domenica, dicembre 04, 2022

Sicilia, università e cattedre al tempo degli Alleati


Adelfio Elio Cardinale

Il 22 luglio 1943 Anthony Nicotra, tenente dell’esercito americano, entrò a Palermo, senza che ci fosse bisogno di un colpo d’arma da fuoco. La capitale dell’Isola, da quel momento, era libera. Lo sbarco degli alleati nell’Isola - in codice «Operazione Husky» - ebbe enorme importanza, perché veniva conquistato il primo lembo dell’Europa nazi-fascista e furono impiegati, come comandanti gli «assi» più prestigiosi e valorosi: oltre Ike Eisenhower, quale capo supremo, Alexander, Montgomery, Patton, Tedder e Cunningham.

Portato al compimento il controllo militare di tutta l’Isola, Alexander divenne governatore della regione; il maggiore generale Lord Rennel of Rodd ebbe le funzioni di capo dell’Amgot (Allied military government of occupied territory), cioè la stanza dei bottoni con sede nella capitale isolana.

In realtà il vero «dittatore» era il tenente colonnello italo americano Charles Poletti. Egli esercitò le sue mansioni con sconfinato potere autocratico, accompagnato da torbide insinuazioni che ipotizzavano il coinvolgimento della Cia, dello spionaggio, dei servizi segreti. Ad esempio, divenne interprete di Poletti, incarico del tutto formale in quanto il colonnello parlava perfettamente l’italiano, Vito Genovese, noto «uomo d’onore» e capo bastone della mafia italo-americana.

Palermo, come del resto quasi tutta la Sicilia, aveva una flebile tradizione di antifascismo, tant’è che venne gonfiato e mitizzato – come unico esempio di opposizione alla dittatura – il cosiddetto «Circolo dello Scopone». Il sodalizio aveva sede in via Ariosto, presso l’abitazione dell’onorevole Giovanni Baviera, anziano professore di diritto romano, ex deputato liberale, massone amico di Croce e Nitti (Giornale di Sicilia, 03/11/2022), Il «Circolo dello Scopone» era così soprannominato per un mazzo di carte siciliane costantemente posto su un tavolo, a salvaguardia da eventuali irruzioni della polizia.

Altro primato della Sicilia fu di avere la prima emittente libera d’Europa, Radio Palermo, diretta da un militare profugo russo di nome Misha Kamenetzki, poi famoso giornalista con lo pseudonimo di Ugo Stille, che diverrà anche direttore del Corriere della Sera.

Uno dei primi e più importanti atti proposti dal governo militare fu la nomina di prefetti e sindaci di sentimenti antifascisti. A Palermo prefetto fu Francesco Musotto, le cui credenziali - secondo lo storico Francesco Renda - riportavano «a former liberal deputy democratic persecuted by fascists».

Quale sindaco il cav. don Lucio Tasca padrone di grandi feudi.

L’Amgot aveva anche con rapidità proceduto a una drastica epurazione dei professori universitari, quasi tutti fascisti dichiarati, oltre che dei libri di testo e dispense. Nell’ateneo palermitano si era installato il colonnello inglese Robert Gayre, consigliere dell’Amgot, il quale concentrò nelle sue mani tutti i poteri che prima erano attribuiti al ministero dell’Educazione nazionale. Il Gayre, da civile, faceva il professore di antropologia all’Università di Oxford: la docenza, per un vero professore, è una stimmate indelebile che prevale sempre anche sulla funzione militare. Infatti il professore-colonnello (considerandosi forse un visiting professor) approfittò della sua permanenza per tenere conferenze e discorsi inaugurali accademici nelle Università di Messina e Palermo.

L’Amgot, con l’approvazione di Gayre, provvide alla designazione dei tre rettori delle Università di Palermo, Messina e Catania, rispettivamente nelle persone di: Giovanni Baviera, gestore del sopracitato «Circolo dello Scopone»; Gaetano Martino, futuro ministro degli Esteri; Mario Petrocelli, esponente della curia cattolica etnea e pupillo dell’arcivescovo Carmelo Patanè. Inoltre, per i tre atenei, furono nominati dalla Amgot 28 professori, di cui 16 a Palermo e i rimanenti a Catania e Messina. Salvo Di Matteo (Anni Roventi, Denaro Ed., 1967) sostiene che i professori erano 17 in quanto quando l’elenco Amgot arrivo in prefettura, un’abile manina aggiunse un altro docente.

Un’analisi attenta dell’elenco dei neo professori per «titolo militare», mostra un mix che comprende docenti di discipline scientifiche e umanistiche; futuri ministri, assessori e presidenti regionali; esponenti di eparchie ortodosse; politici equamente divisi (con archeolottizzazione, misurata col bilancino) tra democristiani, comunisti, socialisti, laici. Nel frattempo, il rettore Baviera, mosso da diversi fili di solidarietà, cominciò ad operarsi per fare reintegrare molti dei docenti epurati, tra cui i professori Maggiore e De Francisci Gerbino. Ne derivarono contrasti e gelo. Poiché le trattative con gli anglosassoni erano difficili e arrivate quasi a un punto morto, il «magnifico» ebbe un lampo di genio e ricorse agli ammalianti riti, orpelli e riconoscimenti peculiari di ogni ateneo, proponendo la concessione di lauree honoris causa per facilitare il baratto, vista la ben nota appetibilità di un titolo accademico. Venne concluso un vero e proprio patto scritto, con un documento del Senato Accademico, votato con la sola opposizione dei due componenti comunisti.

Il 5 novembre 1943 ebbe luogo la cerimonia solenne, nell’allora sede centrale dell’Università pur bombardata, l’ex convento dei Teatini sulla via Maqueda: il «magnifico», in pompa magna, con ermellino e aurei cordoni, consegnò le onorifiche lauree. Furono premiati e insigniti i generali Patton, Rennel of Rodd e Mc Sherry; i colonnelli Poletti, Gayre e Smith; i maggiori Raffa e Bisozzero, i due soli ufficiali italiani rimasti a guardia della prefettura di Palermo; e infine, perché non guasta mai, Sua Eminenza reverendissima il cardinale di Palermo Luigi Lavitrano, che aveva qualche trascorso di simpatie fasciste da farsi perdonare.

Dal complesso di queste notazioni, storiche e certificate, emerge che talora l’ambita docenza fu raggiunta non per titoli, esami o produzione scientifica, ma d’autorità: nel caso specifico sulla base preminente di un curriculum politico «non filo-separatista», meglio ancora se condito con una spolverata di aspersorio e maglietto, talché costoro furono ironicamente chiamati i «professori Amgot».

Molti dei docenti di nomina Amgot sanarono nel prosieguo la loro posizione, sottoponendosi alle regolari procedure concorsuali universitarie e ascesero anche alle più importanti cariche accademiche. Alcuni, per contro, non vollero mai affrontare il regolare cimento e si pavoneggiarono sempre del «prof.» acquisito per «meriti di liberazione».

Il prof. Orazio Cancila ha scritto un’eccellente storia dell’Università di Palermo sino al 1860.

Sarebbe assai interessante - per approfondimento e sorprese - un libro che arrivi agli anni 50 del secolo scorso.

GdS, 4/12/2022

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