venerdì, dicembre 30, 2022

INTERVISTA AL SEGRETARIO REGIONALE DELLA CGIL. Alfio Mannino: “Giovani, turismo, energia, abbiamo 40 miliardi. Basta alibi per la Sicilia”


di 
Francesco Patanè 

Ogni anno scappano 20 mila ragazzi. Se ne vanno le intelligenze più vivaci l’unica speranza per questa terra 

«Fermare l’emorragia di giovani, coprire i 47 mila posti vacanti nel settore pubblico e nella sanità, creare una filiera industriale nell’agroalimentare e nelle energie rinnovabili, trasformare la Sicilia nell’hub commerciale del mediterraneo e lanciare una nuova cultura del turismo stagionalizzandolo. Nel 2023 gli obiettivi sono questi». Parola di Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, pronto per la riconferma al prossimo congresso regionale del 31 gennaio a Palermo. 

Un piano ambizioso, non crede? 


«L’importante è affrontare tutti questi temi, non più procrastinabili. Certo, non risolveremo tutto in 12 mesi, ma la Sicilia non può permettersi più un solo giorno di immobilismo. Ogni anno scappano 20 mila ragazzi, se ne vanno le intelligenze più vivaci, l’unica speranza per questa terra. Rischiamo di trovarci fra 20 anni con una regione di vecchi improduttivi. 
La prima emergenza da affrontare è questa e per farlo va rimesso il lavoro al centro dell’agenda di governo, a Roma e a Palermo». 
Come si trattengono senza opportunità di lavoro? 
«Aggiungo senza opportunità di formazione competitiva. Fino a 15 anni fa i ragazzi si laureavano in Sicilia e poi partivano. Ora non provano nemmeno a studiare negli atenei dell’Isola. Se possono studiano al nord dove l’integrazione fra università e mondo del lavoro produce posti di lavoro di qualità. Serve una sinergia fra i quattro atenei, che dovrebbero fare sistema fra loro, e mondo produttivo». 
Quale mondo produttivo? 
«Nei prossimi sei anni la Sicilia avrà a disposizione 40 miliardi, venti dal Pnrr e altrettanti dai fondi strutturali. Va lanciato un piano strutturale per il lavoro che porti sull’Isola le filiere dell’industria agro alimentare, delle energie rinnovabili e che sostenga la riconversione verde di Priolo e Gela, che attiri investimenti privati. Siamo i secondi produttori agricoli in Italia, ma i dodicesimi in quanto a trasformazione dei prodotti. Non sfruttiamo il potenziale di quanto raccogliamonei campi. E lo stesso vale per le rinnovabili: non dobbiamo solo montare i pannelli solari e le pale eoliche. Dobbiamo produrli. Solo così creeremo lavoro e saremo competitivi. Ora ci sono anche i soldi. La Sicilia non ha più alibi. 
Sole e vento non bastano». 
Progetti per 40 miliardi, ma chi deve redigerli abbandona il posto pubblico perché è pagato poco. Si rischia di perdere prima ancora di scendere in campo? 
«La vicenda dei funzionari della città metropolitana di Palermo assunti per i progetti del Pnrr che si licenziano dopo tre mesi perché guadagnano 1.300 euro per avere responsabilità enormi è il paradigma della situazione del pubblico impiego in Sicilia. 
Mancano 30 mila posti fra Regione, enti locali e uffici statali periferici oltre ai 17 mila della sanità. I pochi che ci sono vengono pagati una miseria. Il piano per il lavoro passa anche per un investimento salariale, per la valorizzazione delle risorse umane». 
Come pensa di fare con il “salvaSicilia” firmato dal presidente Schifani che fi fatto blocca le assunzioni per sette anni? 
«Sull’accordo con Roma sarà battaglia dura, si rischia lo spopolamento degli uffici regionali, soprattutto dei funzionari. Senza di loro salta la partita del Pnrr, l’ultimo treno per provare a rilanciare l’economia siciliana. Serve un piano straordinario per l’amministrazione regionale». 
Resta il problema delle infrastrutture. 
Senza strade, porti e aeroporti competitivi i grandi players non investono. Basterà il ponte sullo Stretto? 
«Non sono contro il ponte, ma la Sicilia ha altre priorità: un solo hub aeroportuale che si imponga sul mercato e faccia leva sui 15 milioni di turisti annui, autostrade e ferrovie da realizzare in tempi brevissimi, i porti da mettere a sistema per diventare il centro del commercio marittimo nel Mediterraneo. I benefici del ponte sullo Stretto arriveranno nella migliore delle ipotesi fra dieci anni. Se aspettiamo la sua apertura la Sicilia sarà un deserto economico. Non c’è tempo per aspettare il ponte». 
Fra un mese c’è il congresso regionale della Cgil, un messaggio alla sinistra siciliana o quel che ne resta? 
«Che riparta dal lavoro e dal contrasto alle diseguaglianze sociali, che torni nelle poche fabbriche, nelle campagne, nei cantieri delle autostrade. La Cgil propone un’alleanza sociale con il mondo dell’associazionismo, del volontariato, anche cattolico per cambiare questa terra, per far crescere una politica che abbia al centro questi due temi». 

La Repubblica, 30/11/2022

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