendente, reagiscono positivamente a ricette più da socialdemocrazia scandinava che da regime sovietico.

Voto contro Trump

«Sono giovane, nonostante i miei migliori sforzi per diventare più vecchio. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa più grave di tutte, mi rifiuto di chiedere scusa per questo», ha proclamato il neosindaco. Ma, passata la notte dei festeggiamenti, viene il giorno delle analisi.

Come va letta la vittoria di Mamdani? Alexandria Ocasio-Cortez, sua alleata della parte sinistra del partito e scalpitante leader nazionale, ha interpretato la vittoria come una «minaccia alla vecchia guardia», il trionfo della turbosinistra sui democratici dello status quo che esaltano l'unità del partito quando fa comodo e rimandano i giovani neosocialisti in cameretta a fare i giochi quando fanno troppa confusione. 

È naturale che l'ala radicale rivendichi questa spettacolare vittoria come affermazione del proprio valore dopo tante battaglie di testimonianza, ma, mentre il popolo di Mamdani festeggiava, in Virginia e New Jersey due governatrici dem a loro volta celebravano l'elezione, ma i profili moderati di Abigail Spanberger e Mikie Sherrill non potrebbero essere più lontani da quello del sindaco.

E anche in California il Partito democratico ha ottenuto una grande vittoria referendaria: i collegi elettorali saranno ridisegnati in modo da avvantaggiare i democratici, che è esattamente quel tipo di battaglia che appassiona i tecnici della gestione del potere, non certo gli annunciatori di un giorno migliore per l'umanità. Anche il governatore Gavin Newsom scalpita in vista di un futuro presidenziabile. È dunque il giorno dei rivoluzionari o dei moderati?

Per Donald Trump, la vittoria di Mamdani non ha una causa precisa, ma si sarebbe potuta evitare se lui fosse stato nella competizione. Nella sua raffica di post, più fitta del solito, ha detto che così attestano non meglio specificati sondaggisti. Molto probabilmente è vero il contrario.

I democratici hanno vinto in tutte le varie forme, articolazioni e contesti: l'establishment in California, due moderate in New Jersey e Virginia, un democratico socialista a New York, correnti che hanno in comune la lotta contro Trump. Se ci fosse stato il suo nome sulla scheda avrebbe vinto, dice il presidente; ma forse i democratici hanno vinto proprio perché sulla scheda il suo nome, pur non essendoci, c'era.

Mattia Ferraresi

domani.it, 6/11/2025

Nessun commento: