venerdì, febbraio 07, 2025

1926-2025. Addio a Tortorella, l’ultimo comunista, partigiano per sempre


DI CONCETTO VECCHIO

ROMA — Come spiegare oggi a un giovane cos’erano i comunisti italiani? Sono tipi umani scomparsi. Aldo Tortorella, l’ultimo grande dirigente ancora in vita, se ne è andato ieri a 98 anni. È stato direttore dell’ Unità . Consigliere culturale di Enrico Berlinguer. Parlamentare del Pci dal 1972 al 1994: un partito che prendeva il 30 per cento dei voti e aveva due milioni di iscritti. Intellettuale spinoziano. Belle librerie, certo, ma anche la capacità di parlare alla classe operaia. E la folta mazzetta dei giornali sempre sottobraccio. 
Nato a Napoli, cresciuto a Milano. Figlio della borghesia. Il padre liberale, la mamma casalinga ma col diploma. Subito dopo il liceo, fatto al Vittorio Veneto vicino a piazza Duomo, aveva scelto di stare a sinistra. Era di quella generazione che aveva visto la guerra. E aveva combattuto il fascismo. Il giorno che cadde il Duce i milanesi strapparono i manifesti col faccione di Mussolini, dai balconi volarono i busti. Tortorella aveva 17 anni. Si arruolò nella Resistenza, nome di battaglia “Alessio”, finì in galera, da cui fuggì travestito da infermiera donna, qualcuno dice da suora. Nella Milano del 1943 i comunisti ancora clandestini si davano convegno nel retrobottega di un negozio di Ferragamo, in via Montenapoleone, gestito da una nobildonna. Tortorella conobbe così Girolamo Li Causi, Giorgio Amendola, Gillo Pontecorvo. A vent’anni l’incontro con Rossana Rossanda, di cui fu amico per tutta la vita. 


Era un predestinato. Palmiro Togliatti lo scelse per il nuovo corso, con Reichlin e Macaluso. «Togliatti mi pareva geniale ma non simpatico », raccontò una volta a Walter Veltroni. Come il Migliore ha sempre coniugato cultura e politica. «Era più alla mano di altri dirigenti, con più garbo, ma poi leggeva i documenti della Federazione giovanile con la matita rossa e blu», ricorda ora Pietro Folena, che da capo della Fgci lo ebbe come maestro: «Noi eravamo radicali, anti sovietici, aperti al mondo gay, Tortorella, che aveva dialogato con le femministe, ci sostenne». 
Difficile, in questo mondo di destra, riuscire a immaginare cos’è stato il comunismo italiano. Complicato spiegare perché attrasse i borghesi come Tortorella, e la nobildonna di Ferragamo. E quindi un movimento enorme, di slanci, generosità e sbagli colossali. «Dopo i carri armati in Ungheria ebbi la tentazione di uscire», ammise una volta. Chi oggi ha più di 50 anni, se li ricorda: i comunisti erano un po’ rigidi, bigotti, con un forte senso della disciplina e della gerarchia, uomini per i quali il partito e il sol dell’avvenire erano «una scelta di vita». Il Pciera come una chiesa, e come tale proteggeva, seppur non immune da cinismi e favoritismi. Tortorella era solito raccontare questo aneddoto sulla cooptazione interna, poi riportato da Fabrizio Rondolino inIl nostro Pci (Rizzoli): «Un gruppo di cretini si riunisce per cooptare uno ancora più cretino, così da poterlo controllare meglio. Dopo un po’ di tempo sono tutti talmente cretini da cooptare, inavvertitamente, un compagno intelligente. Questo noi lo chiamiamo rinnovamento della continuità». 
Tortorella quindi consigliava Berlinguer. Poi nel 1989 fu contrario alla svolta di Occhetto, ma non volle mai aderire a Rifondazione comunista. Rimase fedele alla sua idea di ragazzo, non cercò altre avventure. Ha sempre scritto, fino all’ultimo, intervenendo nel dibattito pubblico: sulla guerra in Ucraina era convinto che l’obiettivo dell’America fosse quello di infliggere «un duro colpo alla Russia». Dirigeva la rivista Critica marxista : i politici di un tempo sentivano la necessità vitale della scrittura e Tortorella era iscritto all’albo dei giornalisti dal 1947. «L’ho conosciuto all’ Unità di Genova, e poi abbiamo lavorato insieme a Roma. Era una persona molto seria, sono addolorato», lo ricorda adesso Carlo Ricchini, 95 anni, storico caporedattore dell’ Unità . Ieri la notizia l’ha data il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. «Ci direbbe: non rimpiangere e guarda avanti», ha scritto sui social Pierluigi Bersani. Oggi dalle 10 alle 17 a Montecitorio, nella sala Aldo Moro, ci sarà la camera ardente. 
Negli ultimi tempi c’erano in lui elementi di delicatezza straziante. Quando gli si telefonava si scusava di non poter parlare più forte, per non disturbare la compagna, Chiara Valentini, la biografa di Berlinguer. Quando compì 90 anni gli fecero festa alla Casa del Cinema, dove venne proiettato il documentario che gli dedicarono Uliano Paolozzi Balestrini, Francesca Bracci e Alberto Leiss. Una lunga vita e piena di senso. «Ma quelli che ricordo meglio sono gli errori», disse Tortorella. 

La Repubblica, 7 febbraio 2025

Nessun commento: