domenica, febbraio 02, 2025

IL PERSONAGGIO Antonio Presti. La missione della bellezza che ha sfidato la legge


di Gaetano Savatteri

I sogni dei visionari non riescono a stare dentro codici, leggi, regolamenti. Antonio Presti lo sa bene, da molto tempo. Ha solo 25 anni, nel 1982, quando eredita l’azienda di famiglia a Santo Stefano di Camastra specializzata in materiali edilizi. Antonio aveva studiato ingegneria di malavoglia, facendo i mille mestieri di un’anima inquieta. 

Per ricordare suo padre, Antonio decide di costruire nel greto del torrente Tusa un’enorme croce in sua memoria. Chiama lo scultore Pietro Consagra, che però non vuole saperne di realizzare una croce, progetta invece una scultura in cemento alta diciotto metri dal titolo suggestivo: “La materia poteva non esserci”. Le maestranze dell’impresa di Presti vengono impegnate a costruire il monumento che diventerà il primo insediamento di “ Fiumara d’arte”, parco artistico all’aperto diffuso nelle vallate dei Nebrodi, il più vasto d’Europa. 


Per Presti è solo un dettaglio che la scultura di Consagra sia eretta su terreno demaniale: viene, infatti, portato a processo per costruzione abusiva, nella Sicilia in cui trionfa impunito l’abusivismo continuo delle villette a mare. Alla fine, Presti sarà assolto, per quella e per molte altre installazioni, come la gigantesca e suggestiva “Finestra sul mare” di Tano Festa, enorme cornice in cemento blu piazzata sulla spiaggia di Castel di Tusa. Adesso sono opere artistiche tutelate dalla Regione. 
Molti anni dopo quei processi che indignarono il mondo intellettuale e artistico internazionale, il visionario di Castel di Tusa si ritrova di nuovo alle prese con codici, leggi, regolamenti. Ma questa volta, per non dover ricominciare con nuovi processi, ha deciso di chiudere il suo albergo “ Atelier sul mare”, in cui ogni stanza era realizzata da artisti come Mauro Staccioli, Hidetoshi Nagasawa, Mario Ceroli. 
«La solita burocrazia — dice Presti — si sveglia per dire così non va, manca questo, manca quello. Dopo quarant’anni, sentire ancora la parola abuso, è stato un duro colpo, mi sono ritrovato solo. Ho chiuso l’hotel, ho aperto una nuova struttura, a poca distanza, a villa Margi, davanti alla Finestra di Tano Festa». 
Una sconfitta? «L’arte deve essere in continua rigenerazione e trasformazione. Le opere vanno consegnate al futuro, non nascono e muoiono con la nostra vita». 
Ha affidato le nuove stanze di villa Margi a giovani artisti, a studenti di accademie e di licei artistici. Un’altra avventura. «Dobbiamo dare ai giovani — spiega — la possibilità di una visione, la visione della bellezza, quella concessa alla mia generazione. Siamo in un’epoca di ignoranza della conoscenza, di negazione della bellezza, di prevalenza della superficialità». 
Presti si definisce “devoto alla bellezza”. Con questa parola d’ordine si era presentato quindici anni fa a Librino, periferia malfamata e calunniata di Catania. Ha coinvolto scuole, famiglie, l’intero quartiere: migliaia di persone. Sono nate così la “Porta della bellezza” e la “ Porta delle farfalle”, lunghi murales di bassorilievi e formelle in ceramica per dare un senso ai muraglioni in cemento armato che delimitano il quartiere in una cintura di strade,svincoli e gallerie. «Sogno un immenso museo a cielo aperto — dice — voglio che ogni turista che atterra a Catania prima di andare a Taormina o a Siracusa, si fermi a visitare Librino. Verranno anche i catanesi, superando molti pregiudizi». 
In quindici anni, per il suo progetto di rigenerare Librino attraverso l’arte, Presti ha tirato dentro oltre quattro generazioni di studenti con le loro famiglie. «Padri diventati nonni, bambine diventate madri: una staffetta di anime — spiega — che restituisce dignità a chi vive a Librino. Non si possono bonificare le periferie con l’esercito, sistemando un parco giochi o demolendo un edificio degradato. Si bonificano solo col cuore degli abitanti, proprio perché sono periferie costruite senza cuore. Quando sono arrivato a Librino ho detto: non cerco voti, ma devoti. Devoti alla bellezza. Qui ne ho trovati migliaia». 
Tanta devozione, sì. Ma quanta delusione? I processi per le sculture abusive, la chiusura forzata dell’albergo, i silenzi della politica, il disinteresse delle istituzioni culturali. «Ho imparato a ringraziare l’ingratitudine», sorride Presti. Il concetto mi sfugge. «Molto semplice: spesso siamo vittime del nostro ego che vuole riconoscimenti, adulazioni, compiacimenti. Se non li riceviamo, il nostro ego ci nutre di odio e di rabbia. L’ingratitudine degli altri, invece, ci insegna a liberarci del nostro ego, a ridimensionarlo e a guarirne». Insomma, il vero visionario non cerca nemmeno un grazie? 
« Un grazie speciale mi è arrivato dall’universo», fa Presti. 
Un po’ troppo generico, non crede? 
«No, concreto, concretissimo — risponde — gli scienziati del Centro astronomico di Isnello hanno scoperto l’asteroide 20049. Me lo hanno dedicato: si chiama come me, Antonio Presti. Un asteroide in fondo alla galassia, lontano dalle meschinità umane. Una carezza dell’anima che mi è stata mandata dall’universo» . Guardo il cielo, forse Antonio Presti è quella luce che brilla laggiù, dopo la seconda stella a destra. 
La Repubblica Palermo, 2/2/25

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