giovedì, ottobre 12, 2023

L’Asp manda a Corleone un ginecologo condannato per violenza sessuale su una paziente

Biagio Adile (foto Mike Palazzotto)

di 
Salvo Palazzolo

L’ex primario Biagio Adile è stato condannato a cinque anni e due mesi. La commissaria dell’azienda sanitaria: “E’ solo una sentenza di primo grado”. L’avvocato della donna violentata: “Ci sono ragioni di opportunità, l’abuso venne registrato”

Una paziente, dopo essersi informata sul medico, ha preferito andare a Palermo. «Non mi faccio visitare da un ginecologo condannato per violenza sessuale», sussurra. Un’altra donna, invece, dice un gran bene del dottore che ha trovato in ospedale: «Mi ha risolto un problema gravissimo».

Nel cuore della provincia di Palermo, è già diventata un caso la presenza del dottore Biagio Adile negli ospedali di Petralia Sottana e Corleone: l’ex primario di Villa Sofia condannato a cinque anni e due mesi per violenza sessuale nei confronti di una giovane paziente tunisina ha avuto un incarico da parte dell’Asp di Palermo. «In quella parte di provincia manca uno

specialista in uro ginecologia — spiega la commissaria straordinaria dell’azienda sanitaria, Daniela Faraoni — per questo abbiamo fatto un bando, per il conferimento di un incarico di lavoro autonomo libero professionale. È arrivata una solo una domanda, quella del dottore Adile». Formalmente, è tutto in regola, il primario ormai in pensione è condannato solo in primo grado, dunque fino alla sentenza della Cassazione resta un presunto innocente. «E noi abbiamo l’esigenza di offrire un servizio importante — prosegue Daniela Faraoni — posto che nessun medico vuole andare in quella parte di provincia, probabilmente perché le strade non sono così buone».

E, poi, Adile non ha neanche ricevuto una sanzione disciplinare: «Il procedimento è ancora aperto — spiega Toti Amato, il presidente dell’Ordine dei medici — dobbiamo attendere che si pronunci definitivamente la magistratura». Dopo l’arresto, avvenuto nel 2017, l’allora primario aveva scelto di andare in pensione. Ma, in realtà, ha ripreso a lavorare per l’Asp: un primo contratto risale al tempo del processo, è stato poi prorogato, scadrà il 31 dicembre.


«Dal punto di vista formale è tutto in regola», ribadiscono dall’Asp. Qualche problema potrebbe invece esserci sul fronte dell’opportunità. «Sarà pure una sentenza di primo grado, ma è pesante — dice l’avvocato Michele Calantropo, che ha assistito la giovane paziente nel processo — La violenza è stata registrata dalla vittima».

Il giudice Lorenzo Matassa ha scritto senza mezzi termini: «Il ginecologo Adile svestì idealmente e materialmente il suo ruolo e la sua funzione professionale per intrattenere, con la paziente, un rapporto sessuale. La circostanza storica ha certezza e rilievo granitici. Non solo perché è stata registrata in un file audio della persona offesa, ma più semplicemente perché è stata affermata come vera dall’uomo che ha posto in essere quelle azioni sessuali». Il medico ha ammesso di avere intrattenuto un rapporto sessuale con la paziente, ma ha detto che lei era consenziente. Il giudice non gli ha creduto: «L’imputato mente, anzi mente sapendo di mentire». La verità è in quel drammatico audio: «Per ben quindici volte, la persona offesa ha manifestato in maniera inequivocabile il suo diniego», si legge nella sentenza. L’ex primario ha continuato a negare anche di fronte all’evidenza: «Paradosso nel paradosso, l’imputato si avvita in un’idea che sembra generata in uno scenario psicologico e sociale di altri tempi da medioevo oscurantista — scrive il giudice — Adile assume che violenza sessuale non può esservi stata perché la donna avrebbe potuto dargli un morso sull’organo genitale, urlare, buttare le sedie all’aria, scassare tutto».

È emerso anche dell’altro durante il processo contro Adile: dopo la denuncia della giovane tunisina, anche un’avvocatessa palermitana si è fatta avanti, raccontando in aula delle violenze subite in ospedale quando era giovane. «Ma all’epoca non ebbi la forza di denunciare». L’8 febbraio ci sarà il processo d’appello.

La Repubblica Palermo, 12 ottobre 2023

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