Alcune oasi sono sopravvissute al cemento: la residenza del principe Cottone e il Teatro di Verdura e poi Virginia, Giuditta...
Claudio Paterna
Su viale del Fante, dopo Villa Chiaramonte-Bordonaro, si apre l’ingresso a Villa Castelnuovo, oggi proprietà della Regione ma un tempo dimora del principe illuminato Carlo Cottone, tra i fautori del Parlamento siciliano del 1812. La villa e il vasto parco dal 1819 divennero istituto agrario e giardino sperimentale per volontà del principe, deluso dalla politica attiva. In effetti le energie e l’impegno profuso a favore del Parlamento erano stati cancellati dall’editto di re Ferdinando, che imponeva la costituzione del Regno delle Due Sicilie (1816). La creazione di una élite dirigente agrario-imprenditoriale apparve a Castelnuovo l’unica utopia politica possibile per i tempi.
La Scuola fu in seguito diretta dall’allievo prediletto Ruggero Settimo, che fu anche a capo della rivoluzione siciliana del 1848.Ai padiglioni della villa con il gymnasium si entrava originariamente da via San Lorenzo, attraverso il bel portale a figure allegoriche, attribuito a Michele Varrica, autore anche dell’affresco raffigurante le quattro stagioni sotto la cupola in fondo al viale. L’insieme dell’edificio neoclassico, con al centro un portico a colonne in stile dorico che delimitano la sala circolare aperta, fu realizzato da Antonio Gentile a partire dal 1820. Visitabili la cappella, la biblioteca con i volumi e gli erbari d’epoca, i sotterranei con le cucine e le camerate degli allievi, di cui rimangono le divise. Accanto all’edificio monumentale si trovano l’aula didattica e altri piccoli padiglioni d’epoca successiva.
L’ingresso con cancellata e piloni da viale del Fante (oggi c’è un centro per anziani), serviva in origine il giardino ornamentale, lo stesso che si prolungava fino all’attuale ingresso al Teatro di Verdura. La palazzina neoclassica è caratterizzata da due grandi erme con satiri, oggi edificio di biglietteria per gli spettacoli estivi del Teatro Massimo. Originariamente il teatro di verdura aveva uno scenario naturale con un fondale a filari d’alberi e i due pilastri simbolici di Boaz e Jachin, che segnavano i confini del Tempio all’aperto; una grande impalcatura in metallo oggi sorregge le gradinate per il pubblico.
Alle spalle di quest’area, nel viale villa Rosato, si erge la settecentesca ex villa Scovazzo, già baglio agricolo ai Colli e oggi struttura alberghiera. Il prospetto presenta un piccolo scalone a doppie rampe. Si deve proprio agli Scovazzo, giudici eruditi della Gran Corte, originari di Aidone, se questa zona infestata da «banditi di passo» è stata liberata anche con la creazione di un viale che dalla contrada San Lorenzo giungeva alla Favorita e alla tenuta dei Valguarnera-Niscemi. Le tradizioni popolari parlano del bandito Giallongu di Li Pitrazzi e di tal terribile Genovese, entrambi afforcati con pubblica esecuzione dopo la cattura (La Duca).
La contrada, nella parte iniziale di via San Lorenzo, fu peraltro denominata Scannaserpi, immortalata nel detto: «Tricchi e ballacchi, semu riddutti comu i Scannaserpi, nudi, morti di fami e senza scarpi», alludendo a due fratelli proprietari della tenuta, cui s’accedeva da un arco tutt’oggi visibile, ridotti alla miseria per le estorsioni subite. Alle spalle della suddetta Casena Marraffa si trova villa Napolitani, una severa costruzione a due piani, anch’essa appartenente a un giureconsulto che partecipava agli incontri degli aristocratici liberali riuniti nella loggia Erberta, a villa Scovazzo.
Nella tenuta alle spalle di Villa Napolitani è sorto agli inizi del XX secolo il quartiere denominato via Africa. Nelle strade adiacenti non mancano edifici liberty, tra cui Casa D’Angelo, a tre elevazioni con decorazioni della scuola del Basile. Oltre l’incrocio con via Aldisio sono collocate - su via San Lorenzo - gradevoli villette in stile floreale, tra cui Villa Virginia a prospetto neorinascimentale, Villa Giuditta derivante da un baglio agricolo (oggi in fase di restauro, poco riconoscibile) e la casa cantoniera con la scritta evidente.
Più avanti, per quella strada che è stata definita «il miglio d’oro», in tempi lontani dall’assalto edilizio che subì la zona a partire dagli anni Settanta, incontriamo, all’incrocio con via Ingegneros, Villa Girma, recentemente restaurata. Di essa sono appena visibili le forme neogotiche. Gradevole la torretta liberty di fronte la scuola elementare.
Tra via Di Giovanni e via dei Quartieri si apre una strada a due corsie che appare come una fenditura profonda tra gli alti moderni palazzoni. Oltre essa s’intravedono le guglie della chiesa e del convento di San Vincenzo de’ Paoli, il doppio colonnato neoclassico di villa Molina e la Torre d’avvistamento incendi, in origine collegata col Parco della Favorita attraverso una trazzera che giungeva fino alla Valle del Porco. Quella regia trazzera è l’attuale via dei Quartieri, toponimo derivante dagli alloggiamenti della truppa in epoca borbonica. Su di essa tutt’oggi si aprono importanti ville storiche che tratteremo in seguito, non tralasciando tuttavia piazza Niscemi, su cui si apre la villa settecentesca, l’ingresso monumentale alla Palazzina cinese e l’ampia vasca del giardino alberato, realizzato a semiellisse negli anni Trenta.
Villa Valguarnera di Niscemi sorse da un probabile baglio rustico con ampio cortile centrale, ma fu merito di Vitale Valguarnera-Branciforte, se il luogo divenne a metà del Settecento una delle più splendide dimore aristocratiche ai Colli. Dal vano d’ingresso si sale ai saloni interni affrescati in epoca più tarda da Giuseppe Cavallaro, mentre degli ambienti più famosi con pavimenti maiolicati va ricordato quello delle Quattro stagioni, con gli affreschi in parete (Carlo Magno che riceve lo stemma del Casato) e nel soffitto (Il Trionfo dell’Immacolata) del XVIII secolo, attribuiti recentemente a Luigi Borremans, e probabilmente a Gaspare Fumagalli. Al secondo piano, non visibili al pubblico, sono gli appartamenti degli ex proprietari, mentre due ampie terrazze si aprono sulla Favorita e sul parco interno adorno di un laghetto con una popolosa colonia di anatre. Specie arboree subtropicali costellano il vasto giardino di oltre 10 mila metri quadrati. Dal 1987 è sede di rappresentanza del Comune.
GdS, 17/2/2025
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