sabato, giugno 26, 2021

Storie di spose bambine nella Sicilia senza diritti

di EUGENIA NICOLOSI 

Giovanna, sposa a 15 anni

Sembrava avesse sessant'anni quando è arrivata in consultorio invece ne aveva trenta: sul volto i segni della solitudine e di una decina di figli, con il più grande si toglie meno di 15 anni.
 
Quando ebbe il primo ciclo è stata data in sposa a un amico del padre, un uomo di vent'anni più vecchio, perché così funziona, e si è trovata bambina e madre. Questa donna è palermitana, fin dalla nascita è stata trattata come un oggetto, e come un oggetto ha vissuto finché uno dei suoi piccoli non è volato dalla finestra all'alba del Duemila. Solo allora le istituzioni si sono accorte di lei, di loro. "Ma è così devastata - spiega l'assistente sociale - che non c'è modo di recuperarla, oggi lei e il marito hanno perso la potestà".

"Un uomo speciale verrà a conoscerti", le avevano detto: "Non fare quella faccia, sei fortunata". Le stesse promesse ripetute di casa in casa e destinate a frantumarsi la prima notte di nozze: è accaduto per decenni e a decine di bambine in tutto il sud Italia, in Sicilia in particolare. Un mondo sommerso di 12, 14, 15enni al massimo, che fino agli anni Ottanta sono state le spose bambine del nostro Paese: un fenomeno diffuso quello dei matrimoni precoci, combinati e forzati che appare distante ma non lo è.

"Sembrava tutto un gioco - ricorda Giovanna - quando poi sono rimasta sola con lui sono scoppiata in lacrime e volevo la mamma". Come lei Orazia, Margherita e le altre sono testimoni di un recente passato, e, nel tempo, gli eventi che le hanno segnate hanno assunto i loro reali contorni. "Non avevo capito niente - continua - poi mi fu tutto chiaro, feci l'inferno ma ormai le nozze erano state celebrate. Mio padre ci ha fatto sposare tutte prima dei 15 anni".

Orazia, sposa a 14 anni, racconta che non era permesso scegliere: "A un certo punto mamma mi ha detto che un ragazzo voleva sposarmi e così fu". Con questa modalità le bambine venivano a sapere di essere state approvate dall'estraneo di turno che aveva già concordato l'unione con il futuro suocero. "Il fidanzamento durava poche settimane, non come oggi - continua - l'ho visto due volte, senza parlare, e in pubblico. La terza volta eravamo all'altare. Lui mi vuole bene".

"Se diventi grande e ti innamori c'è il pericolo di ribellione - commenta la dottoressa di ricerca in Storia Marcella Burderi che ha curato l'archivio Memorie degli Iblei - Prima tuo padre ti prometteva e meglio era. A volte gli epiloghi sono terribili: Rosina, una ex sposa bambina non si è mai ripresa e si è tolta la vita a novanta anni. Perché anche se pronuncia il sì una bambina non è mai consenziente".

Niente pistole puntate alla testa, dunque, a forzare questo sistema ma una serie di regole non scritte, profondamente radicate e condivise da entrambi i genitori, contemporaneamente alla rivoluzione dei sessi che esplodeva in altre latitudini d'Italia e d'Europa. "Si usava così. Il prete chiedeva per primo al maschio se voleva prendere moglie - racconta ancora Orazia - se lui diceva sissignore il matrimonio si faceva".

Picchiata perché si doveva fidanzare con l'uomo scelto dal padre, Margherita racconta di sua sorella, fuggita di casa ma ripescata e riportata indietro: "A lei piaceva un altro ma non abbiamo scelto noi con chi sposarci". "Non potevamo parlare con il nostro futuro marito né guardarlo - racconta ancora Margherita - non sapevamo niente di lui né che carattere avesse". Così per accertarsi che l'uomo scelto per loro fosse una brava persona alcune spose si affidavano a San Pasquale: "Si recitava una particolare preghiera nove giorni prima delle nozze - racconta Vicky Di Quattro, associazione Teatro Donnafugata e curatrice della mostra "Matrimonio in Sicilia tra Ottocento e Novecento" - chiedevano con fede di ricevere un segnale. Al nono giorno il santo inviava un messaggio: una visione o un suono dolce e piacevole indicava un futuro positivo, al contrario viste e rumori sgradevoli erano cattivi presagi".

Tra i documenti archiviati da Di Quattro anche una delle tante dispense matrimoniali tra cui una indirizzata al sindaco di Ragusa che chiede, testualmente: "Se Carmela di anni 13 abbia tale discernimento da rendersi conto dell'importanza del vincolo del matrimonio con un uomo abbastanza anziano e che conta l'età di 55 anni". Il sindaco ritenne che il discernimento ci fosse e autorizzò le nozze. Giuridicamente la distinzione tra il matrimonio forzato e quello combinato apre alle riserve, dalle semplici perplessità al totale rifiuto, di chi ritiene che tra i due la differenza non ci sia.

"Entrambi i casi sono manifestazione di violenze e abusi - dice Maria Grazia Patronaggio del centro antiviolenza Le Onde - fondati su condizioni di diseguaglianza come le numerose forme di controllo patriarcale sulle donne inconsapevoli - continua - arrivano da noi per altri motivi e solo dopo tempo si rendono conto di aver contratto un matrimonio forzato".

Perché tale sistema è stato interiorizzato e tramandato di madre in figlia come impianto naturale. E ancora oggi "la mentalità è fortemente orientata agli stereotipi di matrice patriarcale e fa parte di molte donne, le più feroci sostenitrici di questi codici valoriali che definiscono i ruoli - spiega Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense - e non c'è alcuna distinzione tra Nord e Sud: il patriarcato è trasversale".

Dalla delusione delle famiglie, all'allontanamento da casa, fino al femminicidio, le ragazze che scelgono di venir meno al ruolo precostituito andavano e vanno incontro a vessazioni psicologiche e aggressioni fisiche: "Non c'è il possesso alla base della furia - aggiunge Bruzzone - ma la volontà di sottrarsi all'umiliazione pubblica per non aver saputo imporsi sulla figlia, sulla moglie, sulla sorella. Ed è inutile che facciamo gli evoluti in Italia, qui l'80 per cento delle donne vive la coercizione delle famiglie e pochissime se ne rendono conto".

È sottile la linea che separa tradizione e coercizione, mescolate negli ingenui cuori di bambine che nella devozione verso il maschio riconoscono un dovere e un privilegio legittimati dal dominio di lui. "Non vuole che esca con le mie amiche perché tiene a me". Una frase detta pochi giorni fa in una scuola.

"Piccole badanti crescono - conclude Bruzzone - il caso di Saman Abbas, la ragazza pachistana uccisa dai familiari per aver rifiutato il matrimonio combinato, non è che l'esasperazione di tutto questo".


Repubblica Palermo, 17 GIUGNO 2021

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