domenica, agosto 07, 2022

Landini: più sostegno ai redditi, difesa di salari e pensioni, lotta alla precarietà, un deciso no alla guerra

Maurizio Landini


Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, giudica insufficiente il dl Aiuti- bis appena varato dal governo e annuncia in questa intervista un autunno di mobilitazione «chiunque sarà al governo».

Gli ultimi dati su lavoro e crescita sono andati meglio del previsto ma lo stesso Draghi vede «nuvole all’orizzonte». Landini, lei cosa si aspetta?

Per restare nella metafora, le nuvole per alcuni non sono mai andate via. È vero che c’è una crescita superiore ad altri Paesi, ma l’occupazione sale meno del Pil e se guardiamo alla condizione materiale delle persone, continuano a esserci più di 3 milioni di contratti a termine ed è sempre più forte il tema di salari e pensioni troppo bassi. Più di metà di questo Paese non arriva a fine mese. I dati segnalano un calo dei consumi, anche alimentari. E le imprese indicano che dal mese di luglio si sta assistendo a una calo degli ordini. La preoccupazione di un autunno molto complicato c’è tutta, con il rischio di un ulteriore aumento dell’inflazione. Mentre ci sono settori strategici e imprese che stanno vivendo una grande incertezza: la siderurgia, l’automotive, Tim, Ita, Wärtsilä.


Cosa propone per ridurre i rischi?

Oggi siamo in emergenza soprattutto perché c’è la guerra. Il primo tema quindi è come avviare negoziati seri per fermare questa spirale pericolosissima per le persone e per l’economia. La guerra rischia di tornare a essere il normale strumento di regolazione dei rapporti internazionali e noi consideriamo grave e sbagliato che nel mondo stia ripartendo una corsa al riarmo. Un’altra grande questione legata all’energia è quella dei ritardi sulle rinnovabili e su una politica industriale orientata non solo alle nuove tecnologie ma anche alla sostenibilità ambientale. Basta contributi a pioggia. È il momento di condizionarli ai reali comportamenti delle aziende.


Avete criticato il nuovo dl Aiuti, nonostante i 17 miliardi stanziati.

Ci sono numeri che parlano da soli. Dei 17 miliardi, ai redditi da lavoro e alle pensioni ne vanno 2,7. Fondi che non bastano a gestire una fase così drammatica di calo del potere d’acquisto. Gli strumenti sono condivisibili perché per la prima volta non si è ragionato di una tantum ma si è cominciato a ridurre il carico contributivo sui salari. Ma le misure sono assolutamente insufficienti. E non si è fatto nessun ulteriore intervento sugli extraprofitti. Per questo chiediamo ai partiti e al Parlamento che nella conversione del decreto alzino la tassazione oltre il 25%. In una situazione straordinaria come l’attuale se non si vuole assistere a una esplosione sociale senza precedenti c’è bisogno di mettere in tasca ai lavoratori e pensionati le risorse per poter vivere. E questo intervento si può fare senza scassare i conti perché si tratta appunto di extraprofitti, alimentati anche da fenomeni speculativi sui prezzi e a pagarne le conseguenze sono le persone e le imprese.


Ci sono contratti da rinnovare ma c’è chi ammonisce di non alimentare la spirale prezzi-salari. Come uscirne?

Non condivido il ragionamento. L’inflazione oggi non deriva da un eccesso di domanda ma da elementi esterni, dall’aumento dei prezzi dell’energia e appunto dalla guerra. Nel rinnovare i contratti non possiamo che porci il problema di difendere il loro potere di acquisto. Questo significa aumentare i salari rispetto all’inflazione.


Il salario minimo è una priorità?

Noi abbiamo dato un giudizio positivo sulla proposta Orlando che prevedeva un riferimento al trattamento economico complessivo dei contratti. Proprio perché abbiamo la peculiarità di un sistema basato sulla contrattazione nazionale e di secondo livello, serve una legislazione che dia un valore erga omnes ai contratti nazionali in modo da estendere i diritti, non solo quelli economici ma anche quelli normativi, come ad esempio ferie, malattia. Ma serve anche una legge sulla rappresentanza per misurare il reale peso chi firma le intese. Il boom dei contratti pirata sta mettendo in discussione la stessa contrattazione collettiva. L’altra priorità è superare la troppa precarietà, che genera povertà, insicurezza sociale e una negativa competizione tra le persone.


L’Italia va verso il voto e lo schieramento di destra è favorito. E uno scenario che vi preoccupa? Come vi porrete nei confronti del nuovo governo?

Intanto chiediamo a tutte le forze politiche di chiedersi come si recupera un rapporto con il mondo del lavoro, perché secondo i sondaggi quasi la metà delle persone non sa cosa votare e forse non lo farà. Dopo di che noi siamo un sindacato autonomo che giudica forze politiche e governi per quello che fanno. Certo non nascondiamo che abbiano valori e radici con una loro storia. E per quel che abbiamo visto finora ci sono elementi che ci differenziano a partire dal valore della Costituzione che non va cambiata ma applicata. Ci siamo mobilitati quando la volevano cambiare sia Berlusconi che Renzi e questo rimarrà un punto fondamentale di valutazione. E poi ci sono elementi di merito. Ad esempio sul fisco non si risolve il problema mettendo la flat tax, un’aliquota uguale per tutti che favorisce i redditi alti. Serve invece una profonda riforma fiscale, il sistema oggi è profondamente iniquo, l’85-90% dell’Irpef grava su stipendi e sulle pensioni mentre abbiano 120 miliardi di evasione. Poi pensiamo che vada cambiata la legge Bossi-Fini e che il problema non sia solo quello dell’accoglienza ma anche di come si programmano flussi di immigrazione in un Paese che nei prossimi 20 anni avrà un calo di milioni di persone. Infine crediamo che il problema non sia fare alcune grandi opere, come ad esempio il Ponte sullo Stretto, ma di assumere la scelta della sostenibilità ambientale e delle energie rinnovabili come elemento di ridisegno del sistema economico e sociale.


È l’annuncio di una mobilitazione?

A settembre faremo una assemblea nazionale dei delegati e delle delegate per dire, prima delle elezioni, le nostre proposte per il Paese. E l’8 e 9 ottobre, a un anno dall’assalto di forze fasciste alla nostra sede, organizzeremo un incontro con i sindacati confederali italiani e quelli europei per costruire una nuova rete del lavoro fondata sulla democrazia. Qualunque governo ci sarà ci mobiliteremo per priorità molto precise. Difesa del potere d’acquisto, riforma del fisco e delle pensioni, lotta alla precarietà, sicurezza sul lavoro, difesa della sanità pubblica, diritto all’istruzione e alla formazione, una nuova politica industriale. E resterà centrale l’impegno per fermare la guerra.


Avvenire, 7 agosto 2022

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