martedì, novembre 04, 2025

Grazie a Pino Governali, il nostro primo “incontro” con Pasolini al liceo di Corleone

Pier Paolo Pasolini

Pino Governali
Cinquant’anni fa eravamo al liceo di Corleone, sedicenni, con un prof. che già da subito (non so se a tutti ma ad un gruppetto di noi sì!) risultò graditissimo: Pino Governali.
 

Svolgeva con precisione il programma prestabilito (stil novo, Petrarca ecc.) recitando lunghi brani della Divina Commedia a memoria. Allora aveva 36 anni, ma la sua fisicità era quella che avrebbe mantenuto nei decenni a venire, tanto che, da grande, scherzando gli dicevo che nel tempo si era mantenuto tale e quale, non invecchiando più di tanto o sembrando, già da giovane, più anziano della sua età. Nei decenni a venire, ritrovandoci alla redazione di Città nuove, di cui facevamo parte, avevamo ripreso il rapporto interrottosi    bruscamente quasi un ventennio prima, a causa della mia brusca andata via da Corleone, appena diciottenne.

E abbiamo mantenuto questo rapporto, interlocutorio, critico, ma comunque vitale fino alla morte. E, a quanto pare, in qualche maniera pure oltre. 

Pino (a cui alcuni di noi alunni, col suo consenso, davano del tu, senza che per questo si sentisse minimamente mancato di rispetto) trovava il tempo di svolgere il programma ministeriale ma anche di farci leggere brani da una interessante antologia critica, con scritti di autori contemporanei. O facendoci anche leggere per intero alcuni libri di autori contemporanei. Come trovava questo tempo? Gli insegnanti sono spesso assillati appunto dalla mancanza di tempo, e spesso rinunciano all’attualità per poter svolgere quanto devono, secondo i programmi ministeriali. E Pino dove trovava questo tempo? Lo trovava perché, a quanti volessero fra i suoi alunni, consentiva di incontrarci anche a casa sua, nel suo studio, creando momenti di cordiale e anche culturale comunicazione. O, talvolta, anche incontrandoci a scuola nel pomeriggio. In primo liceo, quell’anno, ci fece leggere Calvino, Sciascia, Pasolini… 

Oggi è il cinquantesimo dell’assassinio del grande intellettuale, che voleva essere il protagonista di questo pezzo (pezzettino) su di lui. Sto finendo invece con lo scriverlo su Pino. Ma non sento questa cosa come una digressione, un fuori tema. I giornali, la radio, la tv, stanno fornendo, in occasione del 50 esimo della sua uccisione, palate di articoli e trasmissioni su Pasolini che, chi volesse, può andare a leggere o ascoltare. E non avrebbe senso che io, che non sono affatto una “pasolinologa”, scrivessi il mio pezzo tagliando e ricucendo brani scritti da altri. Voglio perciò non scrivere un pezzo su Pasolini (non ne sarei all’altezza) ma evocare il mio ricordo personale del mio/nostro primo incontro letterario con lui, grazie a Pino. In classe avevamo appena finito di leggere “Una vita  violenta”, lettura ostica, per l’uso abbondante di dialoghi in romanesco, uno sguardo tipico pasoliniano sul mondo delle periferie e dei suoi abitanti. Libro che, come altri suoi prodotti (articoli di giornale, libri, film) sarebbe costato a Pasolini una delle svariate denunce per vilipendio alla religione, oscenità ecc., nell’Italia  di allora, pronta a scandalizzarsi di più di un cosiddetta parolaccia che di una strage di Stato. Quando lo ammazzarono ne rimasi sconvolta, e scrissi sul mio diario scolastico di allora (che, come spesso sono i diari scolastici, era anche un diario personale), scrissi con accoramento che, se fossi morta io, nel mondo non sarebbe cambiato chissà che, ma che la morte di Pasolini, invece, era una morte che “cambiava”, che spostava le cose, che non le lasciava affatto tali e quali. 

Fra le mie scartoffie (che non reputo tali, visto che continuo a conservarle) ho ancora un numero de “L’Europeo” con in copertina il volto di Pasolini e, all’interno, un articolo di Oriana Fallaci in cui lei raccontava di aver sentito dire da un testimone che Pasolini non era stato affatto massacrato da Pino Pelosi ma anche da altri. Ma non rivelò il nome del o della testimone che glielo aveva raccontato o elementi che potessero identificarlo/a, dato che le aveva richiesto assolutamente di non essere coinvolto/a in quanto rischiava di essere ammazzato/a a sua volta. La Fallaci non lo rivelò e incorse lei, per questo, nei rigori della legge. 

Ho avuto modo di ascoltare in questi giorni alla radio alcuni passaggi del rapporto fra la Fallaci e Pasolini, amici stimati e spesso in dissenso. Pasolini era senza dubbio un intellettuale incontentabilmente critico, anche con gli amici più cari. Ambedue a lanciarsi critiche che avrebbero atterrato chiunque, ma che mi confortano nell’idea (che sostengo fortemente già da me) che due persone, tanto più se amiche, a maggior ragione possono e devono criticarsi anche duramente, fidando proprio sulla forza della loro amicizia.

Col tempo l’analisi della lacunosità estrema (casuale??) nelle indagini sull’omicidio, l’impossibilità di poter rilevare tracce che sarebbero state salienti per formulare concretamente l’ipotesi dell’attentato (le ruotate delle auto della polizia stessa attorno al cadavere, il non transennamento dell’area, lo scalpiccio di innumerevoli passi attorno al corpo di Pasolini, lavato prima dell’autopsia…) hanno lasciato per sempre nel dubbio l’ipotesi dell’assassinio premeditato e tutt’altro che casuale di Pasolini, ben riassunta nel bel film di Maro Tullio Giordana “Pasolini, un delitto italiano”.  

Ma torniamo a Pino, co-protagonista di questo mio “pezzetto”. Pino aveva una fede, anche religiosa, profonda e motivata. Anche Pasolini, era uno spirito profondamente religioso. Ma allora, a ridosso dell’uccisione di Pasolini,  Pino fu duramente apostrofato dal padre di un mio compagno di liceo dell’epoca, che lo aggredì perché ci aveva fatto leggere un autore così sconcio, e gli disse di vergognarsi di averlo fatto, tanto più che si riteneva credente! Gli disse che non poteva ritenersi più cristiano! Pino ci restò malissimo ma non lo aggredì a sua volta, come chi abbia conosciuto l’indole di Pino non ha difficoltà a credere. Non so se in virtù di questo fatto o boh non continuò a far leggere libri di autori contemporanei ai suoi alunni. 

Non molto tempo prima di morire, nel 2016, Pino ci aveva fatto vedere nel suo studio un malloppo di carte (scriveva rigorosamente a mano) di un suo lavoro su Pasolini. Spero che i familiari abbiano, assieme alle altre, conservato pure queste. Sarebbe bello poterle leggere e, se è il caso, pubblicarle? 

Con questa, lancio la fattibile proposta di visionare assieme (alla cgil?) alcuni film di Pasolini. “Mamma Roma” con la Magnani? E “Medea” con la Callas? E “Il vangelo secondo Matteo”? E il già citato film di Giordana? Utilizzando questi anniversari (tre anni fa il centesimo della nascita e ora il cinquantesimo dell’assassinio) come l’occasione per ri-scoprire un autore così umano?  

Maria Di Carlo

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