mercoledì, ottobre 04, 2023

Leoluca Orlando, ritorno con vista sulle Europee


Per la presentazione del suo libro riempie un cinema. In platea si rivedono i volti di ex amministratori che lo rivorrebbero in lizza: «Solo, senza correnti, ma pronto alla sfida»

Giancarlo Macaluso

«C’è Luca? È arrivato? Dov’è Luca?». Una signora della buona borghesia è in ansia davanti al Rouge et Noir. Teme di non trovare posto alla presentazione di Enigma Palermo, libro-intervista fresco di stampa dell’ex sindaco (con la giornalista Constanze Reuscher) che è insieme bilancio di una vita e manifesto per il futuro. Perché, si sa, sinnacollando è una trottola dotata di moto perpetuo. Non smette mai. E, dopo quello che definisce «un anno sabbatico», torna alla ribalta dimagrito e in forze. Tuttavia la signora ben vestita ha ragione ad affannarsi perché la sala si riempie tutta, posti in piedi compresi, in men che non si dica. Proprio non c’è un posto libero quando il professore comincia a parlare e a prendere applausi.

Questa è la prima uscita pubblica del

mattatore - un po’ mesta per le condizioni in cui ha lasciato la città - dopo l’ultima esperienza al timone del Comune. Ed è, questa, come una silenziosa chiamata alle armi, come se dovesse accadere di nuovo qualcosa, come se la magia di un consenso di ferro soprattutto a Palermo fosse pronta a rinnovarsi. C’è un po’ di reducismo in questa reunion ottobrina; e si presentano talmente tanti ex suoi amministratori della prima e dell’ultima ora che si potrebbe solo con loro riempire una sala a parte. Tuttavia, la cosa che colpisce sempre di quest’uomo è la sua capacità di attrarre mondi trasversali: dall’aristocratico all’operaio, dall’impiegato al professionista. Forse non ci sono operai a questo giro, ma tutto il resto del plateau sì.

Pif si spertica negli elogi di «questa persona che ho conosciuto quando ero ragazzino - racconta - e che secondo me ha salvato la mia vita e quella dei palermitani». Nel senso della denuncia alla mafia, al malaffare, di andare dritto al cuore delle cose, intende il regista e autore televisivo «più orlandiano di Orlando». Tuttavia, la domanda che sale guardando questa sala è se questo personaggio che forse meglio ha saputo negli anni entrare in sintonia con la città possa parlare e dire ancora qualcosa alle nuove generazioni. Guardando la sala si vedono perlopiù capelli bianchi. Rispuntano i volti di stagioni finite, pronti a rimettersi in discussione se «Luca si candiderà». Perché questo è ora l’interrogativo che circola con molta intensità fra gli orlandiani: Leoluca rientrerà nel giro che conta della politica, ad esempio candidandosi alle prossime elezioni europee? Non si sa. Non di dipende da lui. Dal canto suo è pronto, anche se non risparmia bordate al partito: «Sono solo e senza correnti, ma il Pd ne ha troppe e se non se ne libera morirà - preconizza - in due anni. Voglio creare un’opposizione contro un cambio di clima sulle donne, sui migranti, sugli ultimi». Insomma, lui è nuovamente pronto. E si è capito.

Fabio Giambrone, fedelissimo nella buona e nella cattiva sorte, annuisce, sorride e in cuor suo spera che qualcosa accada presto. In sala, del Pd c’è Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia, Fabio Teresi che la corrente Orfini (per l’appunto) ha appena lanciato nella corsa alla presidenza della Provincia. In prima fila gli ex magistrati Alfredo Morvillo (cognato di Falcone) e Leonardo Guarnotta. Che Orlando sembra cercare con gli occhi in cerca di approvazione quando affronta, stimolato dal giornalista Rino Cascio, caporedattore Rai della Tgr Sicilia, la spinosa, dolorosa, complicata vicenda dell’attacco a Falcone per le «inchieste tenute nei cassetti». Una storia di cui Orlando parla diffusamente nel libro e di cui si scusa per i toni usati. Rivendicando, però, di averci visto bene, «perché Giovanni non fu messo nelle condizioni di lavorare come avrebbe voluto».

Alla chetichella spuntano i volti che sono stati la prima fila dell’ultimo orlandismo. Da Giovanna Marano, che porta con orgoglio una splendida e candida chioma, a Sergio Marino, libero finalmente dall’obbligo di giacche e cravatte, da Maria Prestigiacomo ad Aurelio Scavone. Ci sono anche Marco Di Marco, assessore nel 2012 e anche Agata Bazzi, architetto che ormai si dedica - e con successo - a scrivere romanzi. «Insomma, si candida o no? Io non l’ho capito», ammette l’anziano in fondo alla sala. Il suo amico glielo spiega così: «Lui vorrebbe, ma il partito lo ostacolerà». Si vedrà. Intanto ce n’è anche per il sindaco Lagalla e poi per Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri e compagnia cantante. Già sentito, a dire il vero. Ma il suo mondo, il mondo di Luca, lo vuole risentire. E l’applauso non glielo fa mancare mai.


GdS, 3/10/2023

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