mercoledì, ottobre 18, 2023

L’INCHIESTA. Gli affari con il marchio “Corleone” di Tony Colombo e del boss camorrista

Tony Colombo con la t-shirt “Corleone”

di 
Salvo Palazzolo

Vincenzo Di Lauro, il figlio del capoclan di Secondigliano, provava a rifarsi un’immagine dopo alcuni anni in carcere e aveva scelto il neomelodico Tony Colombo per avviare una nuova attività. Nel suo negozio di abbigliamento, “Different 360”, puntava tutto sul marchio “Corleone”, creato nel 2017 dal cantante palermitano. 

In realtà, dicono le indagini dei carabinieri del Ros e della procura di Napoli, Di Lauro junior sarebbe stato un vero e proprio socio occulto di Tony Colombo, e questa mattina entrambi sono finiti in manette. In carcere, assieme ad altre 25 persone, anche Tina Rispoli, la moglie del neomelodico. La coppia è accusata di concorso esterno in associazione mafiosa. «Il cantante gli ha ripulito tutti i soldi», dicevano nelle intercettazioni.


«Tony Colombo e Tina Rispoli risultano essere in affari con Vincenzo Di Lauro a partire dalla scarcerazione di quest’ultimo, periodo che sancisce la svolta imprenditoriale del clan e una pace economica tra le famiglie di Secondigliano», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita questa mattina. «Di Lauro e Colombo hanno lavorato in sinergia per la creazione di un brand di abbigliamento dal marchio Corleone, per il quale si intendeva sfruttare a livello pubblicitario l’immagine di cantante neomelodico». Sono pesanti le accuse nei confronti di Colombo, le intercettazioni lo tratteggiano come «parte centrale nella creazione del marchio, di cui risulta depositario, Di Lauro era partecipe a livello economico non solo per la distribuzione attraverso il negozio Different 360, ma finanziando con assegni anche la stampa del marchio sui capi di abbigliamento per i quali condivide sempre le decisioni con Tony Colombo». 
All’inizio di settembre, il neomelodico palermitano era stato protagonista di un fuoriprogramma al teatro di Verdura a Palermo. Come raccontato da “Repubblica”, Colombo, già all’epoca indagato dalla procura di Napoli per un’inchiesta sul riciclaggio, era stato chiamato sul palco da Gigi D’Alessio. Quella sera, ad ascoltarli, c’erano il sindaco Roberto Lagalla e il presidente della Regione Renato Schifani, che naturalmente nulla potevano immaginare del fuoriprogramma. Dopo l’articolo di “ Repubblica”, ne nacque un caso. E la questura fece scattare una sanzione amministrativa per gli organizzatori del concerto: Gigi D’Alessio non poteva infatti far esibire sul palco Colombo senza autorizzazione. Una sanzione venne notificata pure al cantante arrestato ieri. 
Due anni fa, la direzione distrettuale antimafia di Napoli e la squadra mobile avevano sequestrato 80 mila euro a Colombo e alla moglie, la vedova (incensurata) del camorrista Gaetano Marino, il boss degli “scissionisti” assassinato nel 2012. 
Il nome di Tony Colombo era saltato alla ribalta anche in un’inchiesta della procura di Palermo. I carabinieri del Ros avevano intercettato un boss di Santa Maria di Gesù, Girolamo Rao, mentre organizzava un concerto con il padre del neomelodico. Poi, l’esibizione saltò per un divieto della questura, che poneva problemi di viabilità. Intanto, i carabinieri continuavano a intercettare, i mafiosi di Santa Maria di Gesù tenevano particolarmente a Tony Colombo per la festa del quartiere. 
Il nome del cantante siciliano èsaltato fuori anche nell’inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo sul clan di Porta Nuova, anche loro particolarmente interessati ai neomelodici per le feste di piazza: «Si precisa che Tony Colombo — scrissero gli investigatori in quell’occasione — è nipote del mafioso Enrico Scalavino, esponente di spicco del mandamento mafioso di Pagliarelli, dedito alle estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti». Ma le colpe dei padri e degli zii non ricadono sui figli e sui nipoti. Quella volta, le intercettazioni fecero emergere che Colombo sosteneva le esibizioni di Niko Pandetta, un altro idolo dei mafiosi palermitani, pregiudicato, nipote del boss catanese Turi Cappello. 
La Repubblica Palermo, 18 ottobre 2023

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