giovedì, dicembre 11, 2025

Pier Paolo Pasolini: “Il mio voto al PCI” (cinema Jolly, Roma - 8 giugno 1975)

Pier Paolo Pasolini al seggio elettorale in occasione delle elezioni amministrative, Roma, 10.06.1962 - Archivio L'Unità

P.P. Paolini
In questi giorni autorevoli esponenti politici di destra, in particolare di Fratelli d’Italia, hanno fatto a gara per iscrivere d’ufficio lo scrittore Pier Paolo Pasolini alla destra o, comunque, ai conservatori. Pubblichiamo qui il testo dell’intervento, pronunciato da Pier Paolo Pasolini all’assemblea di giovani e intellettuali svoltasi la domenica mattina dell’8 giugno 1975 nel cinema Jolly a Roma, con il quale invece lo scrittore motivava la sua decisione di votare per il PCI alle imminenti elezioni del 
15-16 giugno 1975, che segnarono una storica avanzata comunista. Pasolini venne assassinato il 2 novembre 1975. 

Il testo è quello pubblicato col titolo “Pasolini: il mio voto al PCI” sull’Unità il 10 giugno 1975. 

«So che in questo paese non nero ma solo orribilmente sporco c’è un altro paese: il paese rosso dei comunisti. In esso è ignota la corruzione, la volontà d’ignoranza, il servilismo»


Voto comunista perché ricordo la primavera del 1945, e poi anche quella del 1946 e del 1947. Voto comunlsta perché ricordo la primavera del 1965, e anche quelle del 1966 del 1967. Voto comunlsta perché nel momento del voto, come in quello della lotta, non voglio ricordare altro.

La natura cl ha dato la facoltà đi rlcordare (o sapere) e di dimenticare (o non sapere), volontariamente o involontariamente, cio che vogliamo: qualche volta la natura è gíusta. Un'altra volta vi dirò - dirò  a voi giovani, soprattutto a quelli di diciotto anni - che cosa, nel momento del voto, come in quello della lotta, non voglio ricordare e sapere. Oggi son qui per dirvi che cosa voglio ricordare e sapere. Ricordo e so che nel '43,

'46, 47, si poteva vivere la Resistenza.

Ricordo e so che nel ‘65, ‘66, ‘67, quando era oramai ben chlaro che avevamo vissuto la Resistenza ma non la liberazione, si poteva vivere una lotta reale per la pace, per il progresso, per la tolleranza: una nuova sinistra in cui confluiva il meglio di tutto.

Rlcordo e so che anche quando questa illusione necessaria è andata perduta, siete restati solo voi, giovani comunisti.

Rlcordo e so che tanto io giovane comunista della generazIone precedente, che voi giovani comunisti di oggi, se non conoscessimo Marx, Lenin e Gramscl, vivremmo una vita senza forma.

Ricordo e so che l'unica possibilità di operare, oltre che di pensare, è data non solo da!l'alternativa rivoluzionaria offerta dal marxismo, ma anche e soprattutto dalla sua alterità.

Ma ricordo e so anche altre cose, che non abbiamo vissuto nella lotta e nel progetto di una alternativa e di un'aiterità, ma che abbiamo Invece vissuto esistenzialmente, quasi come soggetti passivi, come cittadini, cioè, di un paese che non abbiamo scelto e il cui potere - pur ribellandoci ad esso nella coscienza - siamo stati costretti ad accettare nella realtà di ogni giorno. 

Ricordo e so che il potere clericale nel 45, nel ‘46, ‘47, e ancora nel ‘65, nel '66, nel ‘67, è stato Il perfetto proseguimento del potere fascista. La magistratura era la stessa, la polizia era la stessa, i padroni erano gli

stessi. Gli uomini al potere erano gli stessi: alla manifesta violenza fascista si aggiungeva ora soltanto l’ipoсrisia cattolica. L'ignoranza della Chiesa era la stessa. I preti erano gll stessi. 

Ricordo e so che poi, senza che nemmeno gli uomini al potere se ne accorgessero - tanta era la loro avidità, tanta era la loro stupidità, tanto era il loro servilismo - il potere è quasi di colpo cambiato: non è più stato né fascista né clericale. È diventato ben peggio che fascista e clericale.

Ricordo e so che di colpo si è avverato integralmente intorno a noi e su noi il genocidio che Marx aveva profetato nel Manifesto: un genocidio però non più colonialistico e parziale: il genocidio come suicidio di un intero paese.

Ricordo e so che il quadro umano è camblato, che le coscienze sono state violate nel profondo.

Ricordo e so che a compensare questa strage umana, non ci sono né ospedali, né scuole, né verde, né asili per i vecchi e i bambini, né cultura, né alcuna dignità possibile.

Ricordo e so, anzi, so, semplicemente perché è cosa di oggi, di questo momento, che gli uomini al potere sono legati alla stessa speranza di sopravvivenza a cui sono legati i criminali, speranza consistente nella necessità di compiere altri crimini. 

So dunque che gli uomini al potere continueranno ad organizzare altri assassini e altre stragi, e quindi a inventare i sicari fascisti: creando così una tensione antifascista per rifarsi una verginità antifascista e per rubare ai ladri i loro voti: ma, nel tempo stesso, mantenendo l'impunità delle bande fasciste che essi, se volessero, liquiderebbero in un giorno.

So inoltre che l’accumulazione dei crimini degli uomini al potere uniti all’imbecillimento della ideologia edonistica del nuovo potere,

tende a rendere il paese inerte, incapace di reazioni e di riflessi, come un corpo morto. 

So che tutto questo è il risultato dello Sviluppo: insostenibile scandalo per chi, per tanti anni, e non retoricamente, ha creduto nel Progresso…

Ma infine so che in questo paese non nero ma solo orribilmente sporco c'è un altro paese, il paese rosso del comunisti. In esso è ignota la corruzione, la volontà d’ignoranza, il servilismo. E un'isola dove le coscienze si sono disperatamente difese e dove quindi il comportamento umano è riuscito ancora a conservare l’antica dignità. La lotta di classe non sembra più contrapporre rivoluzionari e reazionari, ma ormai, quasi uomini appartenenti a razze diverse.

Voto comunista perché questi uomini diversi che sono i comunisti continuino  a lottare per la dignità del lavoratore oltre che per il suo tenore di vita, riescano cioè a trasformare, come vuole la loro tradizione razionale e scientifica, lo Sviluppo in Progresso. 

Pier Paolo Pasolini

Nessun commento: