domenica, novembre 09, 2025

CI SCRIVONO. Laura Liistro: L’antimafia silenziosa che tiene in piedi la Sicilia

Il maresciallo Paolo Bordonaro

Leonardo Sciascia
di Laura Liistro

La Sicilia torna a essere osservata speciale dopo l’inchiesta della Procura di Palermo che vede coinvolto l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro. Le intercettazioni, i retroscena sulla sanità pubblica e le accuse di un sistema di potere parallelo riaccendono l’ombra di vecchie logiche: favori, clientele, fedeltà personali e spartizioni di incarichi. 

Un copione già visto, che ripropone l’immagine di un’isola dove il potere cambia pelle ma non sostanza.

È il volto moderno del gattopardismo politico, quella capacità tutta siciliana – e ormai nazionale – di mutare linguaggio e sigle per conservare gli stessi equilibri. Oggi come ieri, l’apparente rinnovamento nasconde un sistema immobile, dove la politica diventa mestiere e la morale strumento di consenso.

Eppure, la storia insegna che la consapevolezza del male mafioso affonda le sue radici ben prima della stagione dei grandi processi e delle retoriche pubbliche. Negli anni Trenta del Novecento, Paolo Bordonaro, maresciallo dei Carabinieri e uomo di fiducia del prefetto Cesare Mori, redasse un dossier intitolato “Lotta alla mafia siciliana”.

Cesare Mori

In quelle pagine – oggi quasi dimenticate – descriveva la mafia come un “mostro marino”, un organismo tentacolare capace di insinuarsi nei gangli dello Stato, nelle istituzioni e nella società civile. Bordonaro aveva intuito, con straordinaria lucidità, che la forza della mafia non stava soltanto nella violenza, ma nella complicità culturale e sistemica che la sosteneva.

Decenni dopo, Leonardo Sciascia avrebbe raccolto idealmente quella stessa eredità di pensiero. Quando denunciò il rischio dei “professionisti dell’antimafia”, non negava la lotta alla criminalità, ma avvertiva del pericolo di trasformarla in strumento di potere, svuotandola del suo senso morale e civile. Il riferimento di Sciascia al Consiglio Superiore della Magistratura e alla nomina di Paolo Borsellino a procuratore a Marsala nel 1987 provocò polemiche e attacchi mediatici, isolando i magistrati. Sciascia sbagliò ad indicare Borsellino tra i “professionisti dell’antimafia”, ma sottolineò un pericolo vero che si sarebbe rivelato in tutta la sua drammaticità qualche decennio dopo.  Paolo Borsellino, nei suoi ultimi anni era consapevole dei “giorni contati”.

Un isolamento simile lo visse anche il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Prefetto a Palermo, costretto a operare in un contesto di scarsa collaborazione e sostegno istituzionale, circostanza che segnò tragicamente i suoi ultimi giorni.

Questi uomini – Bordonaro, Dalla Chiesa, Borsellino – non furono solo figure simboliche, ma combattenti concreti: lottarono la mafia sia ideologicamente sia materialmente, con impegno, rischio e sacrificio personale. Eppure, paradossalmente, furono vittime di quel sistema stesso che cercavano di proteggere, isolati, minacciati, e in alcuni casi assassinati.

Ma accanto a questi richiami storici, esiste una Sicilia diversa, più silenziosa ma più autentica.

È quella dell’antimafia quotidiana, fatta di scelte coerenti e piccoli gesti di coraggio: di chi denuncia un abuso, di chi rifiuta la raccomandazione, di chi insegna ai propri figli che la legalità non è un’eccezione, ma la norma.

È un’antimafia che non ha riflettori né slogan, ma che resiste dentro la società reale. È quella che, con fatica e dignità, tiene in piedi la speranza di un cambiamento vero, là dove la politica continua a replicare vecchi schemi di potere.

Forse è proprio in questa resistenza silenziosa, nell’impegno quotidiano dei cittadini comuni, che si cela la risposta al gattopardismo di ieri e di oggi.

Perché il vero cambiamento, quello che uomini come Bordonaro, Sciascia, Dalla Chiesa e Borsellino avevano intuito con lucidità e praticato con coraggio, non nasce dai palazzi ma dalla coscienza collettiva di chi sceglie, ogni giorno, di non voltarsi dall’altra parte.

Laura Liistro

Nessun commento: