domenica, ottobre 15, 2023

La vocazione delle donne: predisposte al servizio della comunità


Don Francesco Romano / Don Cosimo Scordato

Donna… singolare, duale, molteplice! Torniamo a riflettere sull'argomento dell'accesso delle donne al ministero ordinato. Sappiamo qual è la posizione ufficiale del magistero papale così come è stata formulata nell'enciclica Ordinatio sacerdotalis del 1994 di Giovanni Paolo II: in essa si afferma che non è a disposizione della Chiesa consentire alla donna di accedere al ministero perché ciò è stato escluso da Dio stesso; inoltre, viene data l'indicazione che l'argomento può essere considerato chiuso e, come tale, non più oggetto di discussione: col tacito invito a dovere «restare in silenzio»? 

Vorremmo ricordare le tante volte in cui, nella storia della Chiesa, si sono ritenuti «indisponibili» al magistero temi come la libertà religiosa, il pregiudizio della inferiorità della donna, la condizione di diseguaglianza…, tutti successivamente superati. Inoltre, se volessimo essere troppo fedeli all’ingiunzione del silenzio, non dovremmo parlare neppure per dire che il papa ha proibito di discutere dell’argomento in oggetto!

Evidentemente non si tratta di muoversi su questa linea, che risulterebbe esposta alla contraddizione, piuttosto, nel rispetto della posizione magisteriale (che chiama in causa la volontà di Dio), si tratta di capire se ci sono nuove motivazioni che possano giustificare la riapertura del dibattito; ciò può avvenire o perché le precomprensioni (storiche, culturali...) che hanno fatto da supporto alle posizioni passate non sciolgono le domande e i dubbi; o perché vengono offerte sollecitazioni nuove rispetto all'impianto tradizionale. Prendiamo avvio da questa seconda ipotesi mentre per altre considerazioni rinviamo a Francesco Romano – Cosimo Scordato, La Chiesa …strada facendo. Un modesto contributo pro-vocatorio al Sinodo, Sce, Palermo 2023, pp. 73-78 (in vendita in edicola in abbinamento con il Giornale di Sicilia).

Recentemente Umberto Galimberti, filosofo e psicologo, la cui produzione ha assunto rilevanza internazionale, in diversi interventi ha evidenziato che c'è una differenza fondamentale tra la struttura fisica della donna e dell'uomo. Secondo lui la donna ha, per così dire, una configurazione somatica «duale» perché predisposta ad accogliere il seme e quindi a dare posto dentro di sé al bambino che cresce in lei fino a portarlo alla luce. Nella donna, il suo essere se stessa convive con l'essere anche l'altro/l'altra che porta in grembo; si tratta di una predisposizione naturale, che, secondo Galimberti, sarebbe orientata alla riproduzione della specie. Tutto ciò certamente caratterizza l’essere femminile in quanto tende a dare spazio all'alterità, cioè a fare convivere sé e gli altri insieme. Inoltre, laddove le gravidanze sono più di una (possibilità spesso attuata), si fa strada nella donna l'esperienza che la vita può essere condivisa da persone diverse e che l'amore che la genera non è escludente, piuttosto è capace di includere. Certamente questa evenienza comporta il grande impegno della madre di tenere insieme i figli in un percorso, tutt’altro che facile, che li educhi a condividere spazi, giochi, affetti; in questo caso, il compito materno sarà tanto più qualificato quanto più riuscirà a fare stare insieme i figli, non in competizione ma in reciproca accoglienza.

Ebbene, queste brevi considerazioni, che prendono spunto dall’autore citato, ci sembrano abbastanza stimolanti per rilanciare una riflessione, che riesce a focalizzare la condizione in qualche modo specifica della donna: ella si trova predisposta, a partire dall'ambito familiare, non solo al servizio della vita, ma anche al servizio della comunione tra persone diverse. Si tratta di elementi importanti che possono favorire il ripensamento del ministero ordinato; se pensiamo che esso si caratterizza come servizio volto alla edificazione della comunità, l’attitudine femminile a posporsi agli altri e a dare spazio a presenze diverse, offre un potenziale che, in qualche modo, la predispone al servizio della comunità; certamente l’esito sacramentale di questa dispositio femminile passa attraverso l’intervento della grazia di Dio e la maturazione personale in direzione di una vocazione comunitaria.

Con ciò, non vogliamo idealizzare la donna; nella concretezza della vita, anche la condizione materna è esposta a dinamiche conflittuali; ciononostante, le caratteristiche appena accennate non solo non confliggono col ministero della comunione, che è componente essenziale del ministero ordinato, ma addirittura possano risultare condizioni favorevoli ed essenziali al suo esercizio. Una donna, una madre che sanno ritrarsi per dare spazio agli altri, accoglierli, farli crescere con accompagnamento di attenzione e di cura potrebbero mettere tutto questo splendidamente a servizio della comunità.

Certamente, tutto da provare, cominciamo allora?


GdS,15/10/2023

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